I due committenti!

di Davide Pizzi *

il processo

Definizione Committente secondo la definizione del dizionario Treccani: «Chi commette, cioè ordina ad altri l’esecuzione di un lavoro, di una prestazione, o l’acquisto di una merce per conto proprio». Avendo fatto chiarezza sul significato del termine, occorre farne ulteriore per chi lavora nei servizi pubblici, dando delle risposte a una serie di domande: «Chi è il mio committente? Abbiamo un committente? Esistono più committenti? C’è un ordine d’importanza e/o di priorità da rispettare tra i due committenti?».

I committenti

Esistono due committenti per noi assistenti sociali, e più in generale per chi lavora all’interno dell’apparato pubblico. Il primo, il più visibile è quello che paga, al quale abbiamo posto firma al contratto di lavoro, per esempio: Ente pubblico di appartenenza, il sindaco, i vari direttori delle Asl, i responsabili, i coordinatori, ecc. Il secondo, che paga ugualmente in forma anonima: i cittadini! Non troveremo mai che una parte dell’importo del nostro stipendio ce lo ha versato il fantomatico sig. Mario Rossi,  ma di certo sappiamo che lui insieme a tanti altri italiani hanno dato il loro contributo. Torno a chiedere a questo punto della mia riflessione: «Chi è il mio committente?».

Eseguire con coscienza e professionalità

Chi esegue un lavoro, lo deve eseguire nell’interesse lecito e legittimo del committente che lo paga, arrecandogli un vantaggio anziché un danno, altrimenti che senso avrebbe per il committente spendere i suoi soldi per un lavoro non fatto bene?! Propongo un esempio: io chiedo a una ditta di ristrutturare la mia abitazione, e fornisco chiari indicazioni sui materiali, sul colore ecc. Io sono il committente e pago la ditta. La ditta a sua volta paga e si avvale della manodopera degli operai, degli artigiani e dei fornitori. La ditta diventa committente anch’essa. Il committente principale però, resto io, perché se la ditta senza avvisarmi non esegue i lavori così come avevo prestabilito, io posso adire alle vie legali!

Il proto committente

«Chi è il mio committente? ». Il “proto committente” è il cittadino! Sovente però, come nel caso della ditta che esegue erroneamente i lavori, il cittadino è vittima dell’arroganza voluta e premeditata dalle amministrazioni che non intendono far rispettare alcune leggi. Quali sono i casi in cui potrebbe incorrere l’assistente sociale diventando complice e reo della iniqua amministrazione, fino al paradossale punto di assistere non il cittadino, ma la sua stessa amministrazione? Sono frequenti o sporadici? Sono più frequenti di quanto si possa immaginare!

Esempi

Il caso per antonomasia è quello dei parenti della persona anziana che presentano domanda per l’integrazione della retta per l’inserimento in casa di riposo o per il centro diurno. Se l’anziano non riesce con i suoi averi a pagare il costo dell’importo dovuto, di prassi (sbagliatissima!), l’assistente sociale chiede al parente, usando la terminologia di “civilmente obbligato”, a presentare il modello Isee, per i rituali accertamenti del suo reddito, al fine di verificare se la sua richiesta possa essere accolta o meno dall’amministrazione comunale. La maggior parte dei familiari è gente semplice, non conosce le leggi, per cui presenta il mod. Isee. Più grave è quando l’assistente sociale ha lo stesso livello di conoscenza dei parenti, e ancor più grave quando consapevolmente si schiera a favore dell’amministrazione, quindi come se si schierasse contro l’utente!

Cosa ha stabilito la legge 

Nella sentenza n. 784/2011 del 9 marzo 2011, depositata in Segreteria il 24 marzo 2011, la Sezione prima del Tar della Lombardia ha precisato che «la regola della evidenziazione della situazione economica del solo assistito, rispetto alle persone con handicap permanente grave, integra un criterio immediatamente applicabile ai fini della fruizione di prestazioni afferenti a percorsi assistenziali integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, senza lasciare spazio alcuno alle amministrazioni locali per una diversa gestione in sede regolamentare» e che, pur tenendo conto «delle difficoltà dei Comuni nel reperimento di fondi sufficienti per far fronte alle legittime richieste di prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali da parte di coloro che ne abbiano diritto secondo legge» questa situazione «non può tradursi in misure che incidano negativamente sugli utilizzatori finali che, in quanto soggetti svantaggiati, la legge statale ha inteso proteggere; d’altra parte non può trovare risposta in sede giurisdizionale, ma esclusivamente in quella politica di riparto delle competenze e degli oneri finanziari posti dalla legge direttamente a carico degli enti locali: il che significa che la questione di legittimità costituzionale sollevata, a prescindere dai possibili profili di fondatezza, non è rilevante ai fini della definizione del presente giudizio».

Nella sentenza n. 1607/2011 del 15 febbraio 2011, depositata in Segreteria il 16 marzo 2011, la Sezione quinta del Consiglio di Stato ha stabilito che l’evidenziazione della situazione economica del solo assistito (soggetto con handicap permanente grave o ultrasessantacinquenne non autosufficiente) contenuta nei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 «costituisce uno dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire in modo uniforme nell’intero territorio nazionale» a cui «sia il legislatore regionale sia i regolamenti comunali devono attenersi».

Con la sentenza n. 5185/2011 del 31 maggio 2011, depositata in Segreteria il 16 settembre 2011, il Consiglio di Stato ha confermato in modo inequivocabile che gli assistiti, qualora si tratti di soggetti con handicap in situazione di gravità, devono contribuire esclusivamente sulla base delle loro personali risorse economiche senza alcun onere per i congiunti conviventi o non conviventi. Il Consiglio di Stato ha fondato la sua decisione anche sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18/2009, affermando quanto segue: «La giurisprudenza ha già sottolineato che la Convenzione si basa sulla valorizzazione della dignità intrinseca, dell’autonomia individuale e dell’indipendenza della persona disabile (v. l’articolo 3, che impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, che nel settore specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici)». Si ricorda che le norme di legge riguardanti i soggetti con handicap grave sono identiche a quelle concernenti gli ultra sessantacinquenni non autosufficienti.

Quindi, sia che si tratti di persone anziane non autosufficienti (dell’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992) disabili, o pazienti psichiatrici, la retta alberghiera è solamente a carico del ricoverato! In base a quanto disposto dall’articolo 25 della legge 328/2000 e dei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000, l’importo deve essere determinato esclusivamente con riferimento alla situazione economica personale dell’utente, e non dei suoi familiari!

Cosa rischia l’assistente sociale?

L’assistente sociale che opera seguendo le indicazioni errate sul piano del diritto amministrativo stabilite dal regolamento dell’Ente presso cui lavora, si espone personalmente a un grandissimo rischio: potrebbe essere accusato di danno erariale!
Un contegno del genere, in primo luogo, può esporre a responsabilità contabile ed erariale l’Ente locale, con obbligo per questo ufficio di rimettere gli atti alla Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti, poiché la pubblica amministrazione si espone, con colpa grave, alle azioni invalidatorie e risarcitorie degli utenti, così esponendo la Cassa pubblica a nocumento. Lo stesso contegno, peraltro, legittima una reazione immediata dell’utente e, dunque, si provvede come da dispositivo al fine di tutelare il beneficiario.
Non solo, ma anche sul piano deontologico, il comportamento omissivo (e in alcuni casi oso dire “omertoso”) di informare correttamente il cittadino di quali sono i suoi diritti, viola anche il codice deontologico della nostra professione, secondo quanto previsto all’articolo 39:
L’assistente sociale deve contribuire ad una corretta e diffusa informazione sui servizi e le prestazioni per favorire l’accesso e l’uso responsabile delle risorse, a vantaggio di tutte le persone, contribuendo altresì alla promozione delle pari opportunità.

Il paradosso

Il regolamento Regionale della Puglia, 18 aprile 2012, n. 7, conferma quanto previsto dalla normativa nazionale, all’articolo 1, il diritto dei parenti di esibire l’ISEE del solo assistito (ISEE ESTRATTO) alle Amministrazioni. I centri di assistenza fiscale (CAF) che lo dovrebbero produrre, ignorano cosa sia l’ISEE ESTRATTO, per cui è quasi impossibile poterne ottenere uno! Ma quel che è peggio è che i cittadini non sono messi in grado di conoscere i loro diritti perché le amministrazioni tacciono, e continuano a chiedere l’ISEE dei parenti civilmente obbligati, violando di fatto la legge sulla privacy. Questo comporta che altre e continue spese devono essere sostenute sulle spalle delle famiglie in tempo di crisi, sempre più lasciate sole, e che sempre più si indeboliscono economicamente.

Concludendo

L’articolo 433 del codice civile prevede l’obbligo agli alimenti su richiesta assoluta della persona indigente, e non su richiesta dei servizi sociali. Come assistenti sociali già non godiamo di una buona immagine (es. coloro che tolgono i bambini), per giunta le amministrazioni comunali ci chiedono di fare gli “assistenti sociali finanzieri”, francamente soltanto per quest’ultimo punto, mi sento di dar ragione allo stereotipo!

* Assistente sociale dell’Ordine della Regione Puglia

6 pensieri su “I due committenti!

  1. G. Ghezzi

    Grazie Davide per questa giusta puntualizzazione sul come noi AS comunali ci giochiamo con l’utenza nel caso di richiesta di compartecipazione alla retta in RSA.
    In generale, credo utilissimo questo lavoro di riflessione sulle prassi e poi di condivisione con la comunità professionale. Troppo spesso sappiamo la teoria (o crediamo di saperla), ma poi la mettiamo in pratica in modo non corretto, o addirittura non deontologico, perché non sappiamo bene come fare. E, se abbiamo le idee confuse, finisce che facciamo quello che ci chiede l’ente perché così ci sentiamo nel giusto.

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  2. Csa

    Egr. Davide Pizzi,
    A nome e per conto del Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) che funziona interrottamente dal 1970, esprimiamo vivi ringraziamenti per il Suo articolo “I due committenti”.
    Se tutti gli operatori sanitari e sociali fornissero informazioni corrette sui vigenti diritti si verificherebbe un eccezionale salto etico e professionale, soprattutto per quanto concerne la situazione delle persone non autosufficienti (anziani malati cronici, persone con demenza senile, soggetti con handicap intellettivo in situazione di gravità, pazienti con rilevanti disturbi psichiatrici e limitatissima autonomia) che con una frequenza allarmante sono dimessi da ospedali e da case di cura private convenzionate spesso addirittura in modo selvaggio e cioè senza garantire l’indispensabile e indifferibile continuità terapeutica.
    Da anni il Csa è impegnato insieme alla Fondazione promozione sociale onlus a contrastare le iniziative delle Regioni, delle Asl e dei Comuni, purtroppo quasi sempre sostenute anche dai Sindacati Cgil, Cisl e Uil e da numerosi operatori socio-sanitari, che omettono di segnalare e di applicare le leggi vigenti (n. 833/1978 e articolo 54 della legge 289/2002) in base alle quali le persone sopra indicate (oltre un milione di nostri concittadini, fra i quali può aggiungersi ognuno di noi e dei nostri cari) hanno il pieno e immediato diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari e residenziali. Per ulteriori approfondimenti in merito consultare il sito http://www.fondazionepromozionesociale.it
    p. Csa, La segreteria

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