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Da minore ad adulto: passaggi di vita e di presa in carico sociale

di Silvia Braghini*

Succede di frequente che, nelle organizzazioni, i servizi sociali rivolti ai minori siano distinti da quelli per i maggiorenni: cambiano le leggi, le forme di tutela, di responsabilità, la prospettiva di un’autodeterminazione. Per questo, dunque, spesso l’assistente sociale che si occupa dei minori non è la stessa che si occupa degli adulti. Allora come gestire il passaggio di presa in carico quando il minore diventa maggiorenne? E come gestire la cartella sociale?

In questo breve articolo desidero proporre un’idea di metodo e di prassi da sperimentare a tal proposito. Continua a leggere

Un approccio multidisciplinare ai Patti d’Inclusione Sociale del Reddito di Cittadinanza

Guglielmo Propersi* 

 

Lo sappiamo: il Reddito di Cittadinanza (RDC) terminerà a fine 2023. Quello di cui forse siamo meno consapevoli è il lavoro che è stato svolto dai Servizi Sociali con i Patti d’Inclusione Sociale (PaIS).

Per lo sviluppo di un sistema di welfare la cosa più importante non è tanto la fine del RDC quanto organizzare quello che si è capito in modo da apprendere dall’esperienza. In questo senso faccio riferimento al lavoro che ho svolto come psicologo nei Servizi Sociali in equipe multidisciplinari composta da assistenti sociali ed educatori. Allo scopo di creare questo tipo di equipe, il Fondo Povertà 2019 ha dato la possibilità di potenziare i Servizi Sociali assumendo, oltre ad assistenti sociali, anche educatori e psicologi. Ricordiamo che i Servizi Sociali con i Patti d’inclusione Sociale, e i Centri per l’Impiego con i Patti per il lavoro, sono gli enti deputati al lavoro sul territorio con i beneficiari di Reddito di Cittadinanza. Continua a leggere

Parole che diventano carichi

di Mattias Bassotto*

Questo breve intervento vuole promuovere una riflessione sul lessico usato da chi opera nel sociale, perché le parole usate dal professionista contribuiscono a restituirne l’immagine e a costruire la relazione con chi accede ai servizi.  

Nelle professioni sociali la dimensione relazionale-interpersonale è costante (Blandino, 2004) e uno degli strumenti che noi operatori abbiamo a disposizione per costruire la relazione con l’altro è il linguaggio verbale. Allegri, Palmieri e Zucca (2006) ritengono che porre attenzione al canale linguistico della persona (alle sue metafore, ai suoi modi di dire e alle parole usate) ci aiuta a esplorare la sua realtà soggettiva e a meglio comprendere il problema portato. Se questo è vero nella direzione professionista – utente, lo è anche in quella inversa. Con il presente scritto, intendo riflettere sulla centralità del lessico utilizzato dal lavoratore sociale, perché le parole usate e i modi di dire contribuiscono a dare l’immagine del professionista (e conseguentemente del servizio che rappresenta) e possono aiutare a diminuire il rapporto di subalternità percepito inevitabilmente da chi accede ai servizi.

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Manodopera

Film d’animazione in stop motion di A.Ughetto, 2022

di Cristina Sironi*

Manodopera è il titolo scelto dalla distribuzione italiana e forse una volta tanto è più caratterizzante dell’originale “Interdit aux chiens et aux italiens (Vietato ai cani e agli italiani)”, che dava una sfumatura più dolorosa e graffiante a una storia dura ma che ci conquista anche per la sua dolcezza e pacatezza. Sì perché questo bellissimo film in stop motion racconta soprattutto di uomini e donne le cui mani hanno un valore forte e centrale: quello del lavoro, della trasformazione della materia, della trasmissione di saperi tra una generazione e l’altra. Mani che sono anche veicolo di affetto: per donare fiori, disegnare cuori sull’acqua o sulla farina, per suonare e ballare e alleggerire la fatica e i dolori dei giorni.

Le grandi mani dei pupazzi di plastilina rappresentano anche la continuità, la cifra identitaria tra il creatore e i suoi antenati. E quella vera, dell’autore, irrompe nella vicenda e diventa essa stessa personaggio che aiuta la narrazione con il reperimento di oggetti utili alla storia (broccoli, zollette di zucchero, carbonella..) e che pone domande dirette a nonna Cesira, da cui il tutto si dipana. Continua a leggere

L’indiscreta infodemia e la confortante caverna

di Anna Paola Lacatena

 Non prendete nulla solo fotografie,

non lasciate nulla solo impronte,

non uccidete nulla solo il tempo.

(Motto della Grotta di Baltimora)

 

Nell’opera La Repubblica, all’inizio del libro VII, Platone propone l’immagine della caverna come rappresentazione della condizione umana. Di fatto, per il filosofo ateniese, esistono due mondi, uno incentrato sull’apparente e, dunque falso, l’altro nascosto ma vero. Da una parte l’illusorio e il fugace, dove è possibile conoscere solo attraverso i sensi, dall’altra il mondo conoscibile solo con la ragione in cui albergano idee eterne e immutabili.

Nella caverna, allegoria della condizione umana, gli esseri umani sono incatenati e ridotti alla condizione di schiavi. Le catene sono i vizi, le passioni, l’ignoranza superficiale che si accontenta di sapere attraverso le ombre delle cose proiettate dalle statue. Questi prigionieri pensano per impressioni fugaci e credono di sapere, facendo esclusivamente leva sulle impressioni e la sensibilità, pur non conoscendo la realtà che vive fuori dalla caverna. Un giorno, uno dei prigionieri, riuscito a liberarsi, tra mille difficoltà riesce a uscire da quegli angusti spazi, scoprendo il mondo reale, illuminato dal sole che nell’allegoria rappresenta l’idea più elevata: il Bene. Tornato nella caverna per comunicare ciò che hanno scoperto anche agli altri, viene deriso e poi ucciso dagli stessi uomini, falsi maestri e sofisti, incapaci di comprendere e apprezzare la verità, – il riferimento a Socrate e al suo amaro destino è pressocché evidente. Continua a leggere