Quando la medicina pensa

di Augusta Foni*

 

Incertezza in medicina… probabilità… errore, ma anche possibilità per i medici di  gestire in modo responsabile questi aspetti dell’attività clinica. Scritto da un medico d’urgenza su tanti nodi della propria attività professionale, il libro di Daniele Coen, L’arte della probabilità. Certezze e incertezze della medicina (1), mi è sembrato subito un’importante occasione per esplorare una volta tanto quello che succede “dall’altra parte”, l’altra faccia della luna, quella dei medici.

E per di più seguendo il racconto di uno di loro, che dopo un’intensa esperienza ospedaliera definisce la medicina come “artigianato di alto livello che si basa su di un buon numero di conoscenze scientifiche, su di un approccio probabilistico alle scelte e sull’attenzione empatica ai bisogni del singolo individuo (pag. 14). L’intento esplicitato dall’autore, poi, ha fatto da detonatore, visto che si presenta come offerta ai lettori di qualche strumento per avvicinarsi al mondo della medicina e interagire con i medici in modo più consapevole. La paziente che è in me si è precipitata a leggere il libro.

Il titolo colpisce abilmente il target, ma il contenuto mantiene ampiamente le promesse, come del resto succede in un libro precedente dello stesso autore, Margini di errore. Perché i medici sbagliano (2), a proposito di un altro problema importante ma poco trattato nel dibattito pubblico.

Un medico racconta

Mi è venuta anche voglia di raccontare ad altri le considerazioni e le emozioni suscitate dalla lettura di questo libro. Da professionista riflessivo, l’autore coglie i nessi tra teoria e pratica, verifiche e apprendimenti, processi e contesti lavorativi che via via emergono in un impegno longitudinale affrontato con grande responsabilità. Non è solo un io narrante e argomentante, ma una persona concretissima che troviamo nella prima pagina, dolorante per un forte mal di schiena per il quale cerca suggerimenti presso i colleghi medici. Ne ricava molte raccomandazioni terapeutiche, nessuna delle quali risulta però convincente. È proprio quello che capita tante volte anche a noi, ma poi non ci facciamo più caso e tutto finisce in un silenzio che alimenta una sottile e cronica autosvalutazione. In queste pagine esce invece dall’ombra e diventa punto di partenza per rivisitare capitoli importanti dell’esperienza professionale dei medici ospedalieri e della nostra Sanità.

La rivisitazione proposta è molto ampia. A partire dalle smentite negli scorsi decenni di tante pratiche preventive e terapeutiche seguite per molto tempo, ma rivelatesi poi prive di fondamento sperimentale, emergono le deformazioni dell’informazione medica prodotte dalla pressione dei gruppi farmaceutici e la complessità dei rischi connessi alle diagnosi e alle prognosi che attraversano quotidianamente l’attività clinica.

È un lavoro in cui il medico deve affrontare questioni metodologiche che arrivano a livelli sofisticati e che riguardano sempre molto concretamente la sopravvivenza e la qualità della vita di tante persone. In realtà, i percorsi decisionali per ogni tipo di intervento, a partire dagli approfondimenti diagnostici e dalla somministrazione dei farmaci, si snodano in passaggi contemplati dagli standard vigenti all’interno delle strutture sanitarie. Ogni caso e ogni passaggio, però, possono nascondere elementi imprevisti, veri e propri scogli sott’acqua. È indispensabile perciò un uso molto vigile, rigoroso ma contemporaneamente non convenzionale, delle linee guida, in modo da dare per quanto possibile corrette risposte alle esigenze individuali. E non è detto che si trovi comunque una soluzione chiara e netta, a volte la meta perseguibile è soltanto un equilibrio accettabile tra rischi opposti.

Il rischio, appunto, con tutto quello che implica sul piano delle emozioni e della collaborazione nel team di lavoro. Ricorre in tutta questa esperienza professionale e la rende a volte problematica. Può essere però temperato da vari supporti. Il più immediato è definito dall’autore “di pancia”, una forma di intuito del tutto personale che in un determinato momento può rivelarsi efficace e risolutivo anche se privo di evidenti basi razionali. Altri supporti hanno invece caratteristiche del tutto diverse. Vengono dallo studio e dalla documentazione sulla materia in questione, in una sorta di dialogo universale con il lavoro collettivo di tanti altri medici e ricercatori che si mantiene attivo con l’impegno dell’aggiornamento continuo. Come sempre, non è importante incrementare le conoscenze, ma coltivare l’atteggiamento mentale ed etico della ricerca. Del resto, tanti temi attuali, come la resistenza agli antibiotici e il trattamento delle infezioni, continuano drammaticamente a ricordarci la necessità di un approccio di questa ampiezza.

