I disturbi del sonno nella demenza, quali soluzioni?

di Francesca Morganti*, Bruno Cantini**

 

 

 

Il sonno riveste una funzione biologica molto importante per l’essere umano. Costituisce infatti il tempo necessario per il ripristino delle energie, oltre che quello necessario alle cellule nervose per smaltire tutta la produzione di scarti cerebrali che potrebbero risultare tossici per l’organismo. A questo scopo, le più recenti ricerche scientifiche mostrano come una corretta igiene del sonno svolga una funzione protettiva, soprattutto nel caso di insorgenza di malattie neurodegenerative (Zhang et al., 2014). La perdita di sonno sembra infatti determinare la morte di circa il 25% nelle cellule neuronali provocando al sistema nervoso un danno irreversibile (Sprecher et al., 2017). Nell’arco di vita le ore di sonno tendono ad occupare una porzione considerevole nell’infanzia e nell’adolescenza, a mantenersi stabili nell’età adulta e, infine, a ridursi nell’età anziana. Le modificazioni quantitative e qualitative osservabili nell’età anziana in un normale processo di invecchiamento si manifestano con un ritardo nell’ addormentamento, una riduzione della durata del sonno notturno, con un aumento della frammentazione del sonno (numerosi risvegli notturni) e con una maggiore tendenza al sonno durante il giorno. La maggior parte dei cambiamenti nel sonno legati all’età sono stabili dopo i 60 anni e riconducibili ad una diminuzione del sonno profondo, meglio definito come ad onde lente (Li, Vitiello, Gooneratne, 2018). Questi cambiamenti, oltre che dall’avanzare dell’età e dalla comorbidità con altre patologie, sono determinanti dalle numerose modifiche nello stile di vita e nell’impegno sociale delle persone in età anziana.

Recentemente in ambito sanitario è stato possibile osservare un quadro di forte correlazione tra i disturbi del sonno e il processo neurodegenerativo patologico, con particolare attenzione alle demenze. Se da un lato, infatti, le disfunzioni del sonno rappresentano un marcatore precoce di degenerazione neuronale (Shi et al., 2018), dall’altra le stesse alterazioni del ritmo sonno-veglia sono da considerarsi parte integrante del processo neurodegenerativo. Nei differenti quadri dementigeni, pertanto, è possibile osservare differenti modalità di disgregazione dl ritmo sonno-veglia (Guarnieri et al., 2012). Nella demenza di Alzheimer l’incidenza alterazione del ciclo sonno-veglia è circa del 66% e si manifesta con frequenti risvegli notturni, massima agitazione nelle ore serali, sonno eccessivo durante il giorno, e difficoltà nell’addormentamento. Inoltre, i disturbi del sonno includono anche disturbi comportamentali, quali vagabondaggio notturno, agitazione, aggressività, confusione e disorientamento. Altre condizioni che possono contribuire alla frammentazione del sonno in pazienti con Alzheimer includono disturbi periodici del movimento degli arti, sindrome delle gambe senza riposo e sindrome da apnea ostruttiva del sonno. In un’altra forma di demenza largamente diffusa, la demenza cardio-vascolare, è generalmente l’apnea ostruttiva che si manifesta durante il sonno a costituire il più frequente disturbo del ritmo sonno-veglia. Alcuni studi mostrano anche che proprio il manifestarsi di una marcata sonnolenza diurna possa essere fortemente predittiva per l’insorgenza di una demenza cardio-vascolare. Nella forma di demenza che colpisce maggiormente le aree frontali e temporali della corteccia cerebrale, infine, alcuni studi hanno mostrato che il 76% dei pazienti con questa tipologia di demenza soffre di disturbi del sonno caratterizzato essenzialmente da un aumento dell’attività motoria notturna e una diminuzione di quella mattutina. Anche nella fase di possibile transizione tra un declino cognitivo lieve (definito in inglese Mild Cognitive Impairment e conosciuto internazionalmente con la sigla MCI) e una demenza conclamata si osserva una prevalenza di disturbi del sonno circoscritti l’ultima delle 5 fasi macroscopiche in cui è diviso il sonno stesso (Wolpert, 1969) caratterizzato da totale immobilità motoria e rapidi movimenti oculari – in inglese Rapid Eye Movement da cui l’acronimo REM (McKinnon et al., 2014).

Le difficoltà di gestione nella fase notturna, che scaturiscono a partire dal manifestarsi dei disturbi del sonno nella persona con demenza, costituiscono spesso uno dei principali ostacoli alla convivenza famigliare. Generano, infatti, eccessiva stanchezza in coloro che si prendono cura del malato e generalmente aggravano problemi già presenti all’interno della relazione di cura. A partire da questa situazione, spesso, chi è responsabile della maggior parte del carico assistenziale, non riuscendo a sopportare il costante bisogno di cure ed attenzioni dell’assistito, propende per una precoce istituzionalizzazione della persona con demenza.

