Rifugiati

di Diletta Cicoletti

foto 5C’è un gruppo di rifugiati in montagna, in una delle valli dell’Ossola, la Valle Vigezzo, in uno dei paesi “baciati dal sole” anche d’inverno, Craveggia, in una delle ex case di riposo rimaste a fare altro sul territorio.

Luoghi

La montagna è piena di rifugi: posti bellissimi, caldi, accoglienti, dove si mangia benissimo. Spesso sono luoghi anche faticosi da raggiungere, un po’ nascosti. Altre volte sono punti di riferimento per gli amanti della montagna o anche punti di incontro per frequentatori casuali.

Per me sono sempre stati meravigliosi angoli d’inverno e punti di ristoro estivi. Comunque rifugi nel senso vero del termine.

E qui, a Craveggia, ho trovato dopo tanti anni di assenza dalle valli ossolane, un rifugio, una via di fuga, un riparo dalle multi connessioni a cui siamo sottoposti e che cerchiamo e soprattutto un bel luogo riposante e di grande libertà per i bambini.

Altri rifugi

Mentre pensavo a questo alcuni amici “rifugiati” anche loro, mi fanno notare che il campo sportivo dietro al cimitero a volte si popola di ragazzi neri, giovani. Giocano a calcio.

Mi informo. Sono rifugiati, o meglio sono richiedenti asilo, provengono dal Mali. Alloggiano presso la ex casa di riposo di Craveggia, una struttura convenzionata con il consorzio CISS, che gestisce i servizi sociali della zona.

Con il tempo arrivano notizie: nuovi arrivi, dopo gli ultimi sbarchi a Pozzallo e a Lampedusa, arrivano direttamente da Torino a Craveggia. Penso a che tipo di esperienza possa essere passare dall’incertezza e da una possibile morte a … Craveggia.

Giochi

foto 4Con mia figlia siamo andate a seguire una partita di calcio sabato pomeriggio. Nella valle questa presenza crea agitazione, soprattutto perché alcuni richiedenti asilo giunti a Domodossola questa primavera hanno cercato di fuggire verso il Sempione, per approdare attraverso le montagne in Svizzera e forse da lì cercare vie di fuga verso il nord Europa. La fuga non ha avuto esiti positivi per nessuno, bloccata sul nascere a Domodossola. Si è creato quel classico clima di tensione che proprio non aiuta una serena convivenza.

Ma andando a vedere questa partita (come dice mia figlia tra “persone in inglese” e “persone in italiano”) ho visto ragazzi in jeans, con vestiti rimediati, scarpe un po’ usate e datate, che sorridono e si prendono in giro imitando beniamini calciatori (Balotelli in primis), cercando di riprodurre mosse famose, cercando di divertirsi. La partita è contro o tra i ragazzi e le ragazze del paese: ma sono 4-5 a fronte di 15-20 ragazzi (che peraltro continuano a raggiungere in gruppo il campetto).foto 1

Dopo la prima nevicata il comune ha coinvolto i ragazzi in azioni di “volontariato” per sgomberare le strade del paese dalla neve. Considerando che chi vive a Craveggia ha una certa età, un aiuto non è sembrato male. La motivazione è certamente legata anche alla possibilità di integrare maggiormente i ragazzi in paese.

Direi che, a giudicare da come si parlavano fitto fitto un pò in inglese e un pò in italiano con i coetanei craveggesi, la strada è tracciata. La convenzione è stata confermata anche per il 2015, ci saranno altri ragazzi o sempre loro (chissà quali sono i tempi di permanenza prima di ottenere l’asilo) e il prefetto ha ringraziato tutti i sindaci delle valli per la disponibilità nella gestione dell’emergenza profughi. Chissà quanti di loro, ottenuto l’asilo, decideranno di restare a Craveggia. Chissà.

Quanto a noi, rifugiati con ben altre motivazioni,  continuiamo ad essere presenti in paese nei week end e durante le varie vacanze dell’anno, cerchiamo di staccare e di riposare. Anche grazie ai nostri nuovi amici rifugiati.

Se poi avete voglia di approfondire e raccogliere altre informazioni più legate alla cronaca e meno a Craveggia, l’inchiesta di Repubblica è proprio interessante e tutta da leggere.

 

2 pensieri su “Rifugiati

  1. Ottavia Mermoz

    E’ un esempio di intelligente intervento nei confronti dei rifugiati o semplicemente degli immigrati. E’ successo anche in alcuni paesi del Biellese, affidati al sindaco non più di 5 o 6, è stato trovata loro una sistemazione e, successivamente impiegati in lavori di pulitura dei boschi o delle rogge. A seguire anche i residenti -quasi tutti molto anziani- si sono rivolti a loro per piccoli aiuti e così è l’ospitalità, sia a breve che a lungo termine, si è risolta senza conflitti . Ad Ivrea invece i rifugiati libici, che libici non erano, sono stati ammassati in 75 (di cui 25 donne) in un albergo in disuso, tenuti in un limbo avvilente duranto quasi due anni, in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato, che non è avvenuto e lo si sapeva sin dall’inizio. L’ONG che gestiva il tutto certamente non ci ha rimesso, così l’albergatore. A cercare di avviare qualche iniziativa -corsi di italiano, tempo libero, ipotesi di scambi- solo alcune volenterose associazioni di volontariato, con poco successo. Erano persone e molti si sono trasformati in mendicanti, sino all’atteso “Permesso umanitario”, che è servito loro per scappare, certo senza rimpianti.

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