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Ariaferma, eppure un poco mossa

Considerazioni sul film “Ariaferma” di Leonardo Di Costanzo, 2021

di Cristina Sironi*

Che cosa mi aspettavo da un film che si svolge in un carcere in dismissione, in stato di abbandono? Non mi ero fatta un’idea precisa, ma speravo in qualcosa di buono, anche solo per andare oltre le denunce che da anni regolarmente riempiono le pagine dei giornali, senza che mai nulla di significativo accada veramente per migliorare la situazione disastrosa e incivile delle nostre carceri. Bene, invece ne sono uscita entusiasta: il film è bellissimo, ricco, intenso, con molti spunti su cui riflettere e ragionare, tanto che vorrei tornare a vederlo ancora. Continua a leggere

Diventare madre in un paese straniero

di Giorgio Zoccatelli* e Priscilla Zemella**

 

La nascita di un bambino è un evento socioculturale oltre che biologico: infatti da una parte è fortemente regolamentato dal gruppo sociale e dalla cultura di appartenenza, dall’altra è rivelatore delle credenze e della simbologia su cui esso si fonda. La vita di ogni individuo è scandita da un susseguirsi di tappe che segnano diversi status e ruoli all’interno della società di appartenenza. In particolare, in relazione alla donna, Van Gennep individua nella gravidanza e nel parto due riti considerati momenti di transizione allo status di madre, passaggio fondamentale non solo a livello individuale, ma anche comunitario (1).

Questo articolo ha il fine di prendere in considerazione il tema della maternità in altre culture diverse dalla nostra, in particolare il diventare madre da parte di donne immigrate che in Italia hanno scarsa o assente rete sociale o familiare di supporto: quelle donne che hanno scommesso tutto sul progetto migratorio, ma che trovano difficoltà di integrazione nella nostra realtà per solitudine, barriere linguistiche o culturali, procedure amministrative farraginose, ma anche per una non adeguata preparazione da parte di Servizi e professionisti del sociosanitario. È un tema che richiama anche questioni etiche e deontologiche, nonché interroga le policy e le Istituzioni coinvolte su come migliorare prassi e Servizi in situazioni di complessità. Continua a leggere

Buona Estate 2021

Eccoci ancora una volta ai saluti estivi.

Come sempre lieti e orgogliosi di aver dato vita a questo spazio insieme ai nostri lettori in questi mesi, vi auguriamo una serena estate, e vi diamo appuntamento a settembre,

L’invito è come sempre di fermarvi ogni tanto a scrivere (non solo sulla sabbia!), riflettendo su ciò che ci succede attorno in questi anni così particolari, e di inviarci i vostri contributi per una pubblicazione in autunno. Potete contattarci direttamente dal blog oppure scrivendo a: pss@irsonline.it.

A presto!

Parziale fenomenologia dell’educatrice (femmina)

di Irene Gallina*

 

Introduzione

Da decenni, in gran parte del mondo, viene ridiscusso il ruolo della donna nella società: prima con la sola rivendicazione di diritti come il suffragio universale, il divorzio, l’aborto, poi con l’elaborazione di teorie che fondino e accompagnino la lotta. L’evoluzione del discorso intorno al ruolo della donna ha visto il passaggio dal femminismo di separazione, che si allontana dal rapporto con il genere maschile, al femminismo intersezionale, che al contrario inserisce la lotta per i diritti delle donne all’interno del più ampio spettro dell’oppressione: le persone nere, quelle lgbtqia+, le donne, le persone con disabilità e con disagio psichico, le persone povere e quelle grasse subiscono tutte le stesse dinamiche di colpevolizzazione ed esclusione. Il femminismo intersezionale fornisce teorie e strumenti utili non solo alla lotta sociale, ma anche ad analizzare e interpretare la realtà con schemi differenti da quelli tradizionali, perché si concentra sulle dinamiche relazionali e sociali piuttosto che sulle caratteristiche degli oppressi o dei singoli gruppi sociali. Anche sul fronte clinico e su quello educativo l’intersezionalità potrebbe quindi costituire un approccio analitico e relazionale che purtroppo non è ancora stato esplorato a sufficienza. Sembra, anzi, che il contesto dei servizi alla persona sia isolato rispetto ai cambiamenti culturali che avvengono – seppur lentamente – nel resto della società. Basti pensare a quanto poco ci si formi e interroghi sulle modalità con cui le questioni di genere agiscono sulle relazioni educative, in un mondo che invece sta imparando a separare il ruolo genitoriale dal sesso biologico. O a come la maggior parte dei servizi educativi ignori la spinta pratica e teorica proveniente dall’attivismo delle persone con disabilità. Continua a leggere

L’arte del dialogare nella vita privata e professionale

di Pietro Vigorelli*

Imparare dall’esperienza. Questo è stato il motore della mia crescita personale e professionale.

La mia età mi fa classificare tra i giovani vecchi ma non mi sono ancora stancato di imparare e di evolvere. In particolare da vent’anni mi occupo del mondo Alzheimer: anziani smemorati e disorientati, familiari e operatori. Ho incontrato migliaia di persone e ogni volta ho vissuto l’incontro con sorpresa. C’era sempre qualcosa di inatteso e di diverso da cui imparare.

Il Lettore vorrà perdonarmi l’idealizzazione della mia esperienza ma posso assicurare che gli incontri della vita quotidiana sono stati i miei maestri e continuano a esserlo, sia nella vita professionale che in quella privata. Continua a leggere