Secondo le stime europee, in Italia 17,5 milioni di persone sono a rischio di povertà. Nessun altro paese ne ha così tanti. Per l’Istat un italiano ogni dodici è assolutamente povero, cioè non in grado di vivere una vita umanamente dignitosa. Negli anni della crisi, tale stima è aumentata di due volte e mezzo, mentre il nostro sistema assistenziale è risultato impotente.
La consistenza e la drammaticità della povertà, soprattutto in una congiuntura elettorale, interpella tutte le forze politiche. Con il reddito di inserimento dell’attuale governo entrano in competizione il reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle e il reddito di dignità di Berlusconi. Quanto si differenziano queste proposte? Il successo di una o dell’altra comporterà necessariamente di distruggere quanto fatto finora? O ci sarà la possibilità di procedere per addizioni piuttosto che per sottrazioni? Al di là delle diverse posizioni partitiche, l’adozione di uno strumento di contrasto alla povertà che sia realmente efficace rimane imprescindibile
La analisi della povertà economica nel nostro paese, della inefficacia nel contrastarla del nostro welfare, e la trattazione delle politiche che vengono proposte dai diversi partiti per fronteggiarla sono il tema del libro “Contro la povertà” che Emanuele Ranci Ortigosa, spinto dalla gravità del problema, dai rischi che la scadenza elettorale comporta e dall’impegno dell’editore Francesco Brioschi, ha ora scritto dopo decenni di studio, sperimentazioni, proposte sul tema. L‘ha scritto non per specialisti, ma per un più largo pubblico di persone sensibili al tema e al dibattito politico che su di esso si è sviluppato.
Il testo dell’autore è preceduto da una prefazione di Tito Boeri e completato da contributi di Daniela Mesini sulle caratteristiche del Rei e di Chiara Crepaldi sulle misure di reddito minimo in Europa. Il volumetto sarà in libreria dal giovedì 15 marzo. Il 9 marzo, alle 12.30, verrà presentato da Cristiano Gori e dagli autori a Tempo di libri di Fieramilanocity.
Con l’autorizzazione dell’editore anticipiamo stralci di un paragrafo iniziale del libro in cui l’autore ne presenta i temi principali.
Nella nostra società molte persone, famiglie e gruppi di popolazione soffrono gravi condizioni di bisogno: bisogno di nutrimento e vestiario, di casa, di salute, di istruzione, di accesso all’informazione e alla cultura, di relazioni e socialità, di lavoro, di riposo… Vari bisogni che spesso si combinano, tali da condizionare pesantemente la possibilità di liberare e valorizzare le proprie risorse per vivere una vita veramente umana, riconoscere e accrescere le proprie capacità, migliorare le proprie competenze, contribuire così alla crescita del capitale umano, fattore cruciale di sviluppo sociale e anche di crescita economica. Bisogni che interpellano la nostra società, le nostre istituzioni, il nostro welfare e, in definitiva, ciascuno di noi.
Se cerchiamo sull’Enciclopedia Treccani la parola povertà, troviamo una definizione legata appunto ai bisogni: “Stato di indigenza consistente in un livello di reddito troppo basso per permettere la soddisfazione di bisogni fondamentali in termini di mercato, nonché in un’inadeguata disponibilità di beni e servizi di ordine sociale, politico e culturale”. Si unisce quindi l’adeguatezza del livello reddituale alla disponibilità di beni e servizi di ordine diverso… Devono anche essere considerati il luogo e l’epoca storica, in quanto: “La povertà non esprime soltanto la condizione di coloro che possiedono una quantità di beni materiali insufficienti alla sopravvivenza, ma anche la condizione di coloro che ne possiedono in quantità minore rispetto ad altri individui. In tal senso il concetto di povertà è relativo alla distribuzione dei beni che si realizza nell’ambito di una medesima struttura sociale”. In quest’ultimo caso la povertà si collega a un altro concetto complesso, quello di disuguaglianza.
Non è agevole tenere del tutto distinte povertà economica e disuguaglianza. Basti dire che una delle modalità di rappresentazione della povertà, l’indice di povertà relativa è sostanzialmente una misura della disuguaglianza. Tema concettualmente distinto dalla povertà ma di fatto connesso, nel senso che società fortemente disuguali registrano per lo più anche elevati livelli di povertà.
Prima di proporre le molte letture e le diverse misurazioni della povertà, e anche della diseguaglianza, esponendo quindi numeri, medie, tabelle e grafici, vorrei richiamare l’attenzione e sollecitare la sensibilità e l’immaginazione sul fatto che ogni unità numerica che considereremo rappresenta in modo freddo, asettico, e quindi inadeguato, riduttivo, una persona viva, uomo o donna, bambino, giovane, adulto o anziano, dirigente, professionista, operaio o disoccupato. Lo osserveremo prevalentemente nella sua condizione economica, funzionale alla nostra riflessione sulla povertà, ben sapendo però che essa non coglie né esprime adeguatamente la personalità di ciascuno, nella sua ricchezza e anche nei suoi limiti, nella sua complessità e nei condizionamenti che la circoscrivono. Sul piano psicologico ed esistenziale, i riflessi della povertà appaiono spesso profondi su chi è nato povero, su chi lo è diventato in seguito, o corre il rischio di diventarlo. Le possibilità di valorizzare proprie capacità, di sviluppare proprie competenze, di creare legami positivi e talora perfino di costituire una famiglia e di generare figli vengono non di rado compromesse.
Un livello di povertà e di disuguaglianza elevato come l’attuale costituisce quindi anche un impedimento per lo sviluppo del capitale umano e per la crescita economica, come hanno evidenziato le analisi dell’Ocse, raccomandando adeguate politiche di contrasto che meglio vedremo.
La consistente presenza della povertà nel nostro paese costituisce in questi anni, e costituirà ancora nei prossimi, la “questione sociale” più rilevante, accanto e unitamente a quelle del lavoro e dell’occupazione. Una questione non congiunturale, ma strutturale, che esige grande attenzione culturale, sociale e politica, e che richiederà iniziative coraggiose e ingenti risorse per ridurre o alleviare le sue implicazioni generali, e in particolare il suo impatto sulle famiglie in difficoltà e sulle giovani generazioni. Una questione che richiede dunque alle forze politiche di farne oggetto non di competizione più o meno demagogica, ma di attenzione e impegno convergente per non dissipare quanto è stato fin qui fatto, che vedremo, ma per assumerlo e promuoverlo ulteriormente verso obiettivi di contrasto e riduzione della povertà e dell’emarginazione ancora lontani dall’essere raggiunti.
La prima parte di questo scritto presenta fotografie effettuate con diversi diaframmi del fenomeno povertà in Italia, nella sua evoluzione, nella sua attuale consistenza, nel confronto con gli altri paesi europei. Nelle parti successive parleremo dell’equità e dell’efficacia delle politiche e delle misure di contrasto, che devono appunto essere appropriate al target, cioè a persone, famiglie, gruppi sociali che si intende sostenere e promuovere. Nella parte conclusiva confronteremo l’esperienza del Sia e del Rei e le proposte avanzate dalle diverse forze politiche, ne vedremo al di là dei nominalismi analogie e differenze, su questa base auspicando con qualche ragionevolezza che le logiche competitive del confronto elettorale non portino a distruggere quanto faticosamente avviato, ma lo rispettino e lo utilizzino per andare poi oltre. Ciascuno dei competitori seguirà poi una propria visione, speriamo rivista e migliorata nel confronto con i dati di realtà e con le altre proposte concorrenti.