Quando l’isolamento diventa solitudine

Nuovi problemi etici in tempo di pandemia.

a cura di Paola Gobbi*, Laboratorio di Nursing Narrativo, Milano

Siamo nel pieno della seconda ondata pandemica da Covid-19; per questo contributo si è scelto di approfondire un tema che possiamo classificare come “nuovo problema etico” dell’assistenza infermieristica, correlato proprio alla particolare situazione che stiamo vivendo.

Ogni infermiere avrebbe tante storie da raccontare in questo periodo: c’è chi è in prima linea, nelle terapie intensive o nei reparti subintensivi, chi si sta occupando di riorganizzare i servizi assistenziali, sia ospedalieri che territoriali; chi dà il proprio contributo per tracciare i contatti stretti di persone infette, prenotare tamponi, fornire informazioni e risolvere i piccoli e grandi problemi derivanti dall’isolamento; chi è impegnato, spesso in solitudine, nell’assistenza domiciliare o nelle residenze assistenziali.

Barbara Cavazzuti, infermiera in un servizio di dialisi, ha scritto questa poesia su un pacchetto di guanti “durante un turno di lavoro pomeridiano, con addosso tre paia di guanti, una mascherina FFP2, occhiali e visiera”:

Infermieri COVID 19

Del morire / del vivere / del respirare

Allarmi suonano / mentre affannati / ci vestiamo e svestiamo / con ansiosa attenzione

a ritmo sfrenato / per salvare il salvabile / vittime di un sistema

che ha già deciso/ chi e cosa rimarrà infine

intermediari a rischio / tratti di umanità / tra virus e potere

In attesa dell’arrivo del vaccino, che dovrebbe aiutare il nostro sistema sanitario a sconfiggere il virus e la sua diffusione, tutti noi abbiamo imparato che le armi in nostro possesso sono il lavaggio frequente delle mani, il distanziamento sociale, l’utilizzo costante della mascherina e degli altri dispositivi di protezione.

Distanziamento, separazione fisica, isolamento, sono misure ad alta valenza clinico-assistenziale ma indubbiamente di forte impatto sociale e psicologico, nonché etico-deontologico per chi le attua. Lo hanno segnalato i colleghi dei reparti di medicina e delle residenze sanitarie, gli stessi assistiti/ospiti ed i loro familiari: isolare una persona fragile, come lo è un anziano o un disabile o un bambino, può salvare loro la vita ma portare ad un lento declino verso la cosiddetta “morte sociale”. Isolare una persona dai propri affetti, specie se non in grado di cogliere la ratio di queste restrizioni, può essere, in termini di effetti sul benessere psico fisico della persona, più devastante dello stesso virus e delle sue conseguenze.

Il libro “Storie di persone, voci di infermieri” (Mc Graw Hill, 2020) focalizza l’attenzione su questo problema etico nel capitolo 11, che si apre con la storia proposta da Annalisa Colombo “Cronache dal fronte”. Si tratta di una narrazione utile a comprendere quali emozioni vive chi è a contatto quotidiano con le persone ammalate e con i loro problemi di solitudine, angoscia, allontanamento dai propri cari, incapacità di capire cosa stia succedendo e di immaginare una via di uscita alla propria condizione:

“Il nostro reparto di medicina non esiste più. Dai primi giorni di questo assurdo marzo 2020 siamo diventati “Covid-19”. Sono turni pesanti, fisicamente perché costretti a lavorare sotto a più strati di indumenti protettivi, ed emotivamente: tante storie ci passano tra le mani, e alcune si fermano maggiormente in zone lontane del cervello, rendendo più difficoltosa la solitudine della quarantena ed il riposo notturno.

C’è il volto spaventato e pallido di Luigia, neo-nonna di 67 anni, dentro quel casco C-PAP che non è riuscito nel miracolo di migliorare i suoi valori di ossigenazione arteriosa. “È troppo anziana per essere trasferita in rianimazione, non avrebbe beneficio dall’intubazione, non ci sono posti letto”.(…). Si è spenta dopo pochi giorni con il cellulare in mano, dopo aver inviato un messaggio sms alla figlia.

