Il volume di Augusta Foni accompagna il lettore nel percorso di rielaborazione di un’esperienza che lei stessa definisce “di formazione, dialogo e partecipazione” avvenuta all’interno di nidi per l’infanzia.
Precisa l’Autrice: “… durante la ricostruzione che ha portato alla stesura di questo testo, i criteri di lettura di quello che è successo si sono precisati e anch’io sono cambiata.” (p.10).
Non si tratta quindi di un puro e semplice bilancio dell’esperienza in senso tecnico, ma anche di un vero e proprio racconto, ravvivato, in molti punti, dalla narrazione in prima persona. Quasi emozionante per chi è avanti negli anni ritrovare nell’accurata parte storica, l’espressione di “conquista sociale” attribuita al servizio dell’asilo nido e, certamente, istruttivo per le giovani e giovanissime generazioni di educatrici e di genitori.
L’Autrice, attraverso percorsi “accidentati, con bivi, deviazioni e persino inversioni di marcia”, ci porta a conoscere una realtà sociale, organizzativa, relazionale e, perché no?, umana particolarmente complessa quale quella dell’asilo nido; ci porta anche a convenire su come possano risultare parziali impegno e studio nel proprio lavoro di formatore, finalizzato a migliorare la progettazione educativa, se non accompagnati dalla capacità di dialogare con le persone presenti in carne ed ossa, educatrici in formazione sì, ma contemporaneamente lavoratrici, giovani donne alle prese con una vita loro, con sogni e aspettative. “La scoperta della persona che esercitava il ruolo di educatrice mi richiamava gli studi sulle donne, gli intrecci tra le traiettorie professionali e le fasi del ciclo di vita e, soprattutto, il problema della continuità/discontinuità tra le funzioni materne nella casa e la professionalità nel servizio nido.” (p.42).
Una realtà stimolante, dunque, che ancor più lo diventa quando lo sguardo va ad abbracciare i fruitori del servizio, i bambini e le loro famiglie. Già dalle prime riflessioni sull’esperienza compare quello che diventerà tema cruciale del testo, tanto da costituirne il titolo: la relazione con le famiglie al nido. “Famiglie” e non “famiglia”, proprio per dar conto della varietà delle configurazioni relazionali incontrate dalle educatrici e riportate nei percorsi di formazione. Si fa riferimento all’“ecologia relazionale che alimenta lo sviluppo infantile”, al mondo quotidiano del bambino costellato di figure differenti (madri, padri, nonne, nonni, zie, fratelli maggiori, baby-sitter) del quale occorre tener conto sia come pensiero sul contesto di vita in cui il singolo bambino sta crescendo, sia come realtà con cui si instaura un rapporto di conoscenza, di scambio informativo, di collaborazione. Non solo. Chi ha operato e opera nel servizio nido deve tenere conto dei tanti passaggi soggettivi e sociali che i sistemi famigliari affrontano: le rotture matrimoniali, le ricomposizioni, la scelta di essere famiglia monogenitoriale, la formazione di coppie omosessuali, la filiazione adottiva, la perdita definitiva di un genitore, la caduta della patria potestà… Raggiungere forme di collaborazione costruttiva è sentito dalle educatrici, lo sottolinea più volte Augusta Foni, come compito centrale della loro professionalità. A questo tema verrà dedicato un intero capitolo, ma non prima di aver cercato di rivisitare i tempi, i modi, i contenuti del processo formativo di cui l’Autrice è stata co-protagonista; non prima cioè di aver ricostruito quello “spazio” dove ogni partecipante era sollecitato ad “acquisire uno sguardo diverso” su di sé come attore nel processo formativo e sulle proprie aspettative. (Cap.IV). E ancora, non prima di avere cercato di chiarire diverse zone d’ombra che hanno un sicuro impatto sulla relazione tra operatrici e famiglie, tra operatrici e madri, in particolare. Vediamone alcune: la fatica emotiva nell’entrare in relazione con bambini e genitori, il difficile riconoscimento dello scarto tra il “genitore ideale” e quello reale, le ambivalenze del lavoro di cura nell’ambito professionale, la visione doveristica e totalizzante della maternità, la gestione del paradosso tra l’essere donne lavoratrici e lo scivolamento verso una posizione valutativa nei confronti della mamma fortemente coinvolta nella propria professione, anche in termini di orario di lavoro.
