Vacanze albanesi

di Laura Susani*

image“Quest’estate vado in Albania”, rispondevo all’inizio di luglio agli amici che mi chiedevano delle mie vacanze. “Ma vado a lavorare”, spiegavo, suscitando commenti increduli e un po’ divertiti…
Ma così è stato: ho passato buona parte dei mesi di luglio e di agosto a Tirana a lavorare, e di questo periodo vorrei raccontare le immagini che più mi hanno colpito.

Il progetto, alla cui preparazione ho contribuito valutandone gli impatti ambientali, ha lo scopo di mettere a disposizione del Governo albanese finanziamenti da parte della Banca Mondiale, da suddividere tra le comunità rurali del paese, al fine di migliorarne la gestione delle risorse forestali e pastorali, con l’obiettivo principe di innalzarne il tenore di vita proteggendone gli habitat naturali.

Nella documentazione di lavoro viene infatti evidenziato che, nonostante i grandi progressi avvenuti negli ultimi dieci anni, grazie ai quali c’è stata una riduzione della percentuale dello stato di povertà del paese dal 29,6% del 2002 al 14% nel 2008, nelle zone montuose più remote del paese il tasso rimane ancora vicino al 30%.

La prima immagine che vorrei descrivere è quella dell’area del check-in del volo che da Malpensa mi ha portato in Albania.
La compagnia è quella di bandiera albanese: una piccola ma moderna compagnia aerea che in pochi anni si è sviluppata tanto da poter offrire voli diretti su Tirana dalla maggior parte
degli scali italiani.
Davanti ai banconi di imbarco, una folla disordinatissima con tantissimi bambini e bagagli enormi. Ma le pettinature e i maquillage delle donne sono perfetti, e l’abbigliamento di tutti, si capisce, e’ stato molto curato.
E’ la fine di luglio. Questo è un volo che porta a casa gli emigrati per le vacanze estive. Allo sbarco li aspettano le famiglie che hanno lasciato un anno prima e che probabilmente da loro periodicamente ricevono quanto li aiuta a sopravvivere nel proprio paese.
Non importa che in Italia svolgano, probabilmente, lavori umili o di fatica. Le persone che mi circondano sono tutte sorridenti e, si intuisce, orgogliose di poter tornare nel proprio paese portando doni, sia con la propria presenza, sia contenuti nei loro enormi bagagli.

La seconda immagine è dell’aereo: mentre entriamo sfiliamo davanti alla hostess che ci
accoglie con il saluto albanese. Una mamma rimprovera la sua bambina che ha risposto in italiano, dicendole, orgogliosamente: “Perché rispondi in italiano? tu sei Albanese!”
In volo un gran cicerare di adulti e grida e strilli dei tanti bambini che giocano fra di loro. E’ un volo rumoroso e gioioso che all’atterraggio esplode nel tradizionale applauso ormai ritenuto inopportuno nei cieli del nord Europa.

La terza immagine riguarda la città di Tirana. Una Tirana i cui vialoni centrali sfoggiano piste
ciclabili e un servizio simile al Bike MI, il bike-sharing milanese. I suoi innumerevoli bar e café sono sempre pieni. E i suoi parchi accolgono folle variegate appena il sole allenta la sua morsa rovente: giovani che si tengono per mano, coppie di genitori o di nonni che spingono passeggini, tanti tantissimi bambini di tutte le età, ovunque. L’unica preoccupazione di tutti è di godersi il
rinfresco della sera, e la propria reciproca compagnia. Una città vivissima e molto umana.

Ma seduti su piccoli sgabelli sotto gli alberi o agli angoli delle strade ci sono le persone che io spero possano essere i beneficiari del progetto al quale sto lavorando. Persone che vendono i loro prodotti agricoli: tanti, accucciati davanti a una griglia improvvisata, cuociono pannocchie di mais; altrettante bancarelle di meloni, angurie, e altra frutta di stagione. Una particolare immagine mi stringe il cuore: una minuta e anziana signora vende le sue more in piccoli bicchierini trasparenti.
E così passano le giornate e le serate. A Tirana gli esercizi commerciali sono sempre aperti, tutti i giorni e a tutte le ore… ma quale può essere il misero incasso di una giornata passata a vendere more o pannocchie alla brace?

Vengo a sapere che anche per chi ha le competenze per fare un lavoro qualificato, trovare un’occupazione e avere un contratto con le relative tutele non è facile.
E’ questo che spinge tanti a varcare l’Adriatico e a venire da noi.
Ci sono poco più di tre milioni di abitanti in Albania. E quasi 500,000 sono gli albanesi ufficialmente residenti in Italia. A Tirana quasi tutti parlano l’italiano o lo capiscono.
A un accogliente pranzo in una zona rurale che ho visitato durante il mio lavoro, uno dei padroni di casa mi ha detto “L’Italia per noi è sempre stata la finestra sul mondo… soprattutto negli anni del
comunismo quando era una finestra proibita”. E ha aggiunto “e per questo da noi un italiano sarà sempre meglio accolto che se fosse di qualsiasi altra nazionalità”.

Ma purtroppo non c’è ancora tanta reciprocità in questo sentimento…
L’atmosfera a bordo del volo di ritorno a Milano a fine agosto è di tutt’altro genere di quella gioiosa dell’andata a fine luglio: già ai banconi del check-in nel modernissimo aeroporto di Tirana vige il silenzio e gli occhi di tanti sono lucidi; a bordo, gli adulti sono mogi e persino i tanti bambini sono
silenziosi; all’atterraggio nessun applauso rompe la tensione del momento.

Ma credo, ed è il mio augurio, che questi voli presto si riempiranno di turisti italiani attirati sì dalle bellissime e ancora poco conosciute coste del sud dell’Albania, ma anche dal calore e dall’umanità dell’accoglienza del popolo albanese.

Per chi volesse saperne di più sul progetto, questo il link alla prima parte, di cui il progetto l’ESP Environmental Services Project è la continuazione (sito web in preparazione).

* Consulente ambientale

Un pensiero su “Vacanze albanesi

  1. chiara crepaldi

    Anche io ho trascorso questa estate qualche giorno di vacanza in Albania e purtroppo ho visto una realtà ben diversa… spazzatura ovunque, rivoli maleodoranti a fianco del grand hotel, da attraversare con le proprie ciabattine da mare, in quello che mi era stato indicato come il paradiso della costa del sud , un mare sporco e spiagge stipate di file di ombrelloni. Quello però che mi ha davvero colpito è stato l’assoluta mancanza di attenzione alla salvaguardia del territorio. Ho trovato un paesaggio in gran parte della costa del sud invaso di edifici abusivi lasciati a livello di mero scheltro, nessun tipo di pianificazione urbanistica, nessua attenzione alla tutela del patrimono ambientale. Certo le cose stanno cambiando… a ksamil, nota località turistica del sud, hanno iniziato ad abbattere gli edifici abusivi. Negli ultimi tempi ne hanno abbattuti più di 400 lasciandoli però pericolanti tanto da farmi pensare che ci fosse stato un recente terremoto assolutamente devastante. In 10 anni il paese ha fatto passi da gigante ma c’è ancora tanto da fare… In positivo mi ha invece colpito la grande gentilezza e disponibilità di tutte le persone che abbiamo incontrato nel corso del viaggio!

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