C’è la determinazione di Antonio, ricoverato da oltre un mese, ormai esperto di saturimetria e di prelievi arteriosi. È stanco ma non ha mai mollato, neanche nei giorni più duri, quando il casco C-PAP rendeva difficile la comunicazione con il mondo esterno e la sedazione con la morfina attutiva gli stimoli. “Ha 73 anni, non c’è posto in rianimazione per lui. Iniziamo la palliazione”. Ma Antonio non si è arreso.(…) Lui forse non sa di essere una delle “nostre vittorie”, e la sua allegria è contagiosa quando sul vassoio del pranzo si vede arrivare la pasta al pomodoro e la cotoletta, quasi piange dalla gioia.

C’è Luisa, arzilla nonna di 87 anni con un importante decadimento cognitivo. Non ha più bisogno di ossigeno, ma non può tornare a casa, nella “sua Bergamo” poiché il tampone risulta ancora positivo. (…) Le nostre mani si muovono svelte, con fermezza e decisione, ma nel contempo con delicatezza; non dimentichiamo di dare loro una carezza prima di allontanarci, la stessa che vorremmo destinare ai nostri nonni, genitori, figli in questi giorni di assurda solitudine”.

Negli ultimi mesi, a fronte dell’interrogativo “favorire il distanziamento e la sicurezza nelle Rsa oppure la socializzazione e la qualità di vita?” si sono studiate e sperimentate alcune risposte sia di carattere organizzativo che assistenziale: l’allestimento delle “stanze degli abbracci”, la possibilità di videochiamate, le visite concesse ai parenti previa effettuazione di tamponi nelle ore precedenti all’incontro, la formazione specifica degli operatori per favorire una convivenza sufficientemente felice, in ogni ora del giorno e della notte, mentre ciascuno svolge le proprie mansioni specifiche o incontra anche occasionalmente l’anziano residente.

Vi sono poi soluzioni per la residenzialità delle persone fragili che richiedono progettazione e realizzazione in una prospettiva a lungo termine, ma già sperimentate con ottimi risultati quali soluzioni con unità abitative composte da 10-15 miniappartamenti che dispongono di servizi comuni e di un’assistenza socio-sanitaria disponibile per l’intero arco della giornata al posto delle attuali Rsa imperniate ad un modello più sanitario. Non dimentichiamo poi, tra le soluzioni per mantenere l’anziano a casa propria, il potenziamento dell’assistenza domiciliare e l’istituzione del servizio dell’infermiere di famiglia e di comunità, con il passaggio a modelli che permettano un servizio adeguato alle necessità molto specifiche e differenziate delle famiglie.

Nuovi problemi etici e nuove soluzioni: l’infermieristica non deve solo adattarsi ai cambiamenti ma può e deve stimolarli e promuoverli. La pandemia da Covid-19 ce lo sta insegnando.

L’infermieristica ha nella sua mission anche il delineare di percorsi innovativi per rispondere sempre al meglio ai bisogni di salute dei propri assistiti, nel rispetto dei loro diritti costituzionalmente garantiti e a salvaguardia dei principi e valori contenuti nelle norme deontologiche che guidano la pratica della cura e del prendersi cura.

 

*Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche

Il Laboratorio di Nursing Narrativo è la formalizzazione di diverse esperienze di studio, formazione, ricerca che ha visto coinvolte decine di infermieri (e altri operatori sanitari) negli ultimi vent’anni. La sfida che ci siamo poste è stata quella di analizzare, discutere e condividere con i colleghi contenuti di carattere bioetico e deontologico partendo dalle esperienze di incontro con le persone assistite, nei diversi contesti della pratica quotidiana in cui l’infermiere opera.

Nei nostri percorsi di formazione e crescita professionale il punto di partenza è rappresentato dalle storie delle persone assistite: i comportamenti dei diversi attori coinvolti (utente, familiari, infermieri, operatori, amministratori, volontari) vengono analizzati alla luce dei principi etico-deontologici della professione infermieristica. In questi anni abbiamo sperimentato e adattato alle finalità del Laboratorio metodi e strumenti della Medicina Narrativa e delle Medical Humanities; siamo orgogliose di aver progettato e implementato in diverse realtà (aziende sanitarie, RSA, Ordini professionali) un percorso di formazione sul campo innovativo, già proposto a più di duecento colleghi.

Le storie scritte da e con gli infermieri, le analisi condotte sui diversi problemi etici che le storie stesse hanno fatto emergere, il contributo che questa esperienza ha dato e vuole continuare a dare allo sviluppo della professione, anche in un confronto internazionale … tutto questo è racchiuso nel libro “Storie di persone, voci di infermieri”, edito da Mc Graw Hill, 2020.

Per contatti con le infermiere del Laboratorio: nursingnarrativo@gmail.com

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