“Si se noverit!” L’operatore tra il mito di Narciso e di Pigmalione

di Davide Pizzi*

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«Sarà felice mio figlio?» chiese la madre di Narciso al veggente Tiresia, ed egli rispose: «Si se non noverit!». Sì, se non avrà conosciuto se stesso. Dall’assenza della conoscenza di sé sarebbe dipesa la felicità di Narciso.

Egli però si conobbe! Dapprima non riconoscendosi nella sua immagine specchiata credette di aver trovato l’altro diverso da sé, successivamente scoprì che l’oggetto contemplato era proprio lui: il dramma della “riduzione a uno”, e questo stato di autoreferenzialità lo condusse alla morte.

Nel caso dell’operatore sociale invece, i parametri devono essere ribaltati: per una buona riuscita professionale, egli necessita, poiché indispensabile, di conoscersi. Il lavoro introspettivo deve essere compiuto su due livelli: individuale, cioè sul singolo operatore, e collettivo, ossia sugli operatori che compongono e formano l’intero sistema. Un valido lavoro di rete e d’integrazione con gli altri servizi territoriali dipende dalla misura in cui tutti hanno conoscenza e consapevolezza di sé, sia come singoli operatori, sia come appartenenti a uno specifico servizio. La vera difficoltà dell’approccio integrato tra i servizi è mentale, e consiste nel modificare il proprio atteggiamento professionale. È richiesto di abbattere una parte del proprio sé autoreferenziale (del singolo e dello spirito di corpo di cui parlava anche Merton nella sua analisi critica alla burocrazia), per aprirsi e lasciare spazio a una dimensione nuova, più estesa, più circolatoria delle idee, e dei saperi professionali, contro gli interessi di parte dei singoli operatori, dei servizi che essi rappresentano, e degli interessi politici e gestionali dei loro enti di appartenenza. Deve avvenire un passaggio da uno spirito di corpo “monade/campanilista” verso uno di tipo “cosmopolita”. Un interessante esempio storico lo ritroviamo nel libro di Jared Diamond (Armi, acciaio e malattie, Einaudi Editore). L’autore sottolinea il declino dell’impero cinese nel periodo in cui chiuse i rapporti e gli scambi con le altre popolazioni, che impedirono di fatto la circolazione interna delle nuove idee. La Cina perse il primato nel campo del progresso e fu superato dagli altri paesi. L’autarchia e l’autopoietica delle idee possono condizionare molto la vita dei servizi e degli operatori, a scapito degli utenti, ma anche dei colleghi che non la pensano allo stesso modo, e che si sottraggono dalla chiusura autoreferenziale, con conseguente stress emotivo, rischio di isolamento professionale, o di reazioni collusive/reattive tra colleghi o con la dirigenza dell’Ente.

Pigmalione

Il mito di Pigmalione può essere interpretato come un prolungamento del narcisismo: egli si innamorò della scultura da lui creata. Anche in questo mito l’oggetto d’amore narcisistico si colloca fuori da sé. La sofferenza di Narciso e di Pigmalione, quindi, nasce dalla barriera che impedisce di congiungere il dentro di sé dal fuori di sé, dove è collocata alterità, vista come possibilità e via di fuga dall’infelice individualismo. È possibile affermare che proprio l’autoreferenzialità al suo acme produce, a un certo punto, la diversità, per permettere alla persona di sopravvivere; meccanismo di difesa per proteggersi dal narcisismo. Affinché questa strategia abbia successo, occorre un aiuto. Pigmalione a differenza di Narciso visse, e  felicemente, con “l’altro diverso da sé”, aiutato dalla dea Afrodite che mutò la statua in donna. Narciso invece, cercando di fare tutto da solo, perì.

Da dove possono nascere questi rischi?

•    Eccessiva fiducia in sé stessi, nella propria anzianità di servizio vissuti a tratti come una sorta “d’infallibilità”;
•    Il timore di essere contaminati da nuove idee che impongono alla riflessione se si è poco propensi o abituati a riflettere, preferendo agire più comodamente per automatismi;
•    La presenza di operatori con problemi nel gestire la propria sfera emotiva, o con disturbi di personalità (potrebbe sembrare un paradosso, ma alcuni colleghi o all’inizio, o a metà carriera evidenziano questi tratti);

Quali potrebbero essere i paradossi per antonomasia?
Gli operatori e i servizi potrebbero addirittura trasformarsi in generatori di complessità:

•    In primis, l’effetto perverso dello “scaricabarile”: es. nei casi in cui si rileva una doppia diagnosi, è quasi sempre un servizio alla fine a farsi carico dell’utente, mentre l’altro esce di scena, oppure collabora in modo evanescente e saltuario;
•    Opposto allo “scaricabarile”, si colloca l’eccessiva intrusione di un servizio a scapito di un altro, coinvolgendolo anche nelle situazioni in cui non ce ne sarebbe bisogno! Ciò può avvenire, in base a quanto ho potuto riscontrare con la mia esperienza,  o per incapacità del servizio di assolvere da solo il proprio compito, o per evitare la piena assunzione delle proprie responsabilità (in questo modo si placano le ansie del collega, o peggio ancora di chi coordina o dirige) cercandole di dividerne il peso a metà con l’altro servizio, oppure per controllare come viene eseguito il lavoro altrui (scarsa fiducia o mania di controllo?).

I possibili rimedi: la supervisione

Ritengo la supervisione un validissimo strumento per la conoscenza del sé. Una persona esterna al sistema, che rischia di trasformarsi in “circolo vizioso”, offre una veduta differente delle cose. Nel processo indispensabile di conoscenza, il supervisore può fungere addirittura da specchio. La salvezza e la sopravvivenza provengono sempre dall’esterno; quis custodiet ipsos custodes? parafrasato al contesto dei servizi: «chi aiuterà l’operatore?».

Il maggese
La natura ha sempre ispirato all’uomo brillanti intuizioni, divenute successivamente scoperte scientifiche interessanti. L’agronomia per esempio, suggerisce la tecnica della rotazione e la coltura a maggese. Queste due scoperte sono paragonabili alla rivoluzione copernicana dell’agricoltura. Esse consentirono l’incremento della produttività, aumento delle risorse del terreno, riduzione degli agenti patogeni nel terreno e sulle piante, e miglior assorbimento dell’acqua. Questi vantaggi si estesero anche all’allevamento del bestiame, che ottenne di più foraggio. Anche l’operatore, soprattutto per chi è inserito in un servizi che sottopone più di altri a stress emotivo (es. CSM, Ser.T) dovrebbe beneficiare, dopo un certo numero di anni, di una  “rotazione”, andando a lavorare in altri servizi. L’apporto produttivo per sé e per gli altri molto probabilmente ne risentirebbe positivamente.

Conclusione
«Potrà essere più professionale l’operatore e il suo servizio?» Si se noverit!

* Assistente sociale, Ordine della Regione Puglia

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