Tra cinque minuti in scena

di Diletta Cicoletti e Francesca Susani*

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Nel cineforum della cittadina di mare dove mi trovavo con i miei figli settimana scorsa, trasmettevano un film che mi ero persa a Milano: Viaggio sola, di Maria Sole Tognazzi.
Ho pensato di poter lasciare il piccolo con la nonna e di portare con me il grande a vederlo, non senza prima chiedere a l’amica-collega Diletta, che l’aveva già visto, se c’erano scene non adatte ad un dodicenne.
Lei me ne ha citato un paio… ma insieme abbiamo pensato che potessi correre “il rischio”…
(Per chi volesse approfondire l’opinione di Diletta Cicoletti sul film “Viaggio sola”: vi segnalo questo suo bel post apparso su Conciliazione Plurale).

Ho atteso con un pò di ansia quelle scene durante la proiezione, e quando sono infine arrivate ho pensato che l’avessero tagliate, per renderle più consone al pubblico locale, composto perlopiù da anziani e bambini.

Tornata a Milano ne ho riparlato con Diletta citando invece altre scene che mi avevano colpito, di relazioni non risolte tra i protagonisti, ma ognuno vede ciò che vuole in un film, e ci colpiscono cose diverse a seconda dei nostri vissuti.
Il film non era stato tagliato, solo che noi eravamo rimaste colpite da tematiche diverse.

E sono tantissime le tematiche trattate dal film che ieri abbiamo visto insieme io e lei: Tra cinque minuti in scena di Laura Chiossone, interpretato da Gianna Coletti, da sua madre, la novantatrenne Anna Coletti, e da altri ottimi attori.

Un film di forte attualità, come ha detto la regista al termine della proiezione del suo primo lungometraggio: “Sono 13 anni che faccio la gavetta con video e pubblicità. Di film ne ho scritti tanti… tutti rifiutati, ma questo è stato accolto con facilità… il tema è attuale, e parla della realtà… e spesso la realtà funziona meglio di certe storie che uno va a cercare dentro di sè da raccontare…”
E lo sceneggiatore, Gabriele Scotti, aggiunge: volevamo raccontare del rapporto madre-figlia ma anche delle difficoltà di portare avanti un progetto, in questo particolare momento storico.

E così abbiamo le difficoltà del giovane regista che sta aspettando i finanziamenti per poter portare in scena questa commedia;
abbiamo la bella bosniaca, che impersona la badante, che sotto le bombe del suo paese ha giurato che se ne usciva viva avrebbe fatto l’attrice;
abbiamo l’anziana attrice, che non accetta di invecchiare;
abbiamo la moglie del finanziatore, che forse fa parte del cast proprio perchè è “la moglie”, eppure i finanziamenti non arrivano…;
abbiamo l’attore di mezza età che corteggia la nostra Gianna…
E soprattutto abbiamo Gianna, che si ritrova a recitare, impersonando Marina, ciò che sta vivendo a casa: occuparsi dell’anziana madre, tentando comunque di avere una vita sua, lavorativa e personale.
E scopriamo che la regista ha voluto raccontare una storia vera, quella di Gianna Coletti, appunto, e di sua madre Anna.

Queste le tematiche che hanno colpito me… ma ce ne sono sicuramente molte altre… vale la pena andare a vederlo per scoprirle…

E tu Diletta, cosa mi dici questa volta sul film?

Cosa mi ha colpito? Be’, in preda a vissuti e fatiche ho rivisto storie personali: mia mamma con mia nonna e mio padre con l’altra nonna. Tanti momenti diversi gioiosi e tristi, appassionanti, faticosi, densi di presente e anche (spesso soprattutto) di passato. Proprio questo pensiero mi fa ricordare le mie visite circospette, sospettose, timorose alla casa di riposo dove mia nonna ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita. Conoscevo le case di riposo da tempo, avendo anche condotto percorsi formativi con operatori, ma entrarci come “cliente” è un’altra faccenda. Forse ero facilitata dal sapere che potevano presentarsi alcuni problemi, ho sempre avuto grande fiducia negli operatori, cercavamo comunque di seguire le istruzioni della direzione e degli infermieri, ma nello stesso tempo cercavamo di capire cosa fosse meglio per mia nonna. Mangiare con le persone più autosufficienti sarebbe stato meglio, ma non essendo autonoma questo non era proprio possibile. La compagnia di 10 anziani in carrozzina non rendeva allegra la situazione.

E proprio la leggerezza di Gianna mi è mancata in quell’occasione, la stessa che invece mia nonna aveva: la battuta pronta, il racconto vivido, lo sguardo vigile. Gianna riesce a mantenere quel candore e quella spontaneità anche nel racconto della fatica. E’ ironica e autoironica, con Gianna e Anna si ride proprio.

Che effetto farebbe o che effetto farà questo film agli educatori o agli animatori delle case di riposo o delle RSA o agli/alle assistenti familiari o agli ASA/OSS ?

Siamo in un momento difficile anche dal punto di vista del nostro sistema di welfare (sul tema segnaliamo anche i post: “Badare non basta” e “Costruire alleanze, per un futuro dignitoso“): le donne di 50 anni che perdono il lavoro e che difficilmente riescono a ricollocarsi a breve, tornano ad occuparsi delle mamme e dei papà (oltre che dei nipoti) e le badanti, soprattutto dell’est Europa vivono l’emigrazione di ritorno. Quindi: che effetto può fare alle figlie e ai figli vedere questo film?

Spero che vi faccia l’effetto che ha fatto a noi: perchè ieri sera forse siamo uscite dal cinema con una strana leggerezza e una bella energia.

* Irs, Milano e Prospettive Sociali e Sanitarie

2 pensieri su “Tra cinque minuti in scena

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