“Come un’armata brancaleone…”

di Giselda Rusmini

brancaleone Assenza di un Piano nazionale Alzheimer, mancanza di una squadra di lavoro centrale, estrema carenza di servizi territoriali, interventi d’eccellenza lasciati alla libera iniziativa “dal basso”. È il quadro delineato da Michele Farina nell’ultima tappa dell’inchiesta sulle demenze, pubblicata il 20 febbraio sul Corriere della Sera.
Il confronto con altri Paesi europei appare impietoso e mette in luce quanto poco si stia facendo per affrontare un’emergenza che riguarda soprattutto le persone in età avanzata, oltre alle loro famiglie. In Francia e in Inghilterra, dove un Piano per le demenze esiste, la lotta a queste malattie è diventata anche un argomento di  battaglia politica. E qui?
Mi tornano in mente le parole