Ricomporre il sociale?

di Sergio Pasquinelli *

Ricomporre il sociale?

Stefania, vent’otto anni, non è riuscita a fare entrare il figlio al nido. Per tenere il suo lavoro da precaria ha bisogno della madre, che però abita lontano. Ha sentito due amiche che abitano in zona per vedere di trovare una baby sitter in comune, ma è un’impresa titanica far combaciare esigenze e orari.

Paolo, ottant’anni e non autosufficiente, riceve l’indennità di accompagnamento: 504 euro al mese che aiutano, ma certo non gli bastano, a pagare una badante. In più viene assistito per qualche ora alla settimana dal Comune. Ciascuno dei tre – Comune, badante e Commissione certificatrice dell’Asl –  opera uno all’insaputa dell’altro. Nessuna connessione.

Il nostro welfare è diviso in tre parti: i servizi pubblici, il privato dato da ciò che fanno famiglie e imprese, e lo Stato nel senso delle prestazioni monetarie gestite dal centro: assegni, indennità, misure sociali diverse.
Ricomporre queste tre parti separate è oggi divenuto un tema che ricorre, condiviso. Una direzione, forse l’unica, per uscire dalle secche di un sistema dei servizi costantemente sotto finanziato.
Sulla possibilità di ricomporre questi pezzi, soprattutto attraverso un’aggregazione della domanda, circolano ipotesi interessanti ma di non facile attuazione. Tre in particolare.

La prima riguarda il mutualismo solidale. È l’idea di aggregare la domanda delle famiglie attraverso mutue territoriali che offrano servizi per i propri associati, e non solo, in grado di collegarsi ai fondi sanitari integrativi e al sistema dei servizi. Allo stato attuale si tratta di poco più di una suggestione, su cui molte domande rimangono aperte, per esempio: come incentivare la mutualità? Con quali vantaggi per le famiglie? Quali professioni dovrebbero essere coinvolte, con quale contratto? Il tutto in un contesto in cui i margini di crescita delle tutele assicurative per la non autosufficienza risultano oggi limitati.

Una seconda possibilità di ricomposizione è quella agita dagli enti produttori privati. È chi produce servizi che può per esempio integrare aiuti domiciliari sociali e sanitari in un medesimo territorio, se lo stesso soggetto è in grado di gestire entrambi vincendo le rispettive gare. Ai suoi utenti tale soggetto può poi offrire interventi ulteriori, a pagamento, con il vantaggio di integrare risorse pubbliche e private nell’ambito di un’unica offerta assistenziale.
Una tale situazione può avvenire però a due condizioni: che tale soggetto sia sufficientemente robusto e articolato, e che agisca da monopolista in un territorio dove altrimenti non avrebbe abbastanza volume e convenienza ad agire. Situazioni non ricorrenti nel nostro paese, e contrastanti con ogni ipotesi di voucherizzazione degli interventi. Ipotesi che tiene solo se esiste una pluralità di soggetti tra cui poter scegliere.

Una terza strada riguarda il tentativo di socializzare singole figure professionali, uscendo dal rapporto uno a uno. Come nel caso della baby-sitter condivisa, che segue un gruppo di bambini, o della badante di condominio. Nel primo caso un certo numero di famiglie si aggrega servendosi della medesima figura, con requisiti minimi, e non scontati, di formazione e dotazione di spazi. Si tratta di una strada su cui si contano alcune buone pratiche. La badante di condominio ricopre funzioni di assistenza e di monitoraggio su un certo numero di anziani, una figura vicina a quella del cosiddetto custode sociale. Può essere una valida risposta per chi ha un bisogno di sostegno limitato, ma non può costituire la risposta in condizioni  di medio-grave non autosufficienza. Rimane poi aperto il problema legato al “costo di agenzia” e alla presenza di datori di lavoro plurimi.

Questi tre esempi mostrano come la strada per agire una ricomposizione “dal basso”, ossia non tramite una riforma generale del sistema, non sia facile, è ancora incerta, richiede investimenti e sperimentazioni ancora da valutare.

* Irs, Milano

Per un approfindimento di queste tematiche, sempre a firma di Sergio Pasquinelli: “Servizi sociali: quale ricomposizione”, Prospettive Sociali e Sanitarie, n.2.1/2014, pag. 1 . Il fascicolo è scaricabile gratuitamente dagli abbonati registrati al sito e può essere acquistato online dai non abbonati interessati.

3 pensieri su “Ricomporre il sociale?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *