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Operatori della tutela minori: nuove sfide e nuovi bisogni formativi

di Paolo Tartaglione*

Il prezioso mondo di operatori  dei servizi pubblici e privati, che prende il nome di Tutela Minori, avverte in questi anni un profondo bisogno di rinnovamento. Principalmente la frustrazione degli operatori viene diretta su questioni di ordine economico, che nella percezione diffusa starebbero erodendo il terreno su cui poggia il sistema di protezione di bambini e adolescenti, riducendo gli strumenti a disposizione e moltiplicando gli adempimenti e il numero di casi di cui occuparsi.

Questa percezione ha una grossa base di verità, ma non è sufficiente a spiegare la sensazione di abbandono da cui sono pervasi molti operatori, e soprattutto ha il limite di non essere risolvibile da chi lavora nella Tutela, se non in maniera indiretta, essendo prevalentemente frutto di scelte di natura politica e amministrativa.

Pertanto, in affiancamento, e non in alternativa a una riflessione politica sulla necessità che la società decida di investire maggiori risorse su bambini, adolescenti e famiglie in difficoltà, pensiamo utile proporre ai colleghi che operano nella tutela dei minorenni qualche considerazione autoriflessiva. Continua a leggere

Lavoro di comunità, la paziente fatica di portarsi dietro il peso del vocabolario

waves-circles-285359__180di Andrea Pancaldi*

Oggi si discute molto di “Lavoro di comunità” nei servizi sociali, complice la crisi. Escono libri, partono corsi di formazione, percorsi di consulenza.

E’ chiaro a tutti che i servizi sociali si devono addestrare ad una ottica di comunità, ma spesso, mi pare, si da come per scontato che gli interlocutori delle comunità con cui ci si rapporta, e si dovrà farlo sempre più (a volte sono chiamati associazioni, a volte terzo settore, a volte volontariato, con qualche aggiunta di parrocchie e centri sociali), siano per definizione:

  • in una ottica di comunità
  • una massa sostanzialmente omogenea mentre così non è, e l’abbondantissimo lessico che li ha definiti in questi ultimi venti anni e parimenti ha definito l’oggetto di cui si occupavano, lo sta a testimoniare.

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Libera Norima

di Francesca Stefanini; Laura Stella Sforza; Laura Bonazzi *

Preparo con cura i vestiti da indossare, il primo approccio tra noi sarà fondamentale.
Non voglio apparire troppo seria, non voglio sembrare impostata, voglio parlarle attraverso le mie scarpe un po’ adolescenziali, tramite il filo di una collana comprata su una bancarella d’estate.

Non sarà quello che indosso che farà la differenza, ma c’è un linguaggio sottile che parla agli adolescenti anche attraverso ciò che indossi.

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Quando i social network formano comunità

di Francesca Longobardi*

locandina Socialinstep - Quando i social network possono formare comunitàLa cittadinanza (quella consapevole), essendo i servizi pubblici sempre meno capaci di rispondere alle esigenze della popolazione, cerca oggigiorno, con maggiore forza, di entrare nell’arena della decision making e di trovare spazi di condivisione. Abbandonata la regola della delega, i cittadini si assumono la responsabilità di essere e di fare i cittadini. Gli strumenti utilizzati sono molteplici e tra i tanti c’è l’uso dei social network. Essi hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vivere. Invece dei giochi da tavola, preferiamo quelli sullo smartphone. Qualsiasi cosa ci capiti lo imprimiamo in un tweet. E tra le altre attività, nei social network facciamo anche politica e affermiamo da che parte stiamo. Grazie a loro, il nostro senso di appartenenza cresce e si rafforza. Social Street è uno dei tanti esempi di come possiamo utilizzare le nuove tecnologie per formare comunità. Di cosa si tratta? I passaggi sono a grandi linee questi: si apre un gruppo su facebook con lo stesso nome del quartiere in cui si risiede e si invitano tutti i vicini “amici”. Semplice. La voce si sparge ed il buon rapporto di vicinato diventa una possibilità. Continua a leggere