Come è noto, l’idea della coprogettazione prende piede in tempi recenti perché sia gli enti locali sia i soggetti del privato sociale si trovano oggi ad agire in una cornice che supera il tradizionale rapporto committente fornitore che aveva caratterizzato la loro relazione fino a qualche tempo fa. Dunque la coprogettazione rappresenta nella sua ispirazione teorica, una forma di collaborazione tra P.A. e soggetti del terzo settore per la realizzazione di attività e interventi in base al principio di sussidiarietà e fonda la sua funzione sui principi di trasparenza, partecipazione e sostegno dell’impegno privato nella funzione sociale.
Nelle esperienze che abbiamo fino ad oggi incontrato nel nostro lavoro di consulenti e facilitatori di processi progettuali vi è però un passaggio metodologico cruciale che spesso è trascurato e trattato frettolosamente e invece se non accuratamente considerato rischia di minacciare le possibilità di successo delle coprogettazioni. Infatti, prima di prevedere l’instaurarsi di un partenariato fra pubblico e terzo settore, la diffusione dello strumento della coprogettazione stimola fortemente il terzo settore a mettersi assieme, per cercare forme di competenza complementari e di rappresentanza territoriale che siano frutto di aggregazioni funzionali ad essere ammessi alla coprogettazione. Continua a leggere