Vivere da soli a Milano durante il Covid

Bisogni e risorse di una popolazione poco studiata

di Graziella Civenti*, Alessandro Magni**, Orleo Marinaro°, Gianna Stefan°°

 

 

 

L’Annuario 2019 dell’Istat evidenzia come le persone che vivono da sole rappresentino ormai a livello nazionale il 33% circa delle tipologie familiari e, soprattutto, come tale dato risulti in costante aumento nel corso degli anni, al contrario delle coppie con figli, anch’esse pari al 33% del totale ma in costante diminuzione.

Le cause di tale fenomeno – che nelle grandi città si presenta con numeri ancora più importanti (a Milano, per esempio, le famiglie unipersonali costituiscono circa la metà dei nuclei familiari) – sono da ricondurre a diversi fattori. Tra questi è opportuno evidenziare le profonde trasformazioni culturali e sociali che hanno visto una pluralizzazione e diversificazione degli stili di vita e che hanno determinato cambiamenti significativi nei tempi e nei modi di formazione della famiglia. Analogamente risulta aver svolto un ruolo non irrilevante nella crescita del numero di persone che vivono da sole l’invecchiamento della popolazione: sempre l’Istat rileva come al 1 gennaio 2019 ci fossero in Italia 173 persone con 65 anni e oltre ogni 100 persone con meno di 15 anni, valore che fa del nostro paese una delle nazioni più ‘vecchie’ al mondo.

La profonda mutazione sociale di cui questi dati sono espressione di per sé non necessariamente rappresenta un problema.  Tuttavia costituisce una sfida che non può non interrogare la politica e imporre riflessioni.

Sui sistemi di welfare futuri innanzitutto. Un modello familistico come quello italiano, per esempio, in cui la famiglia ha per decenni funzionato come ammortizzatore sociale per il soddisfacimento dei bisogni di cura e relazione dei suoi membri, richiederà ripensamenti profondi. Si renderà necessario innanzi tutto rivedere l’architettura dei servizi sociali e sanitari, oggi poco adeguati a garantire supporto alle necessità delle persone che vivono da sole, ma anche promuovere e sostenere la costruzione di reti abitative e sociali alternative alla famiglia, capaci di vicariare parte delle funzioni svolte in passato da questa e di ottimizzare gli aiuti formali.

Nonostante la pregnanza della questione e le dimensioni assunte dal fenomeno, il tema appare tuttavia ancora relativamente poco presente nell’agenda degli amministratori pubblici e nel dibattito culturale.

L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid -19 ha introdotto in questo scenario in trasformazione un elemento nuovo e imprevisto. Come hanno vissuto e gestito il periodo di confinamento a casa le persone che vivono da sole? Quali problemi hanno incontrato e come vi hanno fatto fronte? Quali interventi pubblici potrebbero far loro affrontare il futuro con maggiore serenità?

Per rispondere a queste domande un gruppo di cittadini milanesi, di differente formazione ed esperienza professionale (vedi autori), ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva individuando come target le persone di età superiore a 40 anni, residenti o domiciliate a Milano, che abitano da sole e che abbiano trascorso da sole il periodo del lockdown.

L’intento del progetto è duplice. Innanzitutto sviluppare conoscenza su un fenomeno diffuso ma, come si è visto, ancora insufficientemente esplorato, raccogliendo e rendendo disponibili per gli enti e le associazioni attivi sul territorio milanese una serie di informazioni utili a individuare eventuali aree di fragilità e bisogno e a programmare più puntualmente i necessari interventi di sostegno.

In secondo luogo, attraverso l’intenso lavoro di comunicazione e costruzione di reti necessario alla diffusione dell’indagine, il progetto si propone di sollecitare e favorire lo sviluppo di processi di partecipazione e cittadinanza attiva più ampi.

Lo stesso principio di cittadinanza attiva è, d’altra parte, all’origine anche dell’attività del gruppo di lavoro che, se sconta come propria debolezza la non formalizzazione in ‘strutture’ più istituzionali, quali quelle che di solito svolgono attività di ricerca, trova d’altro lato il suo elemento di originalità e forza proprio nell’essere nato dal basso, da chi sperimenta una specifica condizione e si dota degli strumenti per renderla visibile e oggetto di confronto e discussione pubblica.

Lo strumento individuato per la rilevazione è un questionario – la cui compilazione è rigorosamente anonima – disponibile in una versione on line e in una versione word, strutturato con domande aperte e domande chiuse che permettano di acquisire non solo dati quantitativi ma anche informazioni di carattere più propriamente qualitativo.

La raccolta dei dati, iniziata nel settembre 2020, proseguirà per tutto il mese di novembre. Impegno del gruppo di lavoro è quello di cercare di raggiungere fasce di popolazione differenti in modo da ottenere una rappresentazione la più ampia e articolata possibile del fenomeno.

Si ipotizza di poter cominciare a diffondere i primi risultati delle elaborazioni entro la fine di dicembre.

E’ possibile partecipare alla ricerca collegandosi al link:

https://forms.gle/Tptc59JvdHQXRZ3D8

Per ogni informazione in merito e per un aggiornamento sugli esiti del lavoro, si prega di scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica: lockdowndasoli@gmail.com

 

*Assistente sociale; **Operatore culturale; °Data scientist; °°Agente di sviluppo del territorio

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