Con la domanda “Quali contributi possono venire dalle esperienze della formazione per facilitare la relazione delle operatrici con i genitori, e in particolare con le madri dei bambini?” si apre il capitolo dedicato a un’attiva esplorazione delle strategie relazionali volte a costruire percorsi collaborativi realistici, costantemente finalizzati al benessere sia del bambino sia delle figure adulte di riferimento. In queste pagine troviamo un assunto molto interessante che giustifica l’assenza di rigide indicazioni: Augusta Foni ha constatato, nei suoi lunghi anni di lavoro dialogante, come molto spesso le educatrici possiedano già strumenti per migliorare il rapporto con i genitori, quello che può mancar loro è la consapevolezza di averli lì, tra le mani. La formazione, in questo caso, ha un compito di disvelamento. Può succedere, inoltre, che le preziose informazioni – fornite dai rapporti quotidiani – sulle persone che hanno di fronte, “scivolino via riassorbite dalle stereotipie o dal silenzio dell’ovvietà”, oppure la già nominata “madre ideale” tenda a oscurare – nello svolgersi dei rapporti – la singola, concreta madre con cui l’operatrice ha a che fare. Compito della formazione, allora, è anche quello di mantenere aperto lo spazio di dialogo che consenta di dare parole a eventi che sono come “spiragli, esili tracce da esplorare”. Questo spazio diventa una “palestra” sia per esercitarsi a rendere visibile l’opaco o il nascosto dei vissuti, ma anche per esplorare “le modalità con cui il sapere delle operatrici si rapporta con quello delle famiglie”.
Il testo si chiude con una sorta di sfida, (sommessa, certamente, non da lancio del guanto!) aperta su più fronti, con il capitolo “Un laboratorio di spazi comunitari”. Le strade indicate sono molteplici, spesso si intersecano: il costante scambio con i servizi del territorio che operano nell’area dell’infanzia, sia nel pubblico sia nel privato sociale; l’apertura e il supporto – attraverso una “regia rigorosa e insieme creativa” – a momenti di socializzazione dei genitori tra di loro che hanno mostrato di saper sfociare in vere e proprie forme di mutuo aiuto; una particolare attenzione seguita da momenti di scambio nel gruppo di lavoro sull’approccio al nido dei genitori stranieri; una costante e vivace ricerca dell’equilibrio tra risposte personalizzate e mantenimento di una cornice di regole per tutte le famiglie; l’affinamento della capacità di scorgere e lasciar emergere le risorse di cui gli adulti “fruitori” del servizio – le famiglie – sono portatori; last but not least il costante lavoro interno per consolidare il reciproco riconoscimento tra gestore del servizio e figure professionali che vi operano.
Come si vede l’agenda proposta da Augusta Foni è densa. Questo libro, dunque, sarà prezioso per le educatrici che vi si ritroveranno come coprotagoniste dei percorsi fatti con Augusta Foni; prezioso per tutte le figure professionali impegnate oggi nel servizio nido perché capace di rispondere a molte domande ma anche costellato di interrogativi la cui risposta è lasciata a chi legge. Importante lettura per i genitori, per le figure familiari che sono accanto a un bambino che sta vivendo la sua esperienza nel nido e che, grazie anche a questa esperienza, si attrezza per fare i suoi, ancor piccoli, passi nel mondo.
Augusta Foni, La relazione con le famiglie al nido. Percorsi di formazione, dialogo e partecipazione, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento 2015.
*Psicologa, formatrice, redattrice di Prospettive Sociali e Sanitarie
Questa recensione è già apparsa nel n.2.1/16 di PSS.