Ve lo dico subito: questo film mi è piaciuto moltissimo, malgrado non sapessi nulla del regista Ladj Ly, (ho scoperto francese di origini maliane), né della sua opera precedente I miserabili (2019). Sono stati cento minuti di forti emozioni, di continui contrasti, ne sono uscita stremata e arricchita.
Intanto la scena iniziale. Una desolata periferia francese ripresa dall’alto: ampi spazi, solo case e cemento, un enorme palazzone -stile alveare- al centro, che fa presagire un’affollata popolazione. Scopriremo presto multietnica e multiculturale. La scena prosegue poi all’interno. Un appartamento dove si sta svolgendo una veglia funebre per una persona che verrà trasportata a braccia per le strette scale – l’ascensore è guasto da tempo – con il rischio di farla cadere. “Neanche da morta la lasciano in pace” commenta uno dei presenti. Lo spazio è angusto, quasi non riesce a contenere tutti i corpi, si percepisce il sudore, la fatica, il dolore. È una scena claustrofobica, in netto contrasto con l’ampiezza dell’inizio. Viene da chiedersi: perché si è costretti a vivere nello stretto quando ci sarebbe ampio spazio per tutti e si potrebbe vivere meglio? Perché si tralascia la cura delle piccole cose della quotidianità che alleggerirebbe il carico di tutti? Arriva in fretta la risposta: perché ci si orienta alle ‘grandi opere’. È stato infatti varato un progetto di riqualificazione del quartiere, da un sindaco senza scrupoli che muore all’improvviso per infarto durante la demolizione di un altro casermone. Subito è scelto il successore: un pediatra con poca esperienza politica e molta ambizione che, per far fronte al mandato, sceglie il pugno duro e la repressione, rispondendo ai problemi con regole assurde (i ragazzi di seconda generazione possono uscire la sera solo se accompagnati da un adulto!) che lasciano perplessi anche i suoi e che hanno l’effetto di esasperare ancor più gli animi dei residenti. Ma un medico che per professione cura e trova rimedi, come può nella vita politica discriminare, espellere, emarginare? Come arriva a vedere negli altri (i residenti del Batiment n.5) nemici da eliminare, come fossero un sintomo e non delle persone, solo per salvaguardare il suo potere? senza preoccuparsi delle conseguenze delle proprie azioni?
Nel frattempo la vita del quartiere scorre tra i tanti personaggi colorati, affaccendati e sempre pressati in spazi angusti e soffocanti (la scena del ristorante nel condominio è emblematica) e tra loro si distingue Haby una giovane donna impegnata in un’associazione del territorio che combatte i piccoli abusi e le ingiustizie che subiscono i residenti, con passione, civiltà e rispetto. Diversamente dall’amico Blaz, sempre arrabbiato e pronto a trascendere, lei di fronte alle assurde posizioni del sindaco prende il coraggio di candidarsi come futura sindaca con lo slogan ‘contro la rassegnazione’, esprimendo una posizione critica e costruttiva. Haby è una figura centrale, importante, positiva che porterà salvezza nella tragedia che si sta preparando. Una donna che ci offre uno sguardo diverso sul mondo: competente e informato, consapevole che non tutto si può risolvere, ma migliorare sì. La sua non è una posizione ideologica, rigida ma interlocutoria: propone un modo di agire assertivo, tenace e non violento, politico nel senso migliore: quello del confronto, del dialogo, dell’ascolto, del cercare soluzioni possibili. Uno sguardo femminile.
L’evento che scatena la tragedia è l’incendio nel ristorante clandestino all’interno di un appartamento. A seguito di ciò, tutto si accelera e si arriva alla fatidica decisione: tutto il complesso deve essere sgomberato in giornata (è la vigilia di Natale) per supposte ragioni di sicurezza. Senza deroghe ma anche senza alternative. Non c’è ratio, solo potere. Così si assiste allo svuotamento degli spazi ma anche delle vite, in una scena memorabile, potente, ripresa dall’ alto per darci il senso generale di questo strazio. Come in un formicaio tutti cercano di salvare anni di vita attraverso oggetti cari e utili, calandoli dalle finestre, gettandoli dai balconi in una desolazione totale che fa male anche allo spettatore. Va sgombrata anche la strada, la polizia è inflessibile.
Nel frattempo a casa del sindaco la moglie ha invitato dei profughi siriani ospitati temporaneamente nel quartiere, garantendogli la miglior accoglienza, in attesa di festeggiare con la famiglia intera il Natale. Forte è il contrasto tra l’ampia casa del sindaco, addobbata a festa, accogliente, luminosa con una tavola imbandita per la festa più importante dell’anno e la desolazione di quanti sono stati sbattuti in strada senza neanche un riparo. E Blaz gonfio di rabbia vuole vendicarsi, far provare cosa significa essere deprivati di tutto in un crescendo di tensione che fa restare incollati alla poltrona e il fiato sospeso. Arriva in tempo Haby a fermarlo con carisma e fermezza. Ma il problema resta, e il dolore e l’ingiustizia. Il sindaco imparerà la lezione?
Un film che trasmette empatia, pone domande, prende posizione, un film che non lascia indifferenti. Non perdetelo se vi sta a cuore il mondo di oggi.
*Educatrice professionale e formatrice
Appassionata e partecipe come fossi tra i protagonisti. Evidentemente un ottimo film che spero prima o poi di intercettare, purtroppo ormai credo solo in tv, chissà forse in videocassetta.