di Roberto Mazza*
Nessuno oggi può più separare genetica ed esperienza, psicopatologia e ambiente, tappe evolutive e prime esperienze di vita e condizioni familiari, perfino le classi sociali ritornano ad essere inserite a pieno titolo nella riflessione sulle cause del disagio psicosociale. Le storie e le esperienze dei nostri utenti e delle famiglie “multiproblema” all’interno dei servizi pubblici ce lo mostrano quotidianamente. Se questo è vero, tale visione “complessa” non può non applicarsi anche ai processi di “cura” e facilitare lo sviluppo di una dimensione sempre più multidisciplinare (riguardante l’intervento terapeutico, educativo, preventivo e socioassistenziale) in grado di contemplare e contemperare molte variabili, cosicché gli operatori possano condividere le ipotesi sulla genesi bio-psico-sociale della sofferenza e costruire un’alleanza capace di soddisfare alcuni dei criteri predittivi più importanti per l’efficacia dell’intervento: la costruzione di una relazione significativa tra gruppo curante e utente, l’accordo sulle possibili concause, la condivisione del trattamento e quindi la fiducia nell’efficacia di un processo terapeutico che sia insieme clinico, psicosociale e riabilitativo.
La dimensione del lavoro di gruppo nei servizi rende questo processo più produttivo, ma nello stesso tempo più impegnativo e critico, essendo anch’esso influenzato da dinamiche interne (sistemi di credenze, valori, emozioni) ed esterne (i modelli teorici, le linee istituzionali, le ideologie) che dovranno in qualche modo essere fatte interagire. Continua a leggere