Il Diversity Management in azienda. Strategie per un ambiente di lavoro inclusivo

di Eleonora Maglia*

A seguito dei cambiamenti sociali, demografici e familiari, caratterizzati da femminilizzazione del mercato del lavoro, crescente immigrazione e prolungamento della vita media (Bombelli, 2013), all’interno delle aziende i gruppi di lavoro risultano sempre più spesso misti, ovvero caratterizzati dalla presenza di personale diversificato per età, nazionalità e genere. Al fine di realizzare un coordinamento efficace della forza lavoro così composta, le organizzazioni stanno sempre più istituzionalizzato la figura del Diversity Manager, che viene chiamato a creare un ambiente di lavoro inclusivo, in grado di favorire l’espressione del potenziale individuale e di utilizzarlo come leva strategica per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi (Barabino et al., 2001).

I motivi di un orientamento del tipo descritto afferiscono alla sfera sociale ed hanno anche ripercussioni interne. Includere le differenze nel contesto organizzativo, infatti, oltre ad essere uno dei principi etici propri della responsabilità sociale d’impresa, ha importanti conseguenze in termini di efficienza. Secondo alcune rilevazioni, le aziende con forza lavoro mista ottengono risultati più alti al Dow Jones (fino al 22% in più), incentivata collaborazione interna ai team (fino al 57%), maggiore produttività dei singoli (fino al 12%) e superiore capacità di costruire con i clienti un rapporto solido e duraturo (fino al 19%), pur con una certa differenziazione tra i diversi Paesi e a seconda del settore economico osservato (Casali, 2016).

Operativamente, gli strumenti a disposizione sono di tipo strategico, progettuale ed operativo, ovvero comprendono la formazione dei top manager a valori inclusivi, la mappatura delle diversità e la formulazione di politiche e di pratiche ad hoc, nonché la comunicazione degli obiettivi e dei risultati all’interno dell’azienda stessa (Riccò, 2016). Per avere un’idea del successo di questi interventi, è stata recentemente realizzata un’indagine su un campione di 400 soggetti, volta a registrare le percezioni dei lavoratori sull’esistenza e il grado di diffusione delle pratiche di gestione delle diversità (Diversity Management Lab, 2015). Secondo i dati risultanti, in una scala da 1 a 7, dove 1 è il valore minimo e 7 il valore massimo, l’attenzione da parte dell’azienda alle diversità viene giudicato in media pari a 3,51. Il personale intervistato ritiene, infatti, che l’azienda in cui lavora utilmente faciliti l’inserimento di lavoratori con differenti genere, età, cultura ed orientamento (valore medio registrato 4,59 su 7), senza operare discriminazioni (nel 64,1% dei casi) e realizzando un ambiente di lavoro complessivamente non ostile (nel 70% dei casi).

Con strategie che aiutano il dialogo e la cooperazione è dunque effettivamente possibile coniugare produttività e possibilità per tutti, nonché avvicinare alla complessità aziendale anche competenze e potenzialità differenti. Si tratta di una sfida considerevole, che interessa componenti scientifiche e legislative e dove anche i territori hanno un ruolo di primo piano; tuttavia, certamente, è un obiettivo meritevole di essere intrapreso, visti i vantaggi sociali ed economici dell’inserimento lavorativo diffuso. Posto che è il cambiamento culturale ed organizzativo a fare la differenza (Riccò, op.cit.), il Diversity Management, in questo senso, è una strategia proattiva che identifica e risolve tutti i fattori ostativi (Geisen e Harder, 2011) e dà rilievo agli aspetti relazionali (contatti e interazioni) che risultano decisivi per interventi di successo (Mattana, 2016).

In Europa, a fronte di paesi all’avanguardia sul tema, come l’Olanda e la Germania, l’Italia è in ritardo nell’istituzionalizzazione di questo approccio inclusivo, le cui iniziative che, in origine, hanno riguardato in particolare il Nord (La Torre et al., 2009). Visto il recente periodo di crisi socio-economico, tuttavia, essere in grado di individuare nuove strategie che per incorporino ulteriori saperi al know-how aziendale può ora configurarsi come un’opportunità per tutte le aziende (Mattana, op. cit.) e agevolare la transizione dalla diversità alla pluralità (Bombelli e Lazazzara, 2014).

