di Davide Pizzi *
Il film diretto da Luca Vendruscolo del 2002, Piovono mucche, nasce dall’esperienza del regista ai tempi in cui fu obiettore di coscienza all’interno di una comunità per disabili, quando ancora vigeva il servizio di leva obbligatorio. L’aspetto dell’interessante trama su cui mi soffermo, riguarda purtroppo, l’abilità del nostro paese di creare meccanismi latenti ed effetti perversi, in grado di impoverire qualsiasi cosa, anche le migliori. Una sagace furbizia di cui l’Italia ha il triste primato nel mondo. Il protagonista del film, un obiettore di coscienza, svolge il suo servizio presso la comunità “Ismaele” per disabili. La comunità è carente di personale specializzato assunto, e vive molto sull’apporto degli obiettori di coscienza, obbligati ad andare ben oltre i loro compiti, sia per quanto riguarda i turni di lavoro, sia per quanto riguarda le mansioni; gli obiettori nelle situazioni di emergenza si arrangiano come possono, ricoprendo anche profili professionali in modo del tutto improvvisato. È solamente un film? La realtà è un’altra cosa e tutto funziona diversamente?
La mia esperienza personale
Questo film mi ha ricordato quando più di dieci anni fa dopo aver ultimato gli studi universitari ero alla ricerca del mio primo impiego. Durante quel periodo mi munii di un elenco di cooperative sociali registrate nell’albo della mia regione, così come previsto dalla legge. Inviai delle lettere di presentazione e il mio curriculum vitae, e attesi di essere chiamato per un colloquio. Alcune mi risposero e mi invitarono. Un po’ temevo che avrei trovato situazioni poco limpide; la mia tesi universitaria comprendeva anche capitolo di analisi sul terzo settore, e quindi avevo studiato autori che criticavano il sistema delle cooperative sociali. Alla fine di ogni colloquio però, comprendevo sempre meglio il perché di queste critiche per esperienza personale sul campo. Ecco cosa mi proponevano di volta in volta:
1. periodo di prova (non quantificato): gratis e senza contratto (in caso d’infortunio cosa sarebbe potuto succedere?!), preceduto talvolta da un periodo di volontariato;
2. stipendio: nessuna pretesa di pagamento puntuale e mensile, inquadramento contrattuale poco chiaro rispetto alla mia categoria professionale, inferiore di molto ai colleghi del settore pubblico, e più simile a un operaio di un impresa di pulizie;
3. mansione/ruolo: più o meno tutto (saper fare anche l’educatore, l’animatore, l’operatore generico, l’autista, ecc.) essere disponibile all’esigenze del servizio, e all’occorrenza fare turni più lunghi, anche notturni consecutivi senza il diritto al giorno successivo di riposo, e il meno possibile l’assistente sociale, forse perché nemmeno il presidente stesso sapeva bene in cosa consisteva questa “strana professione” convinto che chiunque potrebbe svolgerla senza titolo!
Rispetto all’ultimo punto, ebbi modo di notare come le cooperative, talvolta in competizione tra di loro, cercavano di ottenere il maggior numero di giovani del servizio civile, e preferibilmente chi stava studiando per laurearsi nel campo delle scienze umane. Proprio un direttore, quando gli chiesi come mai avessero poco personale per coprire i turni, mi rispose: «non mi conviene assumere, aspetto che mi arrivino “quelli del servizio civile” pagati dallo Stato, sono gratis!» Forse ho avuto la sfortuna a imbattermi con presidenti poco seri e volponi, so che non bisogna fare di tutta un’erba un fascio, ma di fatto questa fu la mia esperienza.
Uno sguardo a oggi
Qual è il punto della situazione oggi a distanza di oltre 10 anni dalla mia esperienza e di quella del regista? Ritengo che non sia cambiata molto. Certi malcostumi in Italia difficilmente sono estirpabili, nonostante considerevoli periodi di tempo. Del resto c’è chi riconosce che non c’è mai stata una seconda repubblica dopo tangentopoli, e che quel che prima si faceva, è continuato anche negli anni successivi. Sistemi quindi, che hanno saputo ben riprodurre i loro meccanismi. Infatti negli ultimi anni ho potuto ascoltare purtroppo, operatori infelici e insoddisfatti di lavorare nelle cooperativa della Lombardia, del Veneto, e del Friuli Venezia Giulia (tutti luoghi in cui ho lavorato in servizi pubblici), con esperienze molto simili tra di loro.
Testimonianze
Pierluigi Emesti che segue il blog Scambi di Prospettive, rispondendo al mio articolo del 17 aprile 2014 a proposito della dequalificazione professionale all’interno delle cooperative sociali di tipo A, scriveva: “Quante cose condensate in poche righe di attenta riflessione. Molte emozioni sollevano lo scenario che rappresenti. Tra lo sconcerto e l’indignazione che purtroppo vivo ormai da 15 anni […] Le richieste sempre meno professionali che amministrazioni rivolgono a professionisti. La mimetizzazione che neolaureati in psicologia o scienze sociali trovano utile fare per trovarsi una nicchia lavorativa occupando mansioni e ruoli educativi impropri. La trasformazione delle pubbliche amministrazioni da gestori di servizi in erogatori di servizi gestiti da soggetti terzi. La alienazione degli “operatori” nei servizi socio assistenziali, con conseguente riduzione del proprio coinvolgimento attivo e emotivo. Non ultimo un quarto settore sempre più coinvolto in funzioni complici del sistema politico anziché rimanere neutrale e libero da condizionamenti. “
Diversi sono i blog su internet dove i giovani hanno raccontato il loro vissuto negativo. Sul sito ufficiale del servizio civile, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per esempio, si possono leggere esperienze che lamentano uno sfruttamento:
“Mi chiamo Menegaldo Filippo e presto servizio presso un comune del trevigiano. Ritengo che tutti noi volontari, in un anno di Servizio Civile, svolgiamo un vero e proprio lavoro per un minimo di 30 ore alla settimana. Il compenso che ci danno è una miseria, e come se ci facessero la carità. Io lavoro molto con bambini stranieri e disabili, ma al contempo seguo molti anziani e disabili adulti. Ogni giorno, alla guida delle vetture del Comune, svolgo un’importante attività di accompagnamento e di inserimento presso scuole, ospedali, case di riposo, centri di riabilitazione vari di numerosi utenti. In media percorro 100 km al giorno per strada. Molti giorni ne ho percorsi anche 200. Mi trovo bene dove svolgo servizio, ma percorrere così tanta strada, con passeggeri a bordo di cui sono il responsabile e che molto spesso sono in carrozzina, ingessati e imbragati, è pericoloso perché stanca. Voi credete che i soldi che ci danno siano sufficienti? Infine non c’è prospettiva di assunzione presso l’ente in cui si presta servizio. Praticamente un contratto a tempo determinato, non riconosciuto come lavoro effettivo, molto sottopagato, che chiede un monte ore minimo alla settimana troppo elevato, che rende difficile o impossibile svolgere un altro lavoro o frequentare corsi universitari. Ci chiedono devozione completa per ottenere cosa?”
Un’altra testimonianza:
“Quando ho fatto domanda per il Servizio Civile ero consapevole del compenso. Sapevo che, detratte le spese mensili per il pieno della macchina mi sarebbero rimasti, circa 300 €. Ho fatto questa scelta perché non ero ancora laureato e avendo fatto solo un liceo nessuno mi avrebbe assunto. La storia poi non è che cambia adesso che sono laureato in Servizio Sociale. Ritengo scandaloso il fatto che noi volontari veniamo utilizzati per sopperire, alla meno peggio, alle mancanze della pubblica amministrazione! Quanti di noi svolgono servizio in biblioteca senza che questa abbia un bibliotecario, obbligatorio per legge? Quanti di noi sono impiegati in uffici comunali, non di nostra competenza, perché i Comuni sono sotto organico? Quanti di noi operano in asili nido o scuole materne e svolgono mansioni proprie dei bidelli, perché costiamo meno che assumerne uno?
Quanti di noi diventano maestri o educatori improvvisati, per far risparmiare le istituzioni che dovrebbero educare e istruire i bambini per legge? Il Servizio Civile è una bella esperienza, ma i volontari vengono utilizzati, senza che molti se ne accorgano, per rattoppare i buchi creatosi nel settore pubblico, ma anche privato, dopo licenziamenti e mancate assunzioni di personale qualificato.”
Spirito volontaristico, o mancanza di occupazione?
Bisogna tener conto che molti di noi scelgono il Servizio Civile perché ci sono poche alternative sul territorio. Scrive un ragazzo sul sito del ministero. Quando non si hanno prospettive di lavoro, soprattutto al sud, quando si è giovani, e forse alla ricerca della prima occupazione, quando non si intravede una prospettiva migliore nell’immediato futuro, per alcuni, e sottolineo per alcuni, non è mia intenzione generalizzare in modo demagogico, il servizio civile rappresenta l’esordio nel mondo del lavoro. Il sistema, però, è al collasso per i continui tagli ai fondi. Complice la crisi e un tasso di disoccupazione giovanile che ha toccato il 42,7%, le domande aumentano di anno in anno e ormai sono oltre quattro volte più dei volontari richiesti. Nel 2012 hanno presentato domanda 87.635 ragazzi (il 55% dei quali residenti nel Sud o nelle isole) contro i 75.864 del 2011 e i 54.318 del 2010, ma solo 19.705 hanno potuto effettivamente prestare servizio civile 2011. Nel 2013 c’è stata una lieve risalita a 75 milioni, mentre lo stanziamento per il 2014 è di 106. Molto sentito dagli addetti ai lavori anche il problema degli abbandoni: nel biennio 2011-2012 circa il 17% dei giovani selezionati ha lasciato il servizio prima della conclusione. La motivazione principale è la difficoltà a conciliare l’impegno con lo studio o il lavoro. Morale: come attesta anche l’ultima relazione al Parlamento sul servizio civile, soprattutto nelle aree del Paese in cui la disoccupazione giovanile tocca picchi drammatici l’esperienza è considerata da molti un’opportunità di guadagno da cogliere al volo fino a quando non si trova un’occupazione “vera”.
Qual’ è il settore più rappresentativo del servizio civile?
È il settore dell’assistenza che assorbe in media il 60% dei volontari. Questo dato denota una cosa sola: il nostro welfare ha delle significative carenze nei servizi assistenziali alla persona. Se consideriamo il dato del 2011, 19.705 ragazzi che hanno beneficiato del servizio civile, ed estraiamo la quota del 60%, otteniamo la cifra di 11.823, quindi un ammanco di forza lavoro nel suddetto settore? Con tali cifre non si dovrebbe pensare allora a volontari, a cui spettano un compenso misero di € 14,46 netti giornalieri, per un totale di € 433,80 netti mensili: in tempi come questi di grave disoccupazione, i 75 milioni di euro all’anno potrebbero essere impiegati per assunzioni. I servizi alle persone, per esempio disabili, necessitano di professionisti preparati (non di volontari), di continuità assistenziale, di progetti a lungo raggio e di ampio respiro. La soluzione non può essere trovare rattoppi o tappabuchi col volontariato.
Cosa è realmente volontariato?
Il volontariato è una nobile missione che dovrebbe esprimersi entro certi limiti, come senso civico di gestione altruistica del tempo, donando parte di sé alla società. Quando però il tempo richiesto comporta un impegno che non ha nulla a che vedere col tempo libero, quando l’attività diventa centrale nell’arco della giornata, io lo definisco lavoro! Il servizio civile è la forma attuale della vecchia obiezione di coscienza, e il volontario in ferma breve è la forma attuale del servizio militare, in entrambi i casi siamo di fronte a due categorie di volontariato. Ma esiste parità di trattamento?
Due pesi due misure!
Quanto guadagna un volontario nelle forze armate? Che tipo di inquadramento contrattuale gli è riconosciuto? Ecco quanto si può apprendere dal sito della marina militare per esempio:
Durata 12 mesi
Status Rapporto d’impiego temporaneo
Trattamento economico circa 850 € mensili, pari al 60% dello stipendio dei volontari in servizio permanente
Credo sia chiara la disparità di trattamento tra le due categorie di volontariato. C’è di più, una contraddizione in termini: un volontario delle forze armate ha rapporto d’impiego, con tutti i benefici che ne derivano, quindi non è un volontario! Insomma, tra investire su progetti sociali e umanitari, per esempio su una persona anziana o disabile che necessita di essere accompagnato, e un militare che, oltre al pagamento dello stipendio bisogna aggiungere i costi sulle divise, del vitto, ecc., la scelta su cosa preferisce investire e privilegiare lo Stato mi sembra chiara. Almeno, una volta, quando c’era il servizio militare obbligatorio, il compenso giornaliero tra militari e obiettori era identico!
Conclusione
Sicuramente nel mezzo esistono esperienze positive per fortuna, ma non è difficile e faticoso trovare oggi, altrettante esperienze che ci dicono come ancora piovono mucche, e nell’attesa che possano giungere tempi migliori, di buon auspicio è la frase di un famoso film: non può piovere per sempre!
* Assistente sociale, Ordine della Regione Puglia
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