Con l’obiettivo di fornire un supporto professionale alla corretta gestione dei disturbi del sonno nella demenza nel 2019 nasce il Centro Notturno Alzheimer (CNA) presso l’istituto Caprotti Zavaritt di Gorle (BG) ad opera di Bergamo Sanità, con la supervisione scientifica del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo. Il centro ha come principale obiettivo quello di fornire una soluzione personalizzata al ripristino della qualità del sonno notturno in persone con demenza attraverso la presa in carico del paziente da parte di una equipe multidisciplinare (medico geriatra, psicologo, educatore, oss e fisioterapista). L’intero percorso viene sviluppato e costantemente monitorato da una cabina di regia costituita dai diversi attori del progetto[1]. Dopo una prima valutazione a domicilio che comprende, oltre alla visita geriatrica, anche un’analisi delle dimensioni relazionali e ambientali che determinano le condizioni di riposo del malato, quest’ultimo viene accolto presso il CNA in orario notturno (dalle 20 alle 8 del mattino dopo, per un massimo di 10 notti consecutive). In questa fase gli operatori qualificati, propongono all’assistito buone pratiche personalizzate volte al ripristino di una corretta igiene del sonno e trattamenti non farmacologici appositamente calibrati per favorirne il rilassamento e il riposo notturno. Al termine di questo percorso, con il rientro definitivo a domicilio, ha inizio la fase di monitoraggio dei risultati raggiunti e un tutoraggio rivolto ai familiari/caregiver per favorire la continuità dei risultati raggiunti al CNA.

Come servizio innovativo e, ad oggi, unico in Italia, il CNA è oggetto di osservazione sperimentale da parte di Università di Bergamo al fine di comprovarne la validità scientifica dei metodi e trattamenti non farmacologici utilizzati. Nella sua fase pilota questa sperimentazione ha osservato l’accesso di 14 pazienti con diagnosi di demenza, di cui 6 hanno mostrato di soddisfare i criteri di inclusione previsti dal protocollo. Questi ultimi sono stati valutati in ingresso e in uscita attraverso scale standardizzate volte ad indagare i disturbi del ritmo sonno-veglia (Pittsburgh Sleep Quality index, Curcio et al. 2013) e i disturbi comportamentali nella demenza (Neuro Psychiatric Inventory – NPI-Diario, Morganti et al. 2018) con particolare attenzione alle dimensioni di agitazione, irritabilità e qualità del sonno. I dati raccolti, seppur in un campione troppo esiguo per poter mostrare alcuna significatività statistica, hanno evidenziato delle variazioni nelle componenti comportamentali sopra descritte e modificazioni sostanziali nell’ora di addormentamento e nel numero di ore dormite per notte. Questi primi risultati sembrano essere in linea con gli studi internazionali che riportano un miglioramento clinico nelle persone con demenza a seguito di un intervento professionale focalizzato al ripristino di una buona igiene del sonno (Kinnunen, Vikhanova, Livingston, 2017). Inoltre, la valutazione delle modifiche delle abitudini a domicilio, monitorate attraverso apposite schede osservative definite nel protocollo, ha mostrato come, qualora i familiari dei pazienti presi in carico dal CNA abbiano seguito le indicazioni fornite loro nella fase a domicilio, i pazienti sembrano aver stabilizzato il loro ritmo sonno veglia ripristinando una buona qualità del sonno.

Con lo specifico obiettivo di monitorare puntualmente lo stato di agitazione/riposo della persona con demenza nelle fasi a domicilio (diurne e pre-post CNA) evitando il più possibile interferenze da parte degli operatori, nella successiva fase di sperimentazione che avrà inizio nei prossimi mesi, il monitoraggio continuo della condizione di movimento (veglia) e di marcata riduzione di movimento (sonno) verrà effettuata con actigrafia (monitoraggio protratto) a cura di AVANIX-OiX Care. In questo modo si potrà valutare quantitativamente, oltre che qualitativamente, il ritmo sonno-veglia della persona con demenza e le sue variazioni in seguito a trattamento. Questa valutazione non verrà circoscritta solo alle fasi pre-post inserimento al centro, ma anche durate la stessa presa in carico, analizzando con maggiore puntualità se gli interventi volti a favorire una igiene del sonno nel paziente durante le fasi notturne al CNA stanno avendo un effetto immediato nelle fasi diurne di ritorno al domicilio.

