di Ugo De Ambrogio e Francesca Susani*
Si conclude la seconda edizione del Premio Cnoas-IRS-PSS “Costruiamo il Welfare dei diritti sul territorio” con la raccolta dei contributi premiati, e già pubblicati nel corso del 2017 su PSS, in un unico Quid Album disponibile in pdf in vendita sul sito di PSS. Presentiamo qui l’articolo di introduzione al Quid [1].
La premiazione si terrà domani, mercoledì 25 ottobre, in occasione del Convegno Cnoas: “Politiche sociali, professionisti e percorsi per un futuro. Costruire una Alleanza per i diritti sociali e l’equità”.
“Costruire il welfare nei territori” è una piccola ma significativa iniziativa che si colloca in un contesto nazionale definito “in crisi” da oltre 10 anni. Al di là dei timidi segnali di miglioramento degli ultimi mesi, è infatti evidente che quella che ci ostiniamo a chiamare “crisi” è una condizione stabile e non transitoria. Tuttavia, dopo una fase di stallo, dovuta al “trauma” legato all’improvviso aumento del bisogno sociale e alla parallela diminuzione delle risorse, i sistemi di welfare sono andati riattrezzandosi, indirizzandosi verso forme di cambiamento e sviluppo innovativo che prefigurano modelli molto diversi da quelli dominanti a inizio del secolo.
Ci sembra pertanto che si stia superando la fase di rassegnazione ad un welfare che negli ultimi anni è stato in buona parte svuotato, reso meno efficace e frustrante per chi vi opera, e che si stia cambiando: è vero che la crisi ha colpito come un forte tsunami il mondo delle politiche e dei servizi sociali, ma è altrettanto vero che sono passati 10 anni dall’avvio di tale fenomeno e oramai i professionisti del sociale si sono resi conto che le cose non torneranno come prima del 2007. La condizione che ancora molti si ostinano a chiamare come “di crisi” è una condizione non transitoria ma stabile, difficile ma anche dinamica e i territori si stanno attrezzando per fronteggiare tale situazione anziché attendere illusoriamente un improbabile ritorno ad un tempo passato.
Segnali di risveglio da una fase caratterizzata da immobilismo e “depressione” provengono dagli atti normativi nazionali realizzati negli ultimi mesi che pur non proponendo riforme “di sistema”, hanno riattivato un settore che per molti anni sembrava rimasto orfano di interesse nazionale (tra questi la sperimentazione del Sia e successivamente l’istituzione del Rei, la legge sul “dopo di noi”, la Riforma del Terzo settore, l’istituzione del Fondo per la povertà educativa, la legge sui minori non accompagnati).
Ma è soprattutto dal welfare territoriale che stanno a nostro avviso arrivando molti segnali di cambiamento. La minore disponibilità di risorse che si è progressivamente manifestata negli ultimi 8 anni, ha imposto una mentalità necessariamente pragmatica. Si sono infatti in tempi recenti, moltiplicate le progettualità micro, di coprogettazione e di partenariato, l’individuazione di opportunità di finanziamento miste tra pubblico, terzo settore e privato for profit, la ricerca di finanziamenti europei o provenienti da fonti private, quali le fondazioni bancarie ecc.
Il “laboratorio” di esperienze innovative territoriali che sono state premiate nella seconda edizione di “Costruiamo il Welfare dei Diritti sul Territorio” è una testimonianza di tale tendenza in atto. Ad un atteggiamento passivo ancora presente in diverse realtà, se ne è affiancato un altro: molti dei social workers davanti ai diversi scenari di crisi si riorganizzano, rivedono i contenuti e i criteri di funzionamento dei loro interventi, cercano nuove strade, nuove alleanze. In molte delle esperienze che hanno partecipato al nostro concorso e soprattutto in quelle premiate, sembra fiorire un movimento dal basso, inteso come sperimentazione nella ricerca di innovazione. Ciò nello scenario attuale sembra essenzialmente significare la capacità di guardare oltre, di ricercare nuove strade, di non lasciare andare in una deriva “neoassistenzialistica” i nostri servizi.
Le molte esperienze che hanno aderito anche alla seconda edizione del nostro concorso (un concorso nel quale non si hanno incentivi materiali ma “solo” riconoscimenti e gratificazioni “morali” o “post-materiali”), sono testimoni, tra i diversi atteggiamenti presenti, anche di questi stati d’animo non più depressivi ma propositivi ed “energetici”, che rendono conto di un processo culturale professionale in evoluzione. Molti fra i professionisti che ci hanno proposto i loro contributi si sono presentati come operatori consapevoli dei vincoli ma anche dell’importanza e del valore del proprio ruolo riuscendo a trovare nel loro lavoro gli “spazi di cambiamento possibili”.
Gli articoli selezionati per il Premio riportano tutti esperienze molto interessanti, presentate in maniera chiara ed esauriente, sia per quanto riguarda la presentazione del contesto, che per la descrizione degli obiettivi del progetto e della metodologia utilizzata, che per l’approfondimento dei risultati ottenuti e della sostenibilità dei progetti. Li presentiamo qui si seguito in dettaglio.
- E. Allegri, A. de Luca, M. C. Bertocci, S. Gallione, “Diversamente esperti”. E’ un articolo centrato sulla formazione, si tratta di un’esperienza innovativa soprattutto per il coinvolgimento di cittadini utenti come formatori. E’ quindi un ottimo esempio di partecipazione e di cittadinanza attiva.
- M. Andreazza, G. Luigi Risso, “Un sistema integrato per l’assistenza familiare”. E’ un contributo relativo ad un ricco progetto nel quale si evidenzia il coinvolgimento di varie realtà del territorio che ha permesso lo sviluppo di una rete e la creazione e gestione di sportelli integrati.
- Barco, G. Busia, M. Fasciolo, “La bottega delle reciprocità”. E’ un esperienza che gravita intorno alla parola chiave “Reciprocità”, in cui partecipazione e cittadinanza attiva sono fondamentali per la buona riuscita del progetto presentato, il cui obiettivo è stato di valorizzare il contributo volontario di persone anziane nel supportare minori e famiglie.
- G. Esposito, C. Melani, E. Bertusi, “Cambiamento organizzativo ed apprendimento permanente”. E’ un articolo che propone l’esperienza, in un contesto organizzativo complesso, di un Osservatorio del cambiamento sociale, che si è inserita in un processo più ampio di innovazione organizzativa nella gestione dei Servizi sociali.
- L. Gollino, M. Lenarduzzi, R. Orlich, “Le unità educative territoriali: un’alternativa possibile al centro diurno per disabili”. E’ un elaborato che presenta una progettualità nell’ambito di percorsi di riqualificazione dei Centri diurni per persone con disabilità. L’articolo illustra un’esperienza portata avanti in collaborazione con le realtà presenti sul territorio, permettendo la realizzazione di contesti alternativi o integrativi dei Centri diurni.
- A. Trimarchi, E. Zeppetelli, S. Vozza, M. Maspoli, G. Geda, “Il budget della salute per persone con bisogni complessi”. In questo caso, in un contesto di interventi di integrazione sociosanitaria noti con il termine di Budget di salute, l’esperienza illustrata applica il Budget di salute per dare una risposta all’aumento di questi anni del numero di persone con bisogni di salute complessi, che pongono il problema degli interventi integrati nella prassi dei servizi pubblici.
- I. Laini, “SARA. Donne senza paura: Un Servizio del territorio milanese dedicato alle donne in difficoltà”. In questo articolo si illustra un’esperienza di Cittadinanza attiva partendo dalla consapevolezza, da parte di donne vittime di violenze e abusi, di ciò che sta loro accadendo. Si presenta un servizio nato dall’idea di un’avvocata e di una psicologa con l’obiettivo di supportare e tutelare queste donne nei loro contesti di vita.
- E. Meroni, F. Maci, G. P. Barbetta, G. Argentin, “Le riunioni di famiglia”. Qui il tema della Cittadinanza attiva è sviluppato “in famiglia”, come forma di collaborazione con la scuola per individuare precocemente segnali di disagio nei pre-adolescenti.
- V. Riva, S. Volontè, “Un progetto di Housing sociale: fondo di garanzia per la morosità”. In questo elaborato si affronta il tema dell’housing sociale che, in un contesto di nuova povertà abitativa, presenta un’esperienza attivata in due Comuni dell’Alta Brianza con l’obiettivo di facilitare l’incontro e i rapporti tra proprietari e inquilini.
- C. Zanetti, M. Bergamini, A. Zanin, “Oltre le barriere: il portale informativo Trieste per Tutti”. Infine, l’articolo che chiude il Quid presenta la realizzazione del Laboratorio di Accessibilità, tavolo di lavoro integrato, finalizzato alla lettura delle criticità su territorio cittadino e alla restituzione di indicazioni per la progettazione.
Come il lettore potrà dedurre, l’esito di una lettura trasversale delle esperienze vincitrici, è che, pur in un contesto professionale difficile e per molti profondamente faticoso e demotivante, sia possibile, partendo dalla discrezionalità di ruolo di assistente sociale, educatore, psicologo, pedagogista, infermiere di comunità, insegnante, cooperatore sociale, volontario ecc., costruire in specifici contesti politiche di welfare locale diverse e innovative. Oggi si possono infatti, per esempio, favorire l’integrazione fra risorse pubbliche e private a partire da chi produce servizi, si possono promuovere collaborazioni fra servizi domiciliari sociali e sanitari in un medesimo territorio, si possono sperimentare forme di integrazione fra risorse pubbliche e private in percorsi di coprogettazione nell’ambito di un’unica offerta assistenziale, si possono sviluppare sensibilità e competenze nella società civile e anche nel livello politico, attraverso la testimonianza e la capacità di sensibilizzazione dei tecnici.
