Ho cenato Ingalera

logo-ingaleradi Diletta Cicoletti*

Il ristorante ha aperto alla fine di settembre, si trova a Bollate, nel carcere tanto noto per aver innovato, sperimentato, provato una relazione diversa tra “dentro” e “fuori”.

L’arrivo

Si arriva un po’ a fatica, al carcere di Bollate, non ci sono tante indicazioni, forse una. Ma ci sono molte strade possibili che nel buio rischiano di diventare un labirinto anche per chi il luogo lo frequenta. Rischi di arrivare al carcere di Bollate sempre da strade diverse.

Il parcheggio è enorme, le macchine pochine. Sullo sfondo, appena oltre la strada, le macerie di Expo. Tutto spento. Niente code, niente di niente. Anche se sappiamo che useranno presto nuovamente quello spazio, visto così è una struttura fantasma. Dall’altro lato il carcere: due modi opposti di confrontarsi con la vita, fino a qualche mese fa così vicini e così lontani, oggi incredibilmente simili.

L’accesso alla struttura

Lasciata la macchina si accede alla struttura dalla saletta dei colloqui, che viene aperta a richiesta. Pensi subito a quante cose succedono in quel piccolo spazio, che di solito è uno spazio che apre uno spiraglio verso l’esterno, per noi è lo spazio che conduce all’interno.

Accompagnate da due ragazze hostess del ristorante arriviamo nel cortile.

Il ristorante è stato costruito utilizzando lo spazio ricreativo che era dedicato alle pause delle guardie penitenziarie. Non è proprio dentro il carcere, ma appena fuori dalla grande porta bianca che separa. Fuori due panche in legno per i fumatori, dentro uno spazio molto bello, ristrutturato come i migliori ristoranti, molto caldo e accogliente. I tavoli apparecchiati alla perfezione.

Entrando ho sentito tutta la distanza tra il luogo (la collocazione) e lo spazio (la disposizione). Alle pareti i manifesti dei film più famosi: Le ali della libertà, Fuga per la vittoria, Il miglio verde. L’ironia che aiuta a sentirsi a proprio agio, che fa sorridere e rompe quella distanza. Dunque siamo dentro.

La cena

L’esperienza è da fare, non è possibile descrivere di più, per non trasformare questo post in una recensione di Tripadvisor (per altro lì trovate tutto ben descritto).

Vorrei piuttosto stare in questo continuo essere dentro e sentirsi fuori, o essere fuori e sentirsi dentro. I motivi di un luogo così bello, con un servizio di alta qualità e cibo ottimamente servito, li spiega bene la Presidente della cooperativa ABC: è ora di smetterla di pensare all’inserimento lavorativo nel sociale come l’anello debole, perchè nel sociale la qualità dell’intervento passa dal lavoro qualificato, ben retribuito, da professionalità spendibili, da competenze che possono essere più connesse al contesto sociale. Questo mi sembra essere il punto.

Dalle parole di Silvia Polleri (tratte dall’articolo comparso su LaRepubblica):

Pionieri o pirati. “In questi undici anni di lavoro in carcere, ho sempre pensato che aver costituito una cooperativa di catering sia stato davvero scoprire nuovi mondi  –  dichiara Silvia Polleri, Presidente della Cooperativa Sociale ABC La Sapienza in Tavola. Quando parti per trovare una terra sconosciuta puoi farlo in due modi, pioniere o pirata, orgogliosamente abbiamo sempre scelto il primo. Anche per il progetto ristorante InGalera, sognato e coccolato, persone e luoghi assolutamente differenti ma con un obiettivo comune: offrire il meglio, volere il meglio nel proprio lavoro. Desidero che InGalera diventi un marchio forte e credibile e possa costituire un importante elemento nel curriculum di ogni detenuto che vi transiterà; non dimentichiamo che chi imprime il “fine pena mai” a chi è stato in prigione è la società. Voglio contribuire a togliere questo stigma”.

I 2 camerieri sono detenuti, adeguatamente preparati, molto gentili e disponibili. Ogni tanto si coglievano dei movimenti sul volto, le fatiche di tenere un certo comportamento, almeno io ho notato qualche passaggio confuso. Ma proprio questo mi è parso un dato di grande vicinanza con la realtà, non un artefatto, non una finzione.

Andiamo Ingalera portando quello che siamo, con le nostre attese e con i nostri occhi aperti. E lasciamo che questa cena sia bella, proprio perchè vissuta nella pienezza del luogo in cui si colloca. http://www.ingalera.it

*Ricercatrice, consulente, formatrice e blogger. Redazione di PSS e di Scambi di Prospettive.

2 pensieri su “Ho cenato Ingalera

  1. Assunta detta Nucci Rota

    Ricordo che l’8 marzo di qualche anno fa un’amica, che teneva un corso di cucina alle detenute di Bollate, ci invitò alla cena di chiusura corso. Fu un’esperienza indimenticabile sia per il buon cibo servito e, almeno da parte mia, ricordo i volti delle donne (allora non c’erano camerieri) che ci servivano ai tavoli. In loro si coglieva la curiosità nei nostri confronti esattamente speculare alla nostra.

    Rispondi
  2. Claudio

    Senza sbarre #carcere riabilitativo che conviene a tutti. Spiazzante il secondo servizio della trasmissione Presadiretta – Rai 3 del 14feb16 sul modello norvegese, capace di trattare con dignità i detenuti, produrre inclusione e il piu basso tasso di recidive. Streaming su http://goo.gl/gk4K87

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *