Un’esperienza di conduzione di gruppo presso la Direzione territoriale Inail di Venezia

di Elisa Lorenzetti*

Premessa

L’idea di scrivere la mia esperienza di conduzione di un gruppo di sostegno, formato da lavoratori che hanno subito un grave infortunio sul lavoro con postumi disabilitanti e assistiti dall’Inail, nasce da una duplice volontà: quella di legittimare come risorsa il gruppo di sostegno in un sistema complesso come una sede territoriale Inail e quella di dare visibilità alla professione dell’assistente sociale ampliando il suo ruolo a volte misconosciuto. In questo mio lavoro affronterò le funzioni del servizio sociale nell’Inail, la presa in carico del lavoratore infortunato e le modalità di attivazione di un gruppo di sostegno, il setting, la conduzione con una breve riflessione sulla legittimazione del gruppo.

Il servizio sociale in Inail. Brevi cenni

Il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 inizia a delineare il ruolo del servizio sociale nell’Inail. In effetti, gli artt. 126 e 256 del succitato decreto recitano: “L’assicurazione secondo il presente titolo è esercitata, anche con forme di assistenza e di servizio sociale, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro …”. Le forme di assistenza – rimaste invariate fino al 2011 – consistevano nel prendersi cura dei grandi invalidi singolarmente individuati e nel fornire loro presidi ed ausili necessari allo svolgimento della vita quotidiana e nell’orientarli alle prestazioni risarcitorie fornite dall’ente.

Dal 2011 in poi, l’Inail ha finito per assumere funzioni sempre più complesse dal punto di vista del reinserimento socio ambientale e lavorativo del lavoratore infortunato e il servizio sociale ne viene investito soprattutto con il compito di predisporre con il lavoratore progetti individualizzati e sostenibili.

La relazione d’aiuto con gli infortunati e le loro famiglie

La relazione d’aiuto viene attivata in maniera unilaterale perché l’Istituto, attraverso l’assistente sociale, offre informazioni indicazioni, vicinanza e sostegno in relazione ai bisogni che piano piano emergono nei soggetti che hanno subito un infortunio sul lavoro (1). I bisogni dell’infortunato e della sua famiglia si delineano lentamente e hanno a che fare non solo con la disabilità fisica, ma anche con la sfera relazionale, psicologica e di reinserimento socio ambientale. In effetti, la disabilità acquisita pone tanto l’infortunato quanto la sua famiglia di fronte ad una vita radicalmente nuova: cambia la corporeità, cambia la vita di relazione in modo significativo. Il disorientamento e la perdita di autostima sono i primi segnali del malessere dell’infortunato e della sua famiglia. I lavoratori che subiscono un infortunio sul lavoro con postumi invalidanti vivono un lungo periodo (a volte anche due anni) di ricoveri ospedalieri con importanti interventi chirurgici e lunghi trattamenti riabilitativi. Il periodo di ricovero è un periodo molto particolare dove la speranza di recuperare il danno subito diventa l’obiettivo principale; dove la motivazione alla cura resta molto alta e alta è l’aspettativa di rientrare nel proprio domicilio con “l’attrezzatura giusta”. Tuttavia, il rientro al proprio domicilio a volte può essere drammatico perché mette a nudo la realtà del cambiamento in atto, non sempre tollerabile.

La costante vicinanza con l’assistito diventa lo strumento principale di rilevazione dei bisogni e l’ascolto della narrazione della nuova esperienza di vita, il raffronto costante tra il prima e l’adesso diventa materiale prezioso nella relazione d’aiuto che si va attivando nel complesso trattamento assistenziale. È ben vero che la tutela infortunistiche è rappresentata soprattutto dal risarcimento del danno subito e, a decorrere dagli ultimi anni, da un importante intervento economico per il reinserimento lavorativo tuttavia, dove il reinserimento lavorativo non è possibile a causa del danno rilevato, è alto il rischio che l’infortunato e la sua famiglia possano essere dimenticati per ciò che attiene il lutto infortunistico che spesso viene affrontato in solitudine come del resto il nuovo modo di vivere difficilmente conciliabile con il prima.

