Voi che siete nati gentili

di Frida Tonizzo*

Il romanzo “Voi che siete nati gentili”, di Valeria Moschese (ed. L’erudita, Giulio Perrone, 2018), introduce diverse tematiche inerenti l’esperienza dell’affidamento familiare, presentato da svariati punti di vista: quello del bambino, della famiglia che accoglie ed in particolare i loro figli, della scuola, dei servizi e di quanti, a vario titolo, entrano in contatto con questa esperienza.

Brevemente di seguito la trama: Clara e Mauro, con i loro due figli,  accolgono un bambino in affidamento, il  cui arrivo impone una nuova  armonia e inaspettati sviluppi nella crescita di piccoli e grandi, chiedendo di rivedere spazi, abitudini e sicurezze acquisite, nel continuo confronto con la misura temporanea dell’affidamento. Con il passare del tempo Maicol, il nuovo arrivato, mostra la volontà di mettere le radici e intrecciare la propria storia con la famiglia affidataria, a cui si lega con tenero amore. Al contempo il suo porsi spontaneo negli affetti induce ognuno ad un diverso modo di guardare al tema dell’accoglienza e del vivere insieme. Adulti e ragazzi, genitori e figli, amici, insegnanti e compagni di scuola: tutti coloro che vengono coinvolti nella vicenda mostrano la possibilità di disegnare percorsi inediti quanto tenaci, se guidati dagli affetti. L’interrompersi del tempo destinato all’affido muterà bruscamente gli equilibri raggiunti e chiederà a tutti di far i conti con un’inspiegabile chiusura al naturale proseguimento dell’amore che lega i protagonisti della storia.

Con uno stile semplice e mimetico della realtà, l’autrice introduce il lettore nell’intima e complicata quotidianità di una famiglia affidataria: “L’ho scritto – lei spiega- spinta dal desiderio che la storia fosse eco di molte altre, che in essa trovino punti in comune e rispecchiamenti. Inoltre desideravo esplorare complessità e ricchezze del tema dell’affidamento familiare, dando voce ai racconti ad esso ispirati. Ho provato altresì a tratteggiare il mondo degli affetti che lega i fratelli, i quali, concretamente, giorno dopo giorno fanno posto ai nuovi arrivati. Infine ho cercato di esprimere i sentimenti di chi nella famiglia affidataria arriva d’improvviso, e con essa avvia nel tempo legami e tenero amore”.

Com’è noto, l’affidamento familiare è una misura di aiuto offerta ad un minore che deve essere temporaneamente allontanato dalla sua famiglia di origine, per difficoltà dei genitori (o per loro gravi malattie o ricovero), per la disgregazione del nucleo familiare (separazione, carcerazione…), o per problemi di diverso genere (di conflitto familiare e di incapacità educativa;  la legge n.184/83 ha disciplinato l’affidamento residenziale, in base al quale il minore vive stabilmente con gli affidatari e mantiene rapporti con la sua famiglia d’origine secondo quanto previsto dal progetto di affidamento(che potrà esser di tipo consensuale o giudiziale).

L’affido è realizzato e sostenuto dai Servizi Sociali locali nell’interesse del bambino, affinché quest’ultimo possa trovare in un’altra famiglia l’affetto e le attenzioni che i suoi genitori non sono  temporaneamente in grado di dargli.; permette al bambino o all’adolescente di essere inserito, per un certo periodo di tempo (che può durare qualche mese ma anche degli anni), in un altro nucleo familiare idoneo ad offrire adeguate risposte alle sue necessità affettive oltre che di educazione, istruzione, accudimento e tutela. Si tratta pertanto di un’accoglienza in cui si avviano legami forti a livello affettivo ed educativo, che aiutano il minore a crescere.

E’ importante prestare una grande attenzione agli affidatari che accolgono questi bambini : infatti, è soprattutto grazie al loro impegno che il “progetto dell’affido” trova gambe su cui correre; essi sono dei volontari che hanno un ruolo determinante, che va riconosciuto e non vanno considerati come semplici “utenti” dei Servizi. Gli affidatari devono soddisfare alcuni requisiti per avviare tale esperienza, al contempo vi sono diritti e doveri che la stessa può esercitare e adempiere.

Parimenti importante è il ruolo assunto dalla famiglia d’origine del minore affidato, e degli interventi attivati a suo favore: ricevere aiuto da un’altra famiglia nel crescere i propri figli può permettere la ricostruzione del tessuto familiare e costituire un ulteriore stimolo ad affrontare, e talvolta anche  risolvere, i problemi concreti che sono alla base delle loro difficoltà, permettendo di prepararsi a riaccogliere il figlio alla conclusione dell’affido.

L’inserimento dei bambini nelle famiglie affidatarie è finalizzato anche a creare un contesto in cui la relazione tra il bambino, la sua famiglia di origine e la famiglia affidataria possa consentire il mantenimento della continuità affettiva e culturale.

Non va dimenticato  il ruolo delle istituzioni, grazie al quale è possibile l’affidamento familiare. Il Servizio Sociale dell’Ente Locale che fa riferimento al Comune di residenza della famiglia di origine ha il compito di predisporre gli interventi di sostegno e di aiuto alla famiglia stessa affinché possa realizzarsi il rientro del minore. Una famiglia momentaneamente in difficoltà è una famiglia in cerca di solidarietà: rendersi disponibili per un affidamento è un atto di amore per la vita, di affetto per un bambino, ma anche di solidarietà concreta tra famiglie.

Terminata l’esperienza di affidamento non vanno recisi gli affetti che in essa sono sorti: un significativo riconoscimento al riguardo è arrivato dalla recente legge n. 173/2015, che non si limita a prevedere la possibilità che un minore affidato, se dichiarato adottabile, a tutela del suo prioritario interesse, possa essere adottato dagli affidatari ma sottolinea anche la necessità di assicurare “la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento” (con gli affidatari in primis) anche quando egli “fa ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad un’altra famiglia o sia adottato da altra famiglia”.

Le Linee Nazionali di Indirizzo per l’Affidamento Familiare sottolineano infine la centralità della rete di collegamento tra quanti sinora citati, ovvero il minore, gli affidatari, i servizi, le famiglie d’origine; prevedendo che la collaborazione tra i servizi pubblici e le associazioni e le reti familiari sia formalizzata anche con protocolli di intesa o forme di convenzione, per meglio informare, sensibilizzare e promuovere l’affidamento familiare sul territorio. Non va dimenticato l’importante ruolo svolto dalle associazioni nell’accompagnare e sostenere gli affidatari nel non facile percorso di accoglienza di un minore.

 

*Assistente sociale e consigliere dell’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie (Anfaa)

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