Dieci dialoghi con Diversity Manager

Un’interessante lettura che esplora i percorsi e il pensiero di chi, in azienda, quotidianamente si applica con  passione e determinazione per realizzare piani di inclusione, è il volume Diversità e Inclusione di Valentina Dolciotti edito da Guerini Next. Qui, l’autrice ha raccolto i 10 progetti d’eccellenza attivati in altrettante imprese (ABB, AXA, Costa Crociere, ENEL, Ferrovie dello Stato, General Electric, IBM, Philips, Telecom e Unicredit) e riportato il punto di vista e le osservazioni dei relativi Diversity Manager. Tutto questo offre al lettore l’opportunità di capire ed avvicinarsi alle iniziative poste in atto –a volte con difficoltà ma sempre con decisione–, per la piena inclusione delle minoranze oggetto di stereotipi nel momento dell’impiego.

Intervistando l’autrice (il 24 ottobre 2018), per comprendere, in base al suo recente lavoro di ricerca, gli aspetti su cui è particolarmente urgente intervenire nel nostro Paese, è risultato che “il livello di gestione delle diversità è soggettivo per ogni azienda, non ci sono parametri ufficiali condivisi, ad oggi, anche se aiuterebbero. Quando dalla gestione si passerà all’inclusione, allora si sarà raggiunto un ottimo risultato”. All’interno di questo scenario di riferimento, tra i prossimi passi, più urgenti, da intraprendere verso una effettiva e piena inclusione in ambito lavorativo, rileva l’esperta, si trova innanzituttouna presa di posizione chiara da parte di chi governa il Paese nel fornire parametri organizzativi, gestionali e –perché no– performativi che valorizzino la presenza della diversità nelle aziende”.

Oltre alle rilevazioni in azienda, l’autrice, grazie alla sua attività di formazione negli istituti scolastici, dispone anche di un osservatorio privilegiato per comprendere qual è il grado di sensibilità e di informazione sul tema delle diversità tra i giovani coinvolti e tra i loro familiari più prossimi e avere, così, un’idea di quale potrà essere in futuro il Diversity Management. A riguardo, le sue osservazioni mostrano che “bambini e bambine siano molto più pronti e aperti e entusiasti del cambiamento di noi adulti. L’esperienza nelle scuole d’infanzia (alunni e alunne di 5 anni) l’ha confermato. Per loro le diversità non sono un problema, tanto più che ormai la conformazione delle classi rispecchia la multiculturalità della società esterna. Allo stesso modo nelle scuole superiori e nei licei affrontare la tematica è fondamentale perché il mondo che ragazze e ragazzi si troveranno –e già si trovano– davanti e attorno è diverso, pieno zeppo di specificità che non possono essere trascurate o segregare. Ma, anche qui, capiscono e sentono molto più profondamente di noi adulti. Per fortuna!”.

Riferimenti bibliografici  

Barabino M. C., Jacobs B., Maggio M. A., 2001, Il Diversity Management, Sviluppo e Organizzazione, 184, pp- 19-31

Bombelli M. C., 2013, Generazioni in azienda, Guerini e Associati, Milano

Bombelli M. C. e Lazazzara A., 2014, Superare il Diversity Management. Come alcune terapie rischiano di peggiorare le malattie organizzative, Sociologia del lavoro n.134, pp. 169-188

Casali V., 2016, Valorizzare le diversità nell’impresa. Verso cantieri di innovazione sociale, Sviluppo&Organizzazione, n.272, pp. 17-30

Diversity Managemente Lab, 2015, Indagne sullo stato dell’atre del Diversity Management, SDA Bocconi, Milano

Dolciotti V., 2017, Diversità e inclusione. Dieci dialoghi con Diversity manager, Guerini Next, Milano

Gesen T., Harder H. G., 2011, Disability management and workplace integration: International research findings, Routledge, Londra

La Torre et al., 2009, Disability management: The application of preventive measures, health promotion and case management in Italy, Journal of Preventive Medicine and Hygiene, vol. 50, n. 1, pp. 37-45

Mattana V., 2016, Il disability management in Italia: una rassegna della studi basati su evidenza, Impresa progetto Electronic Journal of Management, n.1

Riccò R., 2016, Il Diversity Management nella pratica. Una gestione integrata delle diversità, Sviluppo&Organizzazione, n.272, pp. 56-65

 

*Dottore di ricerca in Economia della produzione e dello sviluppo

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