Il gruppo di sostegno

A volte la difficile convivenza con la disabilità acquisita arriva a creare nella persona un ostinato rifiuto del presente che tende a misconoscere le proprie energie pur essendo già evidente la loro capacità di sostegno. Il pensarsi come l’unica persona che ha subito una ingiustizia dalla vita “perché proprio a me” rischia di creare delle distanze difficili da colmare che portano inevitabilmente alla solitudine. In letteratura si rileva che, in contesti simili, la costituzione di un gruppo con finalità di auto mutuo aiuto possa risultare un intervento efficace ed economico, capace di rinforzare il senso di solidarietà tra persone con problemi simili e di migliorare l’autostima grazie al concreto aiuto reciproco ed allo scambio di esperienze. Come noto la fonte di aiuto principale che dona il gruppo, risiede negli sforzi e nelle abilità dei vari membri posti in una relazione paritaria: l’offerta e la contemporanea ricezione di aiuto valorizzano quel tipo particolare di conoscenza che scaturisce dall’aver vissuto in prima persona la condizione problematica. Nel gruppo il vissuto di ciascuno, così come l’esperienza, sono messi a disposizione degli altri con modalità rispettose e umili. Il gruppo di sostegno permette a ognuno di sentirsi accolto, non giudicato, compreso, potendo ciascuno esporsi senza remore all’interno di un clima accettante e non giudicante.

Nella conduzione del gruppo di sostegno l’assistente sociale, preparata nella conduzione dei gruppi, utilizza modalità e tecniche di comunicazione necessarie per un buon svolgimento degli incontri quali: facilitare la comunicazione e le relazioni all’interno del gruppo sollecitando la circolazione delle idee e delle emozioni; facilitare l’esplicitazione delle esperienze diverse e delle diverse modalità di fronteggiamento messe in atto. Aiuta i partecipanti a considerare il loro problema come una opportunità da condividere, una esperienza di cambiamento, di evoluzione e di solidarietà; riporta i partecipanti a riflettere sugli argomenti discussi a trarne conclusioni e proporre ulteriori riflessioni. Ridefinisce contenuti e pensieri in senso positivo per rimandare a ulteriore riflessione; sollecita i partecipanti a esprimere i propri sentimenti anche quelli ritenuti riprovevoli. Aiuta altresì a tollerare e accettare situazioni molto angoscianti e difficili sollecitando l’espressione dei vissuti e riconoscendo la difficoltà e complessità della situazione. Restituisce capacità e competenza rispetto alla gestione di alcune situazioni problematiche e rafforza le capacità di scelta. Inoltre facilita il confronto dando spazio a tutti i componenti sollecitando la partecipazione di tutti.

Quanto detto rappresenta, a pieno titolo, una serie di micro valenze terapeutiche proprie di tutti i gruppi e queste valenze potevano, a mio parere, diventare il valore aggiunto nel gruppo di sostegno da attivare in sede Inail.

Scelta dei futuri partecipanti

I criteri di ingaggio dei partecipanti attengono sostanzialmente alla complessità del danno subito definito ”danno biologico” (2) e alla buona compliance nella relazione d’aiuto con l’assistente sociale che diventa molto importante perché il lavoratore infortunato resta in carico all’Inail per tutta la sua vita sia dal punto di vista del risarcimento economico, con la rendita mensile, sia con la fornitura di presidi ed ausili a supporto della disabilità acquisita.

I soggetti individuati sono di sesso maschile di età compresa tra i ventotto e i cinquantacinque anni. Questo dato rispecchia ampiamente la casistica dei lavoratori infortunati che sono in maggioranza di sesso maschile.

È stato scelto il gruppo di tipo aperto e continuativo (c.d. “slow open”) dove gli ingressi e le uscite possono essere continui. Il numero di partecipanti va da un minimo di 7 ad un massimo 12. Il gruppo si incontra una volta ogni quindici giorni per una durata di un’ora e mezza.

Prima di iniziare la partecipazione ogni soggetto è invitato a sottoscrivere un contratto in cui sono elencate le regole di adesione e di partecipazione quali: il rispetto degli orari, l’ascolto ed il rispetto degli altri, l’astensione dal giudizio, l’obbligo di mantenere la riservatezza su quanto viene raccontato, la libertà di espressione, l’assunzione d’impegno e responsabilità nella frequenza. Gli inserimenti possono essere effettuati periodicamente fino al raggiungimento del numero massimo previsto; le dimissioni vengono decise dai singoli partecipanti e concordate con il gruppo.

Il gruppo di auto mutuo aiuto: nascita e cambiamenti

La parte più impegnativa è stata quella legata alla legittimazione dell’attività dell’assistente sociale quale attivatore e conduttore del gruppo. In effetti, la dirigenza aveva diverse perplessità sulla presenza di un gruppo di infortunati in sede e sulla sostenibilità del progetto. Anche il reperimento del setting in un primo momento è apparso problematico, più per la novità dell’evento che per l’impossibilità della collocazione. È stato però possibile individuare un luogo adatto per gli incontri. L’arrivo dei partecipanti al gruppo creava sicuramente curiosità tra i colleghi impegnati nelle varie mansioni che competono all’Inail: i lavoratori infortunati iniziavano ad avere una identità più definita non più un numero di pratica (3); persone che afferivano alla sede per incontrarsi ed avere un tempo ed uno spazio a loro riservato. Piano piano il gruppo è diventato il gruppo della sede con i colleghi che mi segnalavano il loro arrivo informandomi di averli fatti accomodare nella “stanza del gruppo”.

Il 6 aprile 2017 nasce il gruppo di sostegno per infortunati Inail. Gli incontri erano calendarizzati ogni quindici giorni e la frequenza è stata, fin dall’inizio, molto regolare. I soggetti provenivano, e provengono a tutt’oggi, dal territorio della Città Metropolitana di Venezia, con una distanza che può variare dai 10 ai 50 km dalla sede fisica del luogo della riunione all’abitazione dei partecipanti.

Il primo incontro è stato molto interessante e dedicato alla conoscenza reciproca e alle motivazioni che avevano portato ciascun partecipante ad aderire al gruppo. La timidezza e la riservatezza hanno iniziato a sciogliersi piano piano in un crescendo di racconti di esperienze e di similitudini, di sofferenze e di speranze di recuperi di energie e di scoperte di capacità resilienti inaspettate. A ogni seduta il gruppo veniva aperto con la domanda: come state? chi vuol iniziare? E da lì ognuno iniziava a parlare di sé in maniera semplice aprendo argomenti che venivano poi affrontati o ignorati a seconda dell’interesse che suscitavano nei presenti. Il tema che accomuna tutti ed è molto ricorrente riguarda il dolore fisico: un problema estremamente totalizzante. Il dolore fisico inficia la loro attività giornaliera tanto da impedire a quasi tutti i presenti una qualsivoglia attività lavorativa strutturata. Inizialmente non c’era molta voglia di raccontare la dinamica dell’infortunio e chi non ricordava era ritenuto fortunato: il ricordo risultava essere ancora devastante: veniva, infatti, solo accennato per poi tornare al qui ed ora, cambiando discorso. Il racconto dell’infortunio è arrivato lentamente come se emergesse da una memoria distratta, poi ha riempito il gruppo ed ha creato un clima più caldo, più condiviso, più accettante: nel gruppo si potevano affrontare argomenti ritenuti indicibili. I partecipanti utilizzavano l’esperienza degli altri per ricreare la loro, per cimentarsi in qualche attività domestica o personale abbandonata, mettendosi in gioco, riconoscendosi abilità e capacità ancora possibili. Gli argomenti trattati nel gruppo sono stati molto variegati ed hanno riguardato: la sofferenza fisica, la solitudine, la rabbia il rancore, l’allontanamento degli amici, la coesione familiare, la differenza tra prima e dopo, la messa alla prova su attività e resistenza fisica, le barriere architettoniche nel territorio e le barriere architettoniche domestiche, il linguaggio della disabilità e di come, usato nel quotidiano, implementi in maniera inconsapevole l’esclusione. La conclusione dell’incontro era sancita dal conduttore con la ricapitolazione degli argomenti trattati restituiti in positivo e ciascun partecipante veniva invitato a concludere con il pensiero: cosa lascio qui e cosa mi porto via. Un mantra che riportava tutti ad una considerazione finale e rinforzava le valenze di aiuto del gruppo.

Dal 2017 a oggi hanno aderito ben 21 lavoratori: 4 provenivano da altre nazioni UE e non UE; il gruppo rappresentava un microcosmo di inclusione multietnica. Dei lavoratori aderenti, dieci hanno frequentato il gruppo almeno per un anno e hanno salutato il gruppo motivando la loro decisione di concludere l’esperienza.

Il gruppo si ritrova in rete

Con l’inizio del 2020, il gruppo si ritrova dopo la breve sosta natalizia ma è costretto a nuova interruzione a causa della pandemia. Nel primo periodo l’interruzione del gruppo è stata accolta come temporanea, pensando che le tempistiche del lockdown nazionale sarebbero state brevi, ma non è stato così. Tuttavia, i partecipanti al gruppo volevano continuare ad incontrarsi e l’unica modalità possibile ed immediata era l’utilizzo dell’applicazione whatsapp. Durante i mesi estivi del 2020, siamo riusciti a fare un certo numero di incontri in sede, nuovamente interrotti dalla seconda ondata pandemica. Con il passare del tempo, l’abilità informatica dei partecipanti è migliorata grazie all’aiuto dei figli che dovevano fare didattica a distanza o grazie all’aiuto di amici più esperti: si imparano a conoscere applicazioni e piattaforme informatiche che diventano la sede virtuale del gruppo e che consentono a tutti di partecipare. Si scopre che la connessione in remoto invece di allontanare avvicina perché iniziano a partecipare al gruppo soggetti che avrebbero altrimenti declinato la partecipazione a causa della distanza della propria abitazione dalla sede Inail: si scopre che la connessione può azzerare le distanze fisiche il numero dei soggetti aderenti è aumentato e ad oggi il gruppo è composto da nove soggetti.

Le chiusure e i distanziamenti sociali, legati alla pandemia, pare non abbiano acuito la sofferenza dei partecipanti al gruppo perché la loro condizione gli aveva già costretti a lunghi momenti di chiusura, in ospedale, in centri di riabilitazione. I partecipanti raccontano che per loro il lockdown era un tempo già vissuto ed avevano attivato una resilienza tale da non sentirsi né limitati né prigionieri. La voglia di raccontare la loro resilienza, la conquista della consapevolezza di sé, proprio in questo tempo, è stata una sorta di rivincita nei confronti della “normalità” che è diventata in questo tempo storico fragile e piena di incertezze un po’ come era stato per loro l’inizio della loro nuova vita dopo l’infortunio.

 

Note

(1) L’infortunio sul lavoro: L’assicurazione obbligatoria Inail copre ogni incidente avvenuto per “causa violenta in occasione di lavoro” dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni. Si differenzia dalla malattia professionale poiché l’evento scatenante è improvviso e violento, mentre nel primo caso le cause sono lente e diluite nel tempo.

(2) Con l’entrata in vigore dell’articolo 13 D.Lgs 38/2000 le menomazioni riferite al danno biologico inteso come “lesione all’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale” vengono risarcite con un indennizzo che sostituisce la rendita diretta sancita dal testo Unico. Tale modifica, decorre per tutti gli eventi che si sono verificati a partire dal 25 luglio 2000.

(3) Ad ogni lavoratore infortunato viene attribuito un numero di pratica sia per tutelare la privacy sia per evitare omonimie.

 

Bibliografia

  • T. Zini, S. Miodini, Il gruppo, Carocci editore, Roma, 1999
  • G. Bolocan Parisi, G. Gervasio Carbonaro, A. Viciani Bennici, Il lavoro di gruppo. Metodologie, tecniche, formazione, aggiornamento dell’operatore sociale, NIS, Roma 1990
  • R. Rogers, I gruppi di incontro, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1976
  • Noventa, R. Nava F. Oliva, Self help, Edizioni Gruppo Abele, 1990
  • Di Berardino: La conoscenza di sé e la conduzione dei gruppi riabilitativi. Procedure di riabilitazione psicosociale, Franco Angeli, Milano, 2002
  • R. Silverman, I gruppi di mutuo aiuto, Erickson, Trento 1993
  • P. Quaglino, S. Casagrande, A. Castellano, Gruppo di Lavoro. Lavoro di gruppo, Raffaello Cortina Editore, Milano 1992
  • R. Bion: Esperienze nei gruppi, Armando, Roma, 2013
  • Pittaluga, L’estraneo di fiducia, Carocci Faber, Roma 2004
  • Manes (a cura di), 83 giochi psicologici per la conduzione dei gruppi, Franco Angeli, Milano, 2002
  • Irvin D. Yalom, Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, Bollati Boringhieri, Torino 1977
  • Decreto Del Presidente Della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124
  • https://www.inail.it/cs/internet/home.html

 

*Assistente sociale, INAIL sede territoriale di Venezia

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