In particolare i contributi ci hanno suggerito alcune osservazioni di ordine trasversale:
- una prima questione cruciale per l’innovazione del Welfare è allargare il perimetro delle risorse finanziarie in un sistema pubblico che non attinga solo a risorse pubbliche. Si tratta di pensare al soggetto pubblico come soggetto sempre più regolatore e “imprenditore” del sociale, che ricerca le risorse disponibili e le mette a sistema;
- una seconda questione riguarda a pluralità dei soggetti del welfare. Si tratta di innovare modelli erogativi anche con patti e procedure di coprogettazione con pubblico e terzo settore corresponsabili di azioni di sviluppo del welfare, in un’ottica di rischio di impresa, considerando pertanto la coprogettazione non come un modo per fare risparmiare il pubblico, ma come un investimento sul sociale, trasformando il vecchio rapporto con il pubblico come committente e il terzo settore come fornitore, in un nuovo tipo di rapporto di partenariato, caratterizzato da corresponsabilità, in un’ottica di maggiore dinamismo e propulsività del sistema;
- il terzo tema riguarda il non abdicare a realizzare integrazione; sociosanitaria, socioeducativa, con le politiche abitative e quelle del lavoro. In particolare rispetto all’Integrazione sociosanitaria, la nostra rivista Prospettive Sociali e Sanitarie propone questa strategia dal 1971, ma purtroppo nel nostro Paese, anche se nessuno si è mai dichiarato formalmente contrario, si fa una gran fatica a praticare questo obiettivo. Sta di fatto che, anche considerando i trend demografici relativi allo sviluppo della popolazione, non è pensabile fare a meno di considerare in modo integrato sociale e sanitario. I bisogni della popolazione, in particolare quella più vulnerabile, per età, condizione di disabilità, fragilità socioeconomica, solitudine, vanno infatti necessariamente letti e affrontati in modo integrato.
- Infine, il quarto tema riguarda il preservare e sviluppare la funzione programmatoria; il momento nel quale le risorse pubbliche a disposizione dei territori sono più scarse ed è necessario mobilitare e integrarne altre, della società civile, richiede una competente e matura capacità programmatoria. Abbiamo uno strumento: i piani di zona, non svalutiamolo ma valorizziamolo per svolgere al meglio questa funzione cruciale. La programmazione sociale assume una funzione essenziale proprio perché gli attori in campo sono di più e assumono una funzione più proattiva, da protagonisti policy maker di questo settore. Sviluppare la funzione programmatoria significa anche investire in valutazione e riprogettazione, ovvero porre l’attenzione sull’efficacia dell’intervento. La programmazione si fonda sull’analisi del bisogno e sul riconoscimento degli esiti, entrambi questi aspetti devono essere noti per riprogrammare al meglio l’intervento sociale nell’ottica di una politica propositiva, migliorativa e non tamponatoria. È pertanto opportuno pensare all’intervento sociale di territorio in un’ottica progettuale e strategica e non in un’ottica difensiva, che rischia di diventare burocratica e di fatto di divenire connivente con i neanche troppo striscianti processi di smantellamento del welfare sociale.
L’esito del Premio “Costruiamo il Welfare dei Diritti sul Territorio” in definitiva suggerisce che oggi è possibile trovare le condizioni e le energie per produrre progressi, miglioramenti, riforme.
Rilanciare in tempi difficili, segnati da arretramenti culturali ed economici, il lavoro sociale inteso anche come attività creativa, proattiva, che persegue un’ottica progettuale e strategica, ha pertanto indubbiamente un importante significato: quello di resistere alle pressioni orientate a non sperimentare e a perseguire esclusivamente risultati schiacciati sull’emergenza.
Speriamo che le istanze culturali provenienti dai professionisti, dai territori e dai servizi riescano anche a fare breccia sui decisori e a far riprendere con rinnovato vigore l’idea di riformare il welfare sociale, ai vari livelli di governo in modo meno timido e più “sistemico” rispetto a quanto stiamo assistendo.
Noi da parte nostra continueremo, con il nostro partner CNOAS, a “costruire il welfare nei territori” con una terza edizione del Premio per gli anni 2018 e 2019!
[1] Alcune delle osservazioni che seguono sono state anche pubblicate in un recente articolo sul sito Welforum.it e sul n. 1/17 di PSS.
*Irs e Prospettive Sociali e Sanitarie