Non dimentichiamoci però che il medico non ha a che fare solo con la malattia – o meglio i processi che a partire dai sintomi costruiscono la forma malattia – ma interagisce anche con il paziente. In partenza si trova di fronte alla varietà eterogenea, fortemente qualitativa, dei fatti e delle emozioni portati da una persona tendenzialmente preoccupata e spesso in una condizione di dipendenza emotiva. Come tratta tutta questa materia? Riesce ad ascoltarla o la riduce velocemente alle categorie sanitarie più collaudate? Si trova in realtà ad affrontare le difficoltà di una doppia traduzione: da una parte dal teorico e dal generale al caso individuale e dall’altra dal paradigma medico al linguaggio della vita quotidiana, inteso come possibile percorso di convergenza e collaborazione con il paziente.

Il filo rosso che tiene insieme la tessitura del libro è chiaramente sintetizzabile nella “capacità e disponibilità dei singoli medici a tollerare l’incertezza”. L’autore sottolinea  come invece la formazione di questi professionisti si basi sempre sulla “medicina della certezza”, che privilegia la razionalità e le soluzioni in bianco e nero. E intanto aumentano nel tempo le aree “grigie” della salute e della malattia, degli ambiti relazionali e qualitativi lasciati scoperti anche dall’innovazione tecnologica, che rinforza a sua volta l’immagine di una medicina vincente e razionale.

Sul fronte dei pazienti, cioè di tutti noi

Anche nel rapporto con il paziente il medico può giocare un ruolo più efficace se propone una medicina meno chiusa e più dialogante, in grado di attivare pratiche competenti ma insieme consapevoli anche delle nostre parti emotive e degli aspetti relazionali. Il risultato può essere una minore infelicità del paziente, ma anche sicuramente un accompagnamento nell’accettazione realistica della finitezza della medicina e nella scoperta delle sue attuali potenzialità. In effetti, per il cambiamento culturale che si profila servono medici nuovi, ma anche pazienti nuovi, con aspettative e comportamenti più ricchi e articolati.

A conclusione del suo percorso, l’autore chiude il cerchio e si chiede come si è comportato a proposito del suo mal di schiena. Non è approdato a una vera e propria soluzione (ormai c’è da aspettarselo) ma a una posizione di maggiore consapevolezza maturata nella percezione ponderata di elementi diversi. Tra questi la evidente inutilità di certi esami di approfondimento e terapie fisiche, insieme alla necessità, in tutt’altro senso, di non mettersi a letto e di continuare senza rinunce i movimenti della vita quotidiana. Ma anche lo yoga e (perché no) un analgesico per i momenti di dolore più intenso.

Il libro sembra acquietarsi in questa conquista di saggezza individuale. Invece riprende fiato e slancio e coinvolge il lettore in una prospettiva ancora più ampia attraverso la considerazione che l’atteggiamento assunto sul mal di schiena, legato in questo caso sostanzialmente a delle competenze mediche, può diventare orientamento diffuso e condiviso. Se nel rapporto tra medico e paziente si sviluppano spazi di dialogo e di negoziazione anche il paziente può sentirsi in tanti modi più a suo agio. Nel gestire meglio situazioni in cui è difficile raggiungere una diagnosi, orientarsi tra rischi diversi, collaborare con il medico nella distinzione tra problemi di salute di media portata e pericoli gravi Mi vengono in mente tanti frammenti di vita quotidiana: le consultazioni affrettate e ansiose di internet, la scoperta degli effetti collaterali dei farmaci, i patemi d’animo nella scelta e nel cambio del medico di famiglia e tanto altro ancora.

È tutto il discorso sulla salute e sulla sanità in generale che va trattato con altri fini e altri strumenti culturali. Che emozione veder citati insieme in questa prospettiva di cambiamento la scuola dell’obbligo, l’università, i media, le piattaforme informatiche e i social, oltre che i medici consapevoli e di buona volontà.

 

Note

(1) Daniele Coen, L’arte della probabilità. Certezze e incertezze della medicina, Raffaello Cortina, Milano, 2021

(2) Daniele Coen, Margini di errore, Mondadori, Milano, 2019

 

*Formatrice, Milano

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