In conclusione, possiamo affermare che l’intervento previsto dal CNA, nella sua proposta innovativa, ha l’obiettivo di far fronte ad un problema che troppo spesso viene posto in secondo piano nel trattamento dei sintomi che affliggono le persone con demenza, ma che si è visto avere un forte impatto sulla relazione tra malato e caregiver fino a provocarne, a volte, una non corretta gestione a domicilio. Contemporaneamente, l’istituzione di un centro specializzato per il trattamento non farmacologico dei disturbi sonno-veglia nella persona con demenza, che utilizza tecnologie innovative per la raccolta dei dati e si sottopone a validazione scientifica degli interventi, è da considerarsi pionieristico nel panorama nazionale.

 

Bibliografia

  • Curcio, G., Tempesta, D., Scarlata, S., Marzano, C., Moroni, F., Rossini, P. M., … & De Gennaro, L. (2013). Validity of the Italian version of the Pittsburgh sleep quality index (PSQI). Neurological Sciences34(4), 511-519.
  • Guarnieri, B., Adorni, F., Musicco, M., Appollonio, I., Bonanni, E., Caffarra, P., … & Ferrara, S. (2012). Prevalence of sleep disturbances in mild cognitive impairment and dementing disorders: a multicenter Italian clinical cross-sectional study on 431 patients. Dementia and geriatric cognitive disorders33(1), 50-58.
  • Kinnunen, K. M., Vikhanova, A., & Livingston, G. (2017). The management of sleep disorders in dementia: an update. Current opinion in psychiatry30(6), 491-497.
  • Li, J., Vitiello, M. V., & Gooneratne, N. S. (2018). Sleep in normal aging. Sleep medicine clinics13(1), 1-11.
  • McKinnon, A., Terpening, Z., Hickie, I. B., Batchelor, J., Grunstein, R., Lewis, S. J., & Naismith, S. L. (2014). Prevalence and predictors of poor sleep quality in mild cognitive impairment. Journal of geriatric psychiatry and neurology27(3), 204-211.
  • Morganti, F., Soli, A., Savoldelli, P., & Belotti, G. (2018). The Neuropsychiatric Inventory-Diary Rating Scale (NPI-Diary): A Method for Improving Stability in Assessing Neuropsychiatric Symptoms in Dementia. Dementia and geriatric cognitive disorders extra8(3), 306-320.
  • Polenick, C. A., Leggett, A. N., Maust, D. T., & Kales, H. C. (2018). Medical care tasks among spousal dementia caregivers: links to care-related sleep disturbances. The American Journal of Geriatric Psychiatry26(5), 589-597.
  • Shi, L., Chen, S. J., Ma, M. Y., Bao, Y. P., Han, Y., Wang, Y. M., … & Lu, L. (2018). Sleep disturbances increase the risk of dementia: a systematic review and meta-analysis. Sleep medicine reviews40, 4-16.
  • Sprecher, K. E., Koscik, R. L., Carlsson, C. M., Zetterberg, H., Blennow, K., Okonkwo, O. C., … & Bendlin, B. B. (2017). Poor sleep is associated with CSF biomarkers of amyloid pathology in cognitively normal adults. Neurology89(5), 445-453.
  • Wolpert, E. A. (1969). A Manual of Standardized Terminology, Techniques and Scoring System for Sleep Stages of Human Subjects. Archives of General Psychiatry20(2), 246-247.
  • Zhang, J., Zhu, Y., Zhan, G., Fenik, P., Panossian, L., Wang, M. M., … & Veasey, S. (2014). Extended wakefulness: compromised metabolics in and degeneration of locus ceruleus neurons. Journal of Neuroscience34(12), 4418-4431.

 

*Professore associato di Psicobiologia e Psicologia fisiologica presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo.

**Assistente sociale specialista.

***Sono parte della cabina di regia Luca Fasulo (Presidente Istituto RSA Caprotti Zavaritt), Delia Zanga (Consigliere Istituto RSA Caprotti Zavaritt), Paolo Versace (Direttore Istituto RSA Caprotti Zavaritt), Stefano Ghilardi (Presidente Cooperativa Bergamo Sanità), Giancarlo Magoni (Medico Geriatra Cooperativa Bergamo Sanità), Vanna Cerin (Oss referente Cooperativa Bergamo Sanità), Bruno Cantini (Project Manager Cooperativa Bergamo Sanità), Ivo Cilesi (Consulente supervisore, Presidente IER), Francesca Morganti (Consulente scientifico Università di Bergamo), Maurizio Brignoli (Co-founder CTO Avanix srl).

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