Dare visibilità ai percorsi assistenziali in psicogeriatria

di Ennio Cocco *

I pazienti con problemi psicogeriatrici

PsicogeriatriaAl di là degli sforzi generalmente messi in atto dai sistemi sociosanitari per rinforzare l’assistenza a domicilio anche per i pazienti portatori di problematiche psicogeriatriche (ad esempio, almeno in alcuni contesti geografici, attraverso l’attivazione di servizi quali la cosiddetta équipe mobile) é indubbio che il ricorso alla istituzionalizzazione rimanga frequente in questi casi e, anzi, risulti in lento ma progressivo aumento, in relazione anche alla ben nota crescita della popolazione anziana.

A maggior ragione allora occorre tenere presente che, a monte della istituzionalizzazione, il contatto con la rete dei servizi rappresenta per l’anziano con problemi psicogeriatrici un processo complesso. A questo livello, l’impatto psicosociale delle difficoltà relazionali e comunicazionali (in un contesto di forte indebolimento del social network) concorre  a  rinforzare le fragilità legate al processo biologico di invecchiamento e si traduce in un supplemento di criticità per quanto attiene al  percorso di queste persone nella comunità.
Quella psicogeriatrica, in altri termini, é una fascia di popolazione anziana che ha meno facilmente accesso ai servizi sanitari e socioassistenziali, e per la quale si rivela sovente difficile il coordinamento dei diversi operatori in funzione di una presa in carico stabile, basata su un’adeguata  definizione dei bisogni, nonché del “chi fa che cosa”.
L’interazione di questi anziani, delle loro famiglie e dei loro caregiver, quando presenti, con la rete dei servizi,  nel periodo che precede il ricovero in istituto, risulta non di rado precaria. Eppure, paradosso solo apparente, sono proprio questi i pazienti che maggiormente potrebbero beneficiare dell’implementazione di adeguati dispositivi di intervento integrato: si pensi all’area dei disturbi depressivi o a quella dei disturbi somatoformi, senza dimenticare le zone di overlapping con il declino cognitivo.

La criticità del ricovero

Stiamo parlando di pazienti considerati spesso marginali (nel senso di poco importanti) dai servizi psichiatrici specialistici. Sono i pazienti “trascurati”, per riprendere una nota espressione di Asioli (1),  considerati per contro “difficili” dai servizi primari. Per questi pazienti dunque il rischio se non di vera e propria emarginazione comunque di penalizzazione a livello della concreta performance dei servizi é evidente.
Osservati dal punto di vista, retrospettivo, della nursing home si ha per lo più l’impressione  di percorsi tortuosi, non di rado drammatici, comunque quasi sempre poco trasparenti, sia che si tratti di traiettorie che prendano le mosse dal domicilio  sia  che implichino il tramite di strutture ospedaliere o lungo degenziali a connotazione c.d. riabilitativa. Un’attenzione dunque a questi percorsi sembra importante per diversi motivi, tra i quali il fatto che un processo di istituzionalizzazione “critico”, svolto ad esempio senza una adeguata preparazione e nel segno di una conflittualità piu o meno esplicita dell’anziano col suo entourage, pone le premesse per il successivo presentarsi di problemi psicologici e comportamentali, a volte di difficile lettura, ma soprattutto di difficile gestione. Ci si riferisce in particolare al maltrattamento e all’abuso dei mezzi di contenzione all’interno delle strutture di ricovero.

L’importanza di un follow-up sui percorsi dei pazienti

In uno scenario di questo tipo, caratterizzato dalla complessità (spesso dalla frammentarietà) della presa in carico e dell’accompagnamento di questi pazienti nella comunità, l’ambulatorio di medicina generale, snodo fondamentale della articolazione del sanitario e del sociale, resta un  punto di osservazione prezioso per una miglior comprensione dei percorsi assistenziali che sfociano nell’istituzionalizzazione, ma ancor più per cercare strategie volte ad evitarla, o per lo meno a rimandarla in là nel tempo il più a lungo possibile.
Peraltro, una revisione della letteratura valutativa disponibile mostra una certa scarsità di dati relativi al follow-up integrato di questi pazienti  a livello della medicina di base (includente cioé la qualità della vita e la soddisfazione degli utenti e non meramente orientato alla valutazione del trattamento farmacologico), scarsità dovuta a forti limitazioni  di tempo e di risorse da parte degli operatori, oltre alle difficoltà di ordine metodologico. Per tutte queste ragioni (ed é lo scopo di queste riflessioni) vanno salutati con interesse gli studi osservazionali retrospettivi che con intento più  descrittivo che analitico si prefiggono A) di prestare attenzione all’esperienza e al punto di vista degli utenti (quando possibile) e dei loro caregiver, B) di raccogliere la valutazione di fondamentali attori che operano sul territorio quali i medici di medicina generale.
Un esempio di questo tipo di studi, attualmente in fase pre-operazionale, é rappresentato dal progetto di ricerca che riguarda una coorte di pazienti del territorio monzese seguiti in passato in ambito ospedaliero presso un ambulatorio di salute mentale dell’anziano di secondo livello.
Studi di questo tipo si prefiggono certamente di aumentare il patrimonio delle conoscenze in tema di decorso “naturale” di determinate patologie psicogeriatriche, ma non é questo lo scopo primario. Attraverso questo tipo di ricerca ci si propone soprattutto di raccogliere informazioni (eventualmente testimonianze) relative al destino di questi anziani (che rappresentano una sottopolazione particolarmente debole in termini di advocacy) nella comunità.
In parallelo, il parere di attori del territorio fondamentali quali i medici di base, dovrebbe consentire, rimanendo sempre in una prospettiva bottom-up, una valutazione “bifocale” del percorso assistenziale, vale a dire dei processi che caratterizzano la presa in carico dell’anziano, in un’ottica che in ultima analisi va nella direzione dell’empowerment degli utenti e del superamento della autoreferenzialità dei servizi.
(1) F. Asioli, “I pazienti trascurati”, Psichiatri Oggi, n. 2, 2000, pp. 53-58

* Psichiatra

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