Animazione a distanza per persone con disabilità durante la pandemia di Covid-19

di Silvia Casaroli* e Paolo Pantrini**

Premessa

Trascorso un anno dall’inizio del primo lockdown è utile avviare una riflessione sui cambiamenti innestati all’interno dei servizi alla persona, ponendo in rilievo gli elementi essenziali e i fattori che hanno favorito la resilienza, oltre che i fattori di crisi. Il presente contributo si propone di descrivere la trasformazione della rete di servizi dell’associazione As.So.Fa analizzandone gli sviluppi ed evidenziando gli aspetti che possono essere di interesse per la comunità professionale e le realtà analoghe.

Il contesto

As.So.Fa. è un’Organizzazione di Volontariato operativa nella provincia di Piacenza (Emilia Romagna) nel settore dei servizi rivolti a persone con disabilità, sia territoriali che residenziali; in convenzione con l’Azienda Usl e diversi comuni del territorio gestisce laboratori e interventi per il tempo libero raggruppati nella Scuola dell’Autonomia, un Centro Socio Occupazionale (CSO), un gruppo appartamento sperimentale e percorsi individualizzati per minori con disabilità grave. All’interno di tali servizi sono presenti persone di ogni età, con disabilità sia fisiche che intellettive che relazionali, di differente gravità.

È utile evidenziare il modello d’intervento adottato per comprendere come poi questo abbia favorito una determinata trasformazione dei servizi:

  • una logica relazionale di rete che valorizza il legame con le risorse formali e informali del territorio, le competenze delle famiglie e il ruolo determinante, non ancillare, del volontariato inteso come esperienza comunitaria;
  • la Globalità dei Linguaggi, disciplina della comunicazione finalizzata allo sviluppo dei potenziali umani mediante l’ArteTerapia, secondo il metodo delineato da Stefania Guerra Lisi.

L’inizio della fase 1: parte il progetto “Semi di Felicità”

A partire dal 22 febbraio, nel rispetto delle ordinanze regionali, tutte le attività in presenza sono state sospese. Inizia quindi una fase di riflessione e ripensamento della presa in carico che porta alla riorganizzazione “a distanza” degli interventi. La riprogettazione degli interventi è stata il frutto di una intensa interazione con l’Azienda Usl di Piacenza, in particolare l’Unità Operativa “Psichiatria di Collegamento”, e l’Università Popolare di MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi; il progetto si è poi sviluppato come una ricerc-azione e, adottando un approccio dialogico e partecipato, ha coinvolto le stesse famiglie delle persone con disabilità. Non vi è quindi stata una progettazione strutturata e articolata per fasi. Non era infatti possibile comprendere come si sarebbe evoluto il lockdown, quali bisogni sarebbero emersi, come avrebbero reagito le persone con disabilità e le loro famiglie. E certamente non era possibile calare interventi dall’altro secondo formule deterministiche e standardizzate; di conseguenza pian piano si è adottata la tattica più idonea a rispondere ai bisogni evitando di stendere inutili strategie.

In principio era l’ascolto

“Semi di Felicità” è partito con l’attento ascolto dei vissuti e delle necessità delle persone con disabilità e delle loro famiglie: in questo primo periodo il fulcro dell’intervento sociale ed educativo è stato l’ascolto a 360 gradi, delle parole come del corpo, delle emozioni e dell’espressione non verbale, un ascolto finalizzato non a proporre soluzioni ma a facilitare l’altro nel trovare gli strumenti necessari a fronteggiare il nuovo contesto di vita, esprimendo la propria arte di vivere, accomodandosi non adattandosi. Non è stata quindi casuale la preferenza rivolta alle videochiamate, utili per integrare comunicazione verbale e non verbale oltre che condividere creazioni artistiche o musicali.

È stato poi pensato un sistema di scambio e condivisione online. A tale scopo è stata scelta l’app Padlet mediante la quale sono state attivate due piattaforme chiuse, una rivolta principalmente alle famiglie con tutorial, documenti e materiali e una rivolta a famiglie e persone con disabilità per condividere foto, creazioni artistiche, video e pensieri.

Animazione a distanza nella Globalità dei Linguaggi

Il passaggio successivo è stato l’inizio degli interventi in streaming mediante l’animazione intesa come sviluppo dei potenziali comunicativi ed espressivi della persona in una dimensione sociale e collettiva.
I percorsi di animazione sono strutturati in piccoli gruppi, composti da circa 5-6 persone che facilitati e condotti dagli educatori realizzano attività come disegno, arte, bricolage, ginnastica dolce. La maggior parte di questi percorsi vedevano coinvolto il gruppo appartamento sperimentale dalla cui sede erano realizzati gli interventi. L’obiettivo dei gruppi era dare continuità ai percorsi in presenza interrotti portandoli nel nuovo e diverso contesto di vita facilitando i partecipanti nel trovare un proprio stile per accomodarsi in una situazione sicuramente non facile.
L’intervento educativo si è posto l’alto fine di favorire l’espressione dell’arte di vivere, non quindi un adattamento al contesto, un negativo trovare la propria collocazione, ma un accomodamento. Conseguentemente è stato importante strutturare gli interventi sul gruppo e non sui singoli, in quanto la dimensione del gruppo favorisce l’espressione, la continuazione delle relazioni, lo scambio di esperienze e vissuti. Il gruppo è molto di più che la somma dei partecipanti. Attraverso il gruppo è stato possibile innescare meccanismi di empowerment, favorire l’espressione delle risorse necessarie al fronteggiamento delle avversità incontrate.
Non si deve tralasciare la dimensione della corporeità valorizzata mediante il lavoro manuale, l’espressione artistica, l’attività motoria. L’animazione della persona, il processo di empowerment non può non considerare la fisicità che ne è parte integrante, che ne esprime il talento e che spesso è un canale comunicativo.

La conduzione e facilitazione dei gruppi non è però stata l’unica mansione degli operatori. Si è infatti reso necessario tutto un lavoro propedeutico di organizzazione, in parte già avviato nell’ascolto preliminare. E’ stato infatti essenziale ascoltare le famiglie e le persone coinvolte, comprendere i percorsi più appaganti e definire orari comodi per diverse famiglie.

Dato il numero di famiglie abbastanza elevato non è stato semplice considerando anche tutte le criticità vissute da un nucleo con una o più persone con disabilità, la fatica del lockdown e le complicazioni date dagli strumenti digitali (difficoltà d’uso, connessioni instabili, crash degli applicativi…). In alcuni casi è stato anche necessario reperire la strumentazione tecnologica per alcune famiglie che ne erano sprovviste: un appello alla cittadinanza ha portato alla donazione di diversi tablet di seconda mano. In seguito le famiglie sono state anche formate all’uso dei dispositivi ricevuti.

Una crisi che diventa opportunità

Il progetto “Semi di Felicità” ha attivato alcuni significativi processi sia nell’organizzazione dei servizi As.So.Fa. che nelle modalità operative dei professionisti coinvolti. Una situazione di crisi è stata sicuramente un’opportunità per implementare nuove possibilità di intervento e riflettere sul senso del proprio agire come operatori sociali. Ecco i principali processi rilevati:

  • la trasformazione del ruolo dell’operatore sociale, passato da una quotidianità scandita dalla prossimità ad un intervento mediato dalle tecnologie comunicative in cui attraverso la relazione si facilita la famiglia e la persona con disabilità nell’identificazione e attivazione delle risorse necessarie per gestire la crisi e ritrovare il proprio benessere. L’intervento a distanza ha portato a superare ogni residuo di logica assistenziale e sostitutiva calibrando l’intervento in un’ottica concretamente relazionale e finalizzata a sostenere l’empowerment dei beneficiari portandoli a fronteggiare la situazione;
  • l’attivazione delle famiglie che hanno cessato, grazie all’animazione a distanza, di sentirsi sole in balia degli eventi e hanno assunto un ruolo attivo. Hanno collaborato all’avvio del progetto e alla realizzazione dei laboratori e dei percorsi, trovando le risorse per fronteggiare una situazione repentina e inaspettata;
  • l’implementazione delle tecnologie digitali nel lavoro sociale, la grande novità portata dal lockdown. Attività sempre svolte in presenza, a strettissimo contatto, in grandi gruppi sono state realizzate mediante videochiamate o streaming e questo ha innescato dinamiche diverse rivelando un potenziale inaspettato. Avendo a disposizione solo questi strumenti per continuare i percorsi ne è stato elaborato un uso socioeducativo, non puramente ludico, finalizzato a promuovere le interazioni nel gruppo facilitato dagli educatori. Raramente si è trattato di interazioni diadiche tra operatore e utente bensì sono quasi sempre state videochiamate di gruppo dove i partecipanti interagivano partecipando a un laboratorio, svolgendo insieme attività musicali, artistiche o manuali;
  • durante la fase 1 anche il volontariato ha cambiato aspetto. Sebbene nel gruppo appartamento sperimentale sia continuata a esserci, in forma ridotta, la presenza di volontari, in questa fase il volontariato ha vissuto una significativa digitalizzazione, dalle videochiamate di ascolto e compagnia a distanza, alla produzione di video tutorial per i laboratori, all’animazione di eventi online.

Conclusioni: cosa ha favorito la resilienza e l’accomodamento dell’organizzazione?

Si parla spesso di resilienza, accomodamento, capacità di fronteggiamento in rapporto agli utenti ma sono elementi che coinvolgono anche i servizi e i professionisti che vi operano. In relazione alla rete dei percorsi As.So.Fa si possono identificare alcuni fattori, che, come anticipato, sono strettamente connessi alla logica relazionale e alla disciplina della Globalità dei Linguaggi. Questi sono:

  • il Progetto Persona, grazie al quale, è possibile porre in essere percorsi personalizzati basati sulle potenzialità della persona e le specifiche esigenze che ella pone in un dato contesto di vita. Questo rende gli interventi per loro natura flessibili, non deterministici e non standardizzati, aperti al cambiamento e all’imprevisto quotidiano. Una tale impostazione si riflette sia sui servizi, pensati in modo da essere duttili e riorganizzati in tempi brevissimi che sugli operatori che adottano tattiche quotidiane, non strategie, e quindi affrontano con mente aperta le nuove situazioni provando a costruire interventi di empowerment con gli strumenti disponibili;
  • la dimensione della corporeità che valorizza le forme di comunicazione non verbale, l’espressività artistica, le percezioni sensoriali, e attraverso la quale è possibile dare dignità e favorire l’empowerment di ogni persona, anche con la disabilità più grave facendole esprimere la propria “arte di vivere” e quindi fronteggiare situazioni anche complesse come il lockdown. Questo ha reso possibile attuare gli interventi a distanza a prescindere dalla diagnosi, dalla gravità e dalla presenza di comunicazione verbale;
  • un modello di intervento basato sulla sinergia tra il lavoro sociale professionale ed il volontariato favorisce lo sviluppo di una vera e propria comunità di persone, un grembo sociale, che collaborano attivamente alla gestione dei servizi. Durante la fase uno, questa comunità si è digitalizzata mantenendo i legami mediante videochiamate, eventi online e piattaforme; in tal modo le relazioni sono continuate così come la condivisione di momenti, vissuti ed emozioni;
  • coinvolgere le famiglie significa costruire partenariati, riconoscerne e valorizzarne la competenza situata superando una logica assistenziale per avviarsi verso una logica di empowerment che fornisce loro gli strumenti di fronteggiamento delle avversità a livello micro e macro.

E poi?

Le competenze teorico-pratiche sviluppate durante la fase uno esprimono tuttora una grande significatività, sebbene il CSO e la Scuola dell’Autonomia siano ripresi in presenza.
L’animazione a distanza è infatti adottata per continuare i percorsi di chi non può accedere ai servizi in presenza, per ragioni numeriche, perché troppo fragile o temporaneamente in quarantena o isolamento fiduciario.

Ma non solo, l’approccio è stato implementato e consente di attivare il percorso, grazie all’attivo coinvolgimento della famiglia, anche per persone sordo cieche e pluriminorate sensoriali.

Bibliografia

  • Cerrocchi Laura, Dozza Liliana (a cura di), Contesti educativi per il sociale, Erickson, Trento, 2007
  • Folgheraiter Fabio, La cura delle reti, Erickson, Trento, 2006
  • Guerra Lisi Stefania, Stefani Gino, Pratiche e metodi della MusicArterapia nella Globalità dei Linguaggi, Borla, Roma, 2014

 

*Educatrice professionale socio-pedagogica, Musicarterapeuta nella Globalità dei Linguaggi.

**Operatore socio educativo, collaboratore per la promozione, la  comunicazione la documentazione e la progettualità.

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