Cittadini attivi nel territorio

La trasformazione dei Centri Diurni per persone con disabilità in Servizi Diurni Territoriali

a cura di Guido Bodda*

Il decalogo

Nel febbraio 2015 il Gruppo Studio Disabilità dell’APS La Bottega del Possibile ha presentato all’Assessorato alle Politiche Sociali, della famiglia e della casa della Regione Piemonte il Decalogo sui Servizi Diurni Territoriali.
Il documento, elaborato con il contributo del Coordinamento Servizi Aera Disabilità cintura di Torino e sostenuto dal Coordinamento Regionale degli Enti Gestori dei Servizi Sociali, è la sintesi, in forma di linee guida, delle riflessioni degli operatori sugli imprescindibili orientamenti da considerare di fronte alla domanda “come trasformare i centri diurni per persone con disabilità?”.
Il decalogo è stato già descritto ed esaminato in un precedente articolo pubblicato su Prospettive Sociali e Sanitarie (1) e vorremmo qui richiamare alcune parole chiave, intorno alle quali nel 2018 la Cooperativa Il Sogno di una Cosa, in partnership con il consorzio Con.I.S.A. Valle di Susa, l’ASLTO3 , la Cooperativa Il Riccio scs ed i Comuni di San Giorio e Bussoleno, ha avviato un progetto di sperimentazione nel territorio della Val Susa in provincia di Torino, per tradurre concretamente i principi in prassi operative e verificare la fattibilità dell’evoluzione dei centri diurni nella direzione indicata dal Decalogo.
I principi cardine privilegiati nella prima fase del progetto, intitolato “I care Val Susa” e sostenuto dalla Compagnia di San Paolo attraverso il bando InTreCCCi sono:

  • Centralità della persona nei suoi diritti e desideri e pluralità di offerte di attività e percorsi (art. 1)
  • Valutazione partecipata (art. 2)
  • Regia pubblica e coprogettazione tra soggetti diversi (art. 3)
  • Sperimentazione/innovazione per creare sistema (art. 4)
  • Coinvolgimento cooperativo di risorse comunitarie (art. 5)
  • Continuità del progetto di vita (art. 7)
  • Sviluppo di processi partecipativi e sistemi di alleanze con la comunità (art. 8)
  • Supporto della persona e della famiglia in particolar modo nei percorsi di autonomia (art. 9)
  • Facilitazione dei processi di inclusione sociale (art. 10).

Il progetto
La filosofia alla base del progetto, rivolto a 27 persone con disabilità e alle loro famiglie, si fonda sulla visione delle persone con disabilità e dei servizi che se ne occupano come risorsa, come soggetti attivi, partecipi e generativi all’interno della comunità, in un’ottica di scambio. Questo innanzitutto attraverso lo sviluppo di quelli che abbiamo chiamato “Cantieri per l’Inclusione territoriale” (C.I.T.).
I C.I.T. sono “microservizi” per persone con disabilità intellettiva lieve o media ubicati in strutture destinate a servizi pubblici, spazi “non dedicati” alla disabilità, nel nostro caso le biblioteche di San Giorio e Bussoleno. La loro mission è “realizzare progetti di impegno civico” a favore della cittadinanza, quali ad esempio:
tenere aperta la biblioteca in giorni in cui sarebbe chiusa, servizio di consegna a domicilio di libri agli anziani, gestione postazioni di book crossing;
attività con le scuole, aiuto nella mensa, laboratori didattici, di lettura e cineforum;
attività di cura degli spazi verdi e arredi urbani comunali, attività di cura dell’ambiente, in collaborazione con associazioni quali Legambiente;
Oltre ai C.I.T., cuore del progetto, sono state realizzate le seguenti azioni:
Apertura dei Servizi diurni al territorio – offerta di servizi sanitari, attività laboratoriali, ludiche e culturali alla cittadinanza.
Lavoro di comunità – promozione di una rete di “aziende solidali”, disponibili a collaborare con i servizi e con le persone con disabilità; promozione dei “patti con il territorio”, che sanciscono il rapporto di collaborazione con enti pubblici, associazioni etc; creazione di un gruppo di volontari.
Training per l’autonomia, l’adultità e l’autodeterminazione – percorso teorico pratico finalizzato ad accompagnare le persone con disabilità nella transizione verso la vita adulta, con sperimentazioni sull’abitare la casa, abitare il territorio e sull’operosità e il lavoro.
Percorso di ascolto, supporto, orientamento e coprogettazione con le famiglie – attraverso incontri di gruppo a tema e con l’offerta di consulenze e servizi (a domicilio e non) ad un costo calmierato.

Cosa è emerso
Al fine di valorizzare l’esperienza attraverso un sistema di valutazione esterna e scientifica, è stata affidata al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino la valutazione degli interventi previsti. In particolare il gruppo di ricerca del Dipartimento di Psicologia, coordinato dalla prof.ssa Angela Fedi, con la collaborazione della dott.ssa Mara Martini e della dott.ssa Elisa Bergagna, si è occupato di monitorare e valutare:

  1. i processi e le pratiche messi in atto;
  2. i risultati attesi e quelli ottenuti, rispetto all’inclusione e al sostegno alla domiciliarità delle persone con disabilità, al supporto alle famiglie e all’impatto sulla comunità.

Sono stati utilizzati metodi quantitativi (questionari), qualitativi (interviste e focus group) e misti (analisi delle reti) differenziati e combinati in relazione ai diversi destinatari (persone con disabilità, famiglie, comunità).
Pur essendo ancora in corso la raccolta dei questionari di fine progetto, si può affermare che il progetto ha avuto esiti indubbiamente positivi e che gli outcomes indicati in sede di progettazione sono stati in buona misura ottenuti.
Per le persone con disabilità intellettiva meno grave, in particolare, si può affermare che sia dall‘incontro diretto con i/le destinatari/e, sia dalla testimonianza delle famiglie e delle persone incontrate come testimoni privilegiati, emerge la percezione sia di maggiore coinvolgimento nel contesto sociale, sia una crescita delle competenze pratiche e, ancor più, la consapevolezza di tali competenze e dell’autostima. Ancora più significativa sembra essere stata la crescita delle competenze relazionali.
Rispetto alle famiglie, a fine progetto è aumentata la percezione di supporto rispetto alla situazione iniziale, sia da parte dei servizi sia dalla rete di famiglie con difficoltà simili alle proprie.
Per quel che riguarda, infine, la comunità, si può affermare che il progetto ha offerto alcune prime occasioni di visibilità e quindi di potenziale inclusività per le persone con disabilità che, almeno da alcuni, possono essere percepite come risorse.
E’ nostra intenzione riportare più estesamente in un futuro articolo i risultati del progetto.

Conclusioni
Attraverso il progetto siamo riusciti a mettere in pratica e sperimentare tutti i punti previsti dal decalogo, con risultati a nostro avviso molto positivi, relativi in particolare a tre aspetti:
un significativo incremento della rete di rapporti e di collaborazioni con associazioni, scuole, aziende e realtà, collaborazioni incentrate sulla logica dello “scambio” e della crescita reciproca, in un’ottica di sviluppo della comunità;
la percezione da parte delle persone con disabilità di poter essere risorsa e divenire “generative”, fuori dalla logica assistenziale, oltre che l’aumento della loro autodeterminazione e consapevolezza rispetto alla vita adulta;
l’aumento della fiducia e del dialogo con le famiglie, fattore che fa ben sperare nella possibilità di iniziare con loro un percorso di coprogettazione.
Certamente molto resta ancora da fare, soprattutto per far conoscere il progetto a quella parte della popolazione della valle che ancora non lo conosce, ma anche per rafforzare ed ampliare i risultati acquisiti. Siamo però determinati a continuare sulla strada intrapresa, nella convinzione che gli sforzi che stiamo facendo per promuovere la cittadinanza attiva e l’inclusione delle persone con disabilità siano in realtà a beneficio di tutti.
Perché una società che vede nella fragilità e nel limite non solo un problema ma anche un’occasione è una società più civile, più sviluppata e in definitiva più felice.

(1) “Dieci proposte per i servizi diurni territoriali per la disabilità”, 2.2, maggio 2016

*progettista, formatore e membro del cda della coop. sociale Il Sogno di una Cosa

Alla stesura dell’articolo hanno collaborato:

Franco Marengo, vicepresidente della coop. sociale Il Riccio;

Angela Fedi, Professoressa Associata;  Elisa Bergagna, Borsista di Ricerca; Mara Martini, Cultrice della materia, del Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino

Maggior sostenitore:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *