Qual è la situazione attuale delle donne al lavoro? Sul tema, la letteratura scientifica, le rilevazioni statistiche e le esperienze biografiche ci parlano di percorsi esistenziali complessi, che richiedono abilità personali di pro-attività e competenze strategiche di bilanciamento. Il gap di genere infatti si rileva già all’ingresso nel mercato del lavoro, poi nel momento della retribuzione e, infine, anche nel corso dei tentativi di carriera.
A riguardo, per promuovere una maggiore trasparenza sul tema, in occasione del recente Equal Pay Day, la Commissione Europea ha avviato un’azione di informazione in logica di fact checking. Complessivamente, tra i curricula vitae ricevuti, i candidati di genere femminile vengono ricontattati con tassi inferiori (pari solo al 23% dei casi) e per le assunte la retribuzione è in media il 23% in meno rispetto all’equivalente maschile, pur a fronte del medesimo impegno profuso. Anche dal punto di vista della carriera, sono gli uomini ad occupare posizioni apicali con maggior frequenza e solo un terzo dei manager è di genere femminile. Tra gli aspetti che minano la qualità della vita lavorativa femminile si trova anche il fenomeno dei ricatti sessuali che, secondo le stime dell’Istat, coinvolgono 8 milioni e 816mila donne tra i 14 e i 65 anni; vengono perpetrati tanto al momento dell’assunzione quanto della progressione della carriera; e sono diffusi soprattutto in ambiti colti (in testa alle rilevazioni si trovano i settori scientifici e tecnici).
Secondo il Gender Equality Index appena diffuso dall’Istituto per la parità di genere Eige, tra i 29 Paesi Ue, l’Italia si colloca al quattordicesimo posto (con un sistema complessivamente carente, fatto salvo solo lo stato della sanità) e tutto ciò avviene nonostante secondo i dati Istat il 26,4% delle lavoratrici possieda una laurea (contro rispettivamente il 16,9% dell’equivalente maschile); nonostante le attività culturali siano più diffuse tra le donne, che leggono nel 42% dei casi e partecipano ad eventi intellettuali nel 30% dei casi (contro rispettivamente il 31% e 27% degli uomini); e nonostante sia stato rilevato a livelli statisticamente rilevanti che sono le donne a profondere una costanza maggiore nello svolgimento del proprio incarico ed a mantenere uguali livelli di produttività sia in assenza che in presenza di prospettate maggiorazioni economiche.
Altre condizioni (come ad esempio l’essere madre o immigrata) possono inoltre essere peggiorative delle situazioni descritte. Da un lato, infatti, le difficoltà di conciliazione tra vita professionale e familiare comportano condizioni di inattività strutturale o di dimissioni volontarie per molte donne (nel 2017 è risultato occupato il 70,8% delle donne senza figli contro il 55,2% delle madri). D’altro lato, tra i motivi che spingono le straniere a migrare vi è la ricerca del lavoro ma, secondo le rilevazioni del Centro Studi e Ricerche Idos, si tratta spesso di incarichi logoranti o pericolosi e correlati positivamente ad alti livelli di malessere psico-fisico, a causa di violenze fisiche e psichiche.
Azione, rivoluzione, trasformazione
L’analisi della situazione attuale delle donne al lavoro mostra insomma molti aspetti su cui sono necessari interventi massicci e a diversi livelli, ma come si è giunti a tutto ciò? Un interessante volume che indaga appunto la storia delle lavoratrici dall’Ottocento ad oggi è Il Lavoro delle donne nell’Italia contemporanea di Alessandra Pescarolo (2019) per Viella libreria editrice. Con la lettura di questo recente testo possiamo ben apprezzare il lungo tratto di strada che le donne, nei campi prima e in fabbrica poi, sono state capaci di percorrere verso una grande trasformazione nella direzione di una maggiore uguaglianza e di un cambiamento culturale, grazie anche ai molti momenti di lotta per una maggiore dignità.
La rivoluzione per la parità di genere pur iniziata da molti anni è certamente ancora in divenire e il termine rivoluzione non è usato qui in modo accidentale: riporta ad un’azione collettiva e coesa, ragionata e mirata ed è particolarmente appropriato dato che raggiungere un’uguale partecipazione nelle professioni non è solo un problema individuale o di genere. Infatti, posto che le donne conseguono durante gli studi risultati significativamente superiori agli uomini, la loro minore presenza nel mercato del lavoro ha ripercussioni negative anche dal punto di vista economico, per il corrispondente mancato contributo allo sviluppo aziendale ed imprenditoriale. Allo stato attuale, in Italia il tasso di occupazione femminile rilevato dall’Istat è ancora lontano dalla soglia che, secondo le stime della Banca d’Italia, produrrebbe un incremento del PIL del 7%, a parità delle altre condizioni. In più, secondo le rilevazioni Ocse, negli ultimi anni il gap di genere nazionale nelle scienze è peggiorato e le donne italiane partecipano meno allo sviluppo di invenzioni e brevetti (solo nel 17% dei casi con un potenziale invece pari al 50%) quando invece, uno dei motori della crescita economica è proprio la capacità di innovare e di saper attingere a tutto il capitale creativo disponibile. Concretamente, tutto ciò potrebbe ad esempio avvenire con un sistema formativo che riduca gli stereotipi culturali e le disparità di genere soprattutto nelle specializzazioni scientifiche STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). In proposito, si può citare anche l’importanza di corroborare la considerazione nelle proprie potenzialità (l’empowerment femminile) e di ricordare che il ragionare da scienziati (ovvero saper rappresentare una situazione concreta in linguaggio matematico e approcciarvisi in termini di problem solving) poggia proprio sulla capacità di aver tanto apprezzamento di sé da accordarsi di procedere attraverso test d’ipotesi e riformulazioni (ossia l’approccio che è proprio della scienza).
Così, al di là del contesto attuale, quando pensiamo al binomio Donne&Lavoro è molto importante utilizzare un orizzonte temporale di lettura di lungo periodo perché “anche se la speranza in un progresso lineare e continuo è offuscata dalle gravi crisi che si sono avvicendate, la storia mostra una traiettoria di inarrestabile miglioramento che ci ha portate dall’assenza a una presenza crescente nel mondo del lavoro ed in particolare nelle attività remunerate svolte fuori da casa” (Pescarolo, op.cit.). Nella vita non esistono linee rette, è molto probabile doverlo constatare, tuttavia poi la fatica non è senza risultati e infatti il recente rapporto Women in the Workplace 2019 ci parla finalmente di un soffitto di cristallo che inizia a scricchiolare e di una rappresentanza delle donne nei ruoli di potere che inizia ad aumentare (dal 29 per cento nel 2015 si è arrivate al 44 per cento nel 2019).
Fonti bibliografiche
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- Baciarlini R., 2014, Il work-life balance, YCP
- Bianchi M. et al., 2013, Le donne e l’economia italiana, Banca d’Italia, Roma
- Busetta G., Fiorillo F., 2016, “Ugly Betty looks for a job. Will she ever find in Italy?”, 48th Scientific Meeting of the Italian Statistical Society
- Campolo M. G., Di Pino A., 2012, “An Empirical Analysis of Women’s Working Time, and an Estimation of Female Labour Supply in Italy”, Statistica, vol. 72(2), pp. 173-193
- Caritas – Migrantes, 2018, XXVII Rapporto Immigrazione, Roma
- Centro Studi e Ricerche Idos, 2018, Dossier Statistico Immigrazione, Roma
- Chiappi F. et al., 2016, Genere e formazione. Proposta per lo sviluppo del potenziale femminile, FrancoAngeli, Milano
- Eige, 2019, Gender Equality Index
- European Commission, 2019, The Gender Pay Gap Situation in the EU
- Istat, 2018, Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro
- Istat, 2017, La vita delle donne e degli uomini in Europa. Un ritratto statistico
- McKinsey&Company e LeanIn, 2019, Women in the Workplace
- Ocse – Pisa, 2015, Programme for International Student Assessment
- Save the children, 2019, Le equilibriste. La maternità in Italia
- World Intellectual Property Organization, 2016, Identifying the gender of PCT inventors
- Winning Women Institute, 2018, Gap salariale
*PhD in Economics