Passare all’azione, anche nello sport

di Eleonora Maglia*

Perché praticare uno sport? Perché lo sport fa bene a tutto. Migliora la salute, favorisce l’inclusione e rende anche sostenibile il sistema sanitario nazionale, dato che secondo il Ministero della Salute (2017) un aumento dell’attività fisica determinerebbe un minor costo di -2.331.669.947 euro nelle prestazioni ambulatoriali, ospedaliere e farmacologiche.

Svolgere un’attività sportiva (non necessariamente in modo agonistico o professionistico) educa il corpo e la mente ad una maggiore resilienza ed è uno strumento centrale anche nei progetti terapeutico-riabilitativi e nella reintegrazione sociale di persone con disabilità. Inoltre, come una sorta di lingua franca, lo sport offre anche opportunità di inserimento e sincronizzazione nelle società di adozione per gli immigrati.

Donna e sport

La pratica sportiva insomma è per tutti, ma anche per tutte? Cosa possiamo dire del binomio Donne&Sport? Un interessante e completo volume che indaga questo tema è Donna e sport, curato da Maria Canella, Sergio Giuntini e Ivano Granata (2019) per Franco Angeli Editore. Dalla lettura di quest’opera, grazie all’approfondimento sulle origini dello sport femminile, possiamo conoscere molti aspetti storiografici altrimenti poco noti (nella letteratura scientifica gli studi di storia dello sport in ottica di genere sono tuttora contenuti) e possiamo anche venire energizzate ed edificate dalle biografie e dalle esperienze di alcune “pioniere” (come l’ostacolista Ondina Valli o le Pantere della squadra di rugby femminile trevigiano) che con dedizione e perseveranza hanno contribuito all’avvio del processo di emancipazione delle donne in campo sportivo. L’avvio appunto, perché come gli autori ci allertano nelle conclusioni si tratta di un tragitto ancora tutto da percorrere: la discriminazione di genere negli sport è purtroppo un tema ancora attuale.

Emancipazione – Discriminazione, 1 a 0?

I dati Istat (2015) mostrano che la sportivizzazione femminile è un fenomeno in crescita costante (+4,1% contro un aumento del 2,8% tra gli uomini) e che sono le donne a comprendere meglio il legame tra sport e salute e a svolgere intenzionalmente sedute di allenamenti. Le serie di vittorie olimpiche risultanti dall’analisi dei medaglieri poi presentano curve crescenti in modo costante per le atlete e, invece, andamenti irregolari per gli atleti. Ciò nonostante, i noti e risalenti problemi socio-culturali (come il gender pay gap e il glass ceiling ma anche il work-life balance) sono ostativi alla pratica costante, tuttora le sportive guadagnano in media il 30% in meno dei colleghi e il predominio maschile nelle professioni si riscontra anche in ambito sportivo e si traduce in una scarsa rappresentatività femminile ai vertici delle organizzazioni sportive (pari solo al 6% nelle federazioni internazionali e al 3% negli organi dirigenziali). La persistente distinzione dei ruoli nella società e nel mondo del lavoro si riverbera insomma anche nello sport, ma questa evidenza può essere anche una rampa di lancio. In proposito gli autori stessi di Donna e Sport ci fanno ben comprendere come “lo sport non possa essere scisso dai processi sociali e come si colleghi saldamente al mutamento sociale e al sistema delle opportunità” (p.542) ma anche come “la professionalizzazione dello sport per le donne potrebbe rappresentare una nuova sfida da vincere nei prossimi anni e un’altra medaglia da conquistare” (p.543).

Partire dai fondamenti: passi, salti, record

Già nel 1979 la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha posto l’accento sulla necessità di assicurare l’equità di genere nello sport e, in tempi più recenti, il diritto di allenarsi, competere e ad essere remunerate per la pratica agonistica è ancora perseguito a diversi livelli e in diversi modi, ad esempio in alcune città europee già si studia come intervenire sui luoghi urbani per promuovere l’attività fisica delle donne nelle aree pubbliche.

Andando più in profondità poi, con il progetto Le sport egal, fare leva sullo sport per affrontare le disuguaglianze di genere finanziato dalla Comunità europea nel 2016 attraverso il programma Erasmus+ si cerca di sensibilizzare gli allenatori e gli istruttori e liberare così i campi di allenamento e di gara dagli stereotipi. Questa leva è particolarmente interessante: partire dai fondamenti ed insegnare la pratica sportiva secondo un approccio di genere può concorrere utilmente a creare un clima di educazione sociale positivo e con benefici per tutti, visto che come indicato nella strategia Europa 2020 la parità tra donne e uomini innesca crescita economica, occupazione e sviluppo sostenibile.

Bibliografia

  • Aledda A. et al., 2006, Multiculturalità e sport, FrancoAngeli
  • Benini P., 2018, Performance: motivazione, resilienza, autoefficacia, PM Edizioni
  • Canella M. et al., 2019, Donna e sport, Franco Angeli Editore
  • Digilio G. (a cura di), 2005, Vade retro del pregiudizio, Armando editore
  • IRS et al., 2019, SW-up catalogue of good practices
  • Istat, 2015, La pratica sportiva in Italia
  • Virgilio G. e Lolli S., 2018, Donne e sport, I libri di Emil

*PhD in Economics

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *