Immigrazione, “disumanizzazione” e professioni sociali e sanitarie

di Alessandro Bono

Immigrazione e sentire comune

Sembra oramai un fatto accettato che la maggioranza dei nostri connazionali abbia acquisito schemi mentali per cui gli immigrati che sbarcano in Europa siano “invasori”, in genere nullafacenti, pericolosi, atti a delinquere e giungano nel nostro Paese per sottrarre diritti agli italiani. Basta entrare in un bar, salire su di un autobus o anche purtroppo confrontarsi con conoscenti amici e colleghi per recepire come in sostanza vengano considerati esseri “non umani” (si consenta l’estremizzazione) e privi di diritti (compresi i bambini che fino a pochi anni fa venivano comunque “salvati” da questi discorsi giudicanti).

Si chiede che le persone immigrate rimangano a casa loro e non vengano ad “invadere” le nostre terre, trascurando il fatto che noi “a casa loro” (Africa e non solo) ci andiamo eccome da secoli per importare forza lavoro gratuita (gli schiavi), per l’oro, il petrolio, i diamanti, il cobalto, le nuove colture alimentari imposte e per vendere armi e così via.

Disumanizzazione e “valori occidentali”

Posto che è logico (perfino banale) che chi commette attività delittuose vada legalmente perseguito, sia italiano che straniero, si intravede il rischio che alcune posizioni estreme, l’uso di un certo linguaggio e l’assenza di qualunque forma di compassione verso l’altro alla fine abbiano come conseguenza quello di “disumanizzarci” ed abituarci alla “disumanizzazione”.

La modalità con le quali viene affrontata la questione immigrazione dalla pubblica opinione, suscita una serie di riflessioni che hanno attinenza più con l’etica, l’antropologia e la filosofia che con le diverse posizioni politiche e partitiche.

Proseguendo per questa strada, oggi sono gli immigrati ad essere visti come “non umani”, ma domani lo stesso atteggiamento collettivo privo di pietà potrà essere rivolto verso altre “categorie” di persone vulnerabili e fragili anche italiane ed infine verso chi viene considerato scomodo, inutile per la collettività. Del resto qualcosa si intravede già: in alcune città anche le persone senza dimora italiane sono destinatarie di provvedimenti repressivi solo perché hanno frugato nei bidoni della spazzatura.

Parliamo molto, e a sproposito, della civiltà e dei valori occidentali. Ma tra i valori occidentali spiccano anche quelli del cristianesimo sociale, del socialismo democratico, dell’illuminismo e della ragione, che sembrano però purtroppo completamente scomparsi oggi nel sentire comune. A quali “valori della civiltà occidentale” ci ispiriamo?

Il punto centrale probabilmente non immediatamente colto è che la questione non riguarda gli immigrati, che le problematiche relative al loro arrivo fungono solo da fattore scatenante di quella che pare essere una regressione antropologica, una crisi di quelli che sono appunto proprio i “valori occidentali” (tanto declamati a vuoto) della democrazia, del rispetto, dei diritti umani, dell’uguaglianza…Dopo gli immigrati verranno altre vittime designate e in un certo momento il cittadino più astioso nei confronti dei nuovi arrivati potrebbe accorgersi di essere lui al centro del mirino, di essere lui il nuovo reietto da escludere.

Sicurezza (interventi di polizia) e sicurezza sociale

Problemi sociali e sanitari vengono affrontati solo come fossero questioni di ordine pubblico. Ma siamo sicuri che a lungo andare la collettività intera abbia da “guadagnarci” con il diffondersi di questa aridità interiore? O è invece possibile che rischiamo seriamente di minare le basi del vivere pacifico comune e del futuro delle nostre società?

Come operatori sociali e sanitari non siamo purtroppo esenti da questo clima. Non è raro sentire professionisti esprimersi appunto “come al bar”, usando categorie che evidenziano una totale assenza di cultura ed elaborazione umana e professionale.

Gli operatori sociali e sanitari che ancora non sono stati fagocitati da una “visione” di questo tipo, dovrebbero però avere un ruolo di promotori di una cultura di tipo diverso; ci si chiede se le associazioni professionali e di categoria possano fare di più in questo senso, farsi promotrici di un discorso che riproponga con forza i valori umani e sociali che stanno (o stavano?)  alla base del nostro lavoro:

  • evidenziare il senso del Welfare e dei Servizi Socio Sanitari di pubblica utilità, di come sono nati e del perché siano nati…
  • cercare di diffondere l’idea che esistono problematiche individuali e collettive che possono disorientare ma che non possono essere affrontate solo con gli strumenti della repressione.
  • riproporre l’idea che “sicurezza” vuol dire anche sicurezza sociale, diritti collettivi, politiche sociali e sanitarie, servizi che includano e tolgano dalla povertà materiale e culturale (oggi per sicurezza si intendono solo interventi di polizia).

Stiamo parlando di noi, dell’essere umano

Quando si parla dell’immigrazione e della persona immigrata in realtà stiamo parlando di noi, dei nostri valori, di come vediamo il mondo, i rapporti umani, l’organizzazione delle nostre società, del nostro futuro, del futuro dei nostri figli e nipoti; parliamo di come intendiamo affrontare problematiche senza dubbio complesse, difficili, che portano con sé anche disagio ed “insicurezza”. Parliamo di come intendiamo porci nei confronti di chi in quel momento è più debole ed indifeso. Parliamo di quando saremo noi i deboli ed i potenziali esclusi anche solo per motivi legati all’età.  E parliamo anche di noi professionisti del sociale e del sanitario, di come ci siamo un po’ troppo “adeguati” alla corrente.e di come  abbiamo perso quella carica innovativa, di sfida e per il cambiamento che sta (stava) alla base della scelta di intraprendere un percorso lavorativo (e personale).

*Educatore Professionale

 

Note Bibliografiche

  • Albarea R., Izzo D., Manuale di pedagogia interculturale, Edizioni ETS, Pisa 2002.
  • Bairoch P., Rivoluzione industriale e sottosviluppo, Einaudi, Torino 1967.
  • Balducci E., Il sogno di una cosa. Dal villaggio all’età planetaria, Giunti, Prato 2006.
  • Bono A., Da Sud a Nord. Modelli di educazione popolare per una società aperta, plurale e consapevole, Sensibili alle Foglie, Acqui Terme, 2009.
  • Bordieu P., Campo del potere e campo intellettuale, Manifestolibri, Roma 2002.
  • Braudel F., Civiltà materiale, economia e capitalismo, Einaudi, Torino 1993.
  • Castel R., L’insicurezza sociale, Einaudi, Torino 2004.
  • Dal Fiume G., Un’altra storia è possibile. Scontro di civiltà, consenso sociale, globalizzazione, Bollati Boringhieri, Torino 2005.
  • Fanon F., I dannati della terra, Edizioni di Comunità, Roma 1961.
  • Freire P., La Pedagogia degli oppressi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2002.
  • Friere P., Gadotti M., Guimaraes S., Pedagogia: dialogo e conflitto, SEI, Torino 1995.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *