Una boccata di aria fresca

di Barbara Fantoni*

Ogni volta che uscivo dalla casa di riposo pensavo che non ce l’avrei mai fatta…era come camminare in una bolla e sentirmi da una parte orgogliosa di essere riuscita anche stavolta a creare quel labile legame tra me e lui e dall’altra essere schiacciata da un macigno pesante.

Già, in ogni visita sempre prepotente e presente la contraddizione: la certezza di essere sulla buona strada e di fare il suo e il nostro bene e poi il senso di colpa per averlo lasciato pressoché inerme in mani altrui, il dubbio che forse, con un po’ più di coraggio e un po’ più di sacrificio avremmo potuto tenerlo a casa con noi.

La soddisfazione di vederlo sempre lavato, accudito e il dubbio che invece quella pulizia fosse frutto di una costrizione: il doversi fidare di estranei e affidare loro una persona che difficilmente riuscirà a dire loro cosa prova e come si sente.

Io figlia, che nel giro d pochi mesi sono diventata madre di mio padre. Io figlia che in quell’uomo forte annegavo tutte le mie incertezze, eccomi improvvisamente roccia contro la quale si frangono le sue paure.

Io figlia, pazza di amore per quell’uomo che mi ha cresciuta, coccolata, ma anche sgridata ho realizzato che la strada imboccata – la malattia – non aveva né curve né svincoli ma era inevitabilmente un vicolo cieco.

Questi i pensieri e le emozioni che mi hanno accompagnato mentre varcavo il cancello dell’associazione AMA Milano per la mia prima presenza all’interno del gruppo di Automutuo Aiuto.

Avevo un groppo in gola… temevo, come sempre del resto, di non riuscire a raccontare a condividere il peso che da mesi mi portavo dentro; temevo fortemente il momento in cui fosse arrivato il mio turno: avrei dovuto presentarmi … avrei dovuto parlare … avevo paura di piangere.

Poi… poi seduta sulla mia sedia, in cerchio con altre persone ho incontrato Marco, Alexandra, Antonia, Elisa, Roberta, Elisabetta, Erminio; ognuno con la sua storia, con le sue domande, con le sue incertezze. Ilaria e Patrizia – le facilitatrici – con grande pazienza ci invitavano a turno a presentarci, a raccontare. Pensando a quei momenti mi vengono in mente due parole: discrezione ed empatia. Discrezione perché ciascuno dimostrava un forte rispetto del carico degli altri e cercava di approfondire, ma senza ferire. Empatia perché quando a turno parlavamo, i sentimenti erano immediatamente compresi e condivisi. Ricordo che a ogni incontro c’era sempre qualcuno che aveva più bisogno di parlare, perché al suo caro era successo qualcosa di particolare o perché aveva vissuto un momento bello e lo voleva raccontare agli altri.

Ilaria e Patrizia ci davano spunti per condividere le nostre esperienze: una frase, un disegno e da lì si partiva per mettere sul tavolo le nostre paure, i nostri dubbi, ma anche i piccoli grandi successi che ognuno di noi strappava quotidianamente a questa maledetta e inesorabile malattia: la demenza – Ancora adesso questa parola “demenza” mi mette a disagio… mi fa quasi venire i brividi: è per me un muro di gomma contro il quale vai a sbattere e rimbalzi… vai a sbattere e rimbalzi.

Alla fine dei nostri incontri però avevamo la sensazione di essere in qualche modo riusciti a rimettere insieme i nostri sentimenti ammaccati… Ciascuno di noi portava a casa spunti su cui riflettere, informazioni per progredire in un cammino di indubbia durezza e la certezza di non essere mai soli.

Questo è stato per me il Gruppo di Automutuo Aiuto: la forza di condividere e il coraggio di continuare.

 

*Lettrice di Scambi di Prospettive

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Associazione Malattia Alzheimer Milano –  Via Francesco Soave, 24 – 20135 Milano

È possibile prendere contatti per saperne di più e per segnalare il proprio interesse a partecipare al Gruppo, o per altre informazioni, in qualunque periodo dell’anno, telefonando al numero 02/ 83241385 o al numero di cellulare 3755571697 dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 12:30 o scrivendo a:

segreteria@amamilano.org – http://www.amamilano.org

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