Fa meno fatica un cammello a entrare in un ago…

di Giulia Ghezzi *

cammello… che un assistente sociale a trovare il tempo di scrivere! E di leggere.
Sembra che il tempo usato per appuntare riflessioni, leggere riviste e informarsi sul web sia “quel di più” che proprio non possiamo regalarci, presi come siamo dal turbinio degli accadimenti quotidiani.
Un po’ è vero: quando le cose sono tante ci si sente più legittimati a lavorare a testa bassa che fermarsi un attimo. Ma io credo che ritagliarsi un momento per scrivere sia un regalo alla propria professione e un antidoto contro il burn-out.

Mai come quando scrivo riesco a riflettere, collegare pensieri lontani, dargli una forma. Tutto questo mi aiuta a fare chiarezza dentro di me e a liberarmi da certi grovigli che accumulo lavorando e che se non sciolgo mi pesano dentro.
Scrivere è anche un modo per “oggettivare” il mio pensiero e poterlo guardarlo da fuori. Una volta che è lì, nero su bianco, è fuori di me e io posso rileggerlo. Certo non con quel distacco con cui mi approccio alle cose scritte da altri, ma comunque con una distanza maggiore di quando era nella mia testa.

E poi per me scrivere fa rima con condividere. Non solo perché l’idea che ci sia un destinatario, seppure ignoto, mi stimola a prendere in mano la penna, pardon, la tastiera, ma soprattutto perché credo che sia importante che ci raccontiamo reciprocamente come lavoriamo, con quali strumenti, risorse e difficoltà.

Quando ho cominciato a fare l’assistente sociale ho vissuto mesi da incubo perché non sapevo cosa fare e non sapevo come fare a impararlo. Mi ero appena laureata a pieni voti ma la formazione ricevuta non mi aveva dato sufficienti strumenti per essere immediatamente operativa… quindi è stato un gran chiedere alle colleghe dei Comuni limitrofi e un gran imparare dall’esperienza, con buona pace per i malcapitati che sono transitati dal mio ufficio.
Dentro di me cresceva sempre più grande questo interrogativo: ma visto che lavoro come assistente sociale comunale, esattamente come qualche altro centinaio di colleghe/i in Lombardia e a qualche altro migliaio in giro per tutta la penisola, perché mai mi sento come se fossi la prima e unica a essere seduta in questo ufficio? Possibile che il sapere sia solo dentro la testa delle persone? Perché non esiste un bel manuale di servizio sociale comunale? Perché non c’è un qualche sito dedicato?
Beninteso, so che l’indeterminatezza appartiene al nostro lavoro, che non è possibile ridurre la complessità del reale in una casistica finita, che ci sarà sempre la situazione che sfugge alle definizioni… Ma una cosa è fare i conti  con la poliedricità della vita umana, un’altra cosa è navigare a vista.
Ci sono vari livelli per i quali sarebbe interessante provare a scambiarci un po’ di sapere. Un livello macro, che attiene ai nostri quadri di riferimento, alle teorie che abbiamo in mente quando impostiamo il nostro lavoro.
Un livello meso che riguarda come ci muoviamo per raggiungere i nostri obiettivi: usiamo i gruppi di auto mutuo aiuto? Facciamo incontri con le associazioni? Trattiamo i singoli casi uno ad uno?
Un ultimo livello, micro, riguarda le singole procedure, quelle che in teoria dovrebbero essere in qualche modo pre-stabilite e codificate: fare un 403, attivare un SAD (Servizio Assistenza Domiciliare), erogare un contributo economico, ecc. E qui la cosa interessante è mettere a fuoco non solo quali passaggi faccio, ma anche con quale senso e con quali attenzioni.
Credo che, se ci raccontassimo vicendevolmente come lavoriamo, potremmo beneficiare dell’esperienza altrui e, mattone su mattone, costruirci un sapere professionale un po’ meno autoreferenziale e un po’ più validato dalla comunità professionale. Sebbene non ancora scientifico, perché per questo occorre ben altro.
Altro mio grande cruccio è lo scambio di informazioni. Il nostro welfare è un meraviglioso susseguirsi di iniziative estemporanee e limitate, per cui il cittadino bisognoso è sempre ingaggiato in una caccia al tesoro per trovare la risposta più vicina ai suoi bisogni. Come assistente sociale impegnata nel segretariato sociale dovrei essere un po’ più informata di lui, ma chi mi aiuta a restare aggiornata?
Posso iscrivermi alle newsletter, alle pagine facebook di enti e associazioni, andare ai convegni e parlare con le persone… ma che fatica! E quanto tempo! Se poi pensiamo di moltiplicarlo per ogni A.S., è davvero uno spreco di risorse. Ma perché non c’è un qualche servizio dedicato?
Avere le informazioni è fondamentale, soprattutto se il tuo lavoro è (anche) aiutare il cittadino a muoversi con competenza. Le giuste informazioni aiutano a risparmiare tempo e frustrazioni, ma se devo perdere ore a cercarle mi passa la voglia di farlo.
Ma, anche qua, se ci mettessimo a condividere quello che già sappiamo, perché l’abbiamo letto o c’è venuto all’orecchio, allora potremmo aggiornarci reciprocamente senza troppo sforzo. Il web è sempre più social, noi siamo “sociali” per definizione, per cui non ci resta che usare a nostro vantaggio le potenzialità della rete.
Io ci sto provando. Non è da molto che ho creato un blog (saperesociale.com) dove condividere i miei pensieri e esplorli ai commenti dei colleghi, nella speranza di un confronto che migliori il prodotto iniziale. Un blog, e non un sito, perché credo nell’ottica “wiki”, cioè nel fatto che ognuno possa scrivere un commento e così mettere a disposizione degli altri il proprio pezzo di conoscenza. In una prospettiva di arricchimento e scambio inter pares.
Ho anche creato una pagina facebook parallela (www.facebook.com/saperesociale), non solo per diffondere i contenuti del blog ma anche per condividere informazioni in tempo reale: bandi e finanziamenti pubblici e privati, esempi di prassi che mi sembrano buone, articoli interessanti. Anche qua, lo strumento è stato scelto per facilitare la condivisione e il confronto.
Due tentativi, sicuramente piccoli e limitati, che sono anche una scommessa sulla capacità della nostra comunità professionale di fare rete e di innovarsi. Non trovate?

* Assistente sociale, blogger

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