Leggo: “Nel 2012 il 73,3% delle coppie che si sono separate avevano figli. E per i divorzi le coppie con figli erano il 66,2% del totale. Solo il 48,7% delle separazioni e il 33,1% dei divorzi riguardava coppie con un figlio minorenne.” Non mi stupiscono le percentuali in sé, quanto l’avverbio “solo” posto a suggerirci il valore di una misura, di una quantità. Riformulo a modo mio: quasi la metà delle coppie separate e un terzo di quelle divorziate aveva figli minori.
Allora ai miei occhi compare una nutrita schiera di bambini e ragazzi che si sono trovati coinvolti in una vicenda molto difficile sia da comprendere sia da gestire a livello emotivo. Fossero anche pochi il disagio individuale andrebbe comunque intercettato. La psicologa Alba Marcoli che dedicò la sua professione a prendersi cura delle difficoltà famigliari mise in luce nei suoi testi come, con la separazione della coppia, tutti i membri affrontino un profondissimo lutto. È pur vero che ciascuno si trova a gestire questa sofferenza con risorse e strumenti ben diversi. In una certa misura lo spaesamento degli adulti, che pure c’è, ha avuto una fase “preparatoria” a livello sia razionale sia emotivo. Per il minore, soprattutto se bambino di piccola età, lo scenario della propria quotidianità cambia senza preavviso ed egli si trova ad affrontare un’esperienza dove nulla è più come prima. Questo succede anche al figlio preadolescente, a quello adolescente che hanno però capacità più mature di interlocuzione con i genitori, e non solo con loro. Lo spaesamento è lo stesso, sentimenti forti come dolore, rabbia, paura, vergogna, senso di colpa possono nascere analogamente nel bambino molto piccolo e nel ragazzo vicino alla maggiore età: diverse saranno le manifestazioni di disagio e il modo di affrontarlo. E poi, lo sappiamo, ogni famiglia costruisce la sua peculiare storia e ciascuna storia va vista nella sua unicità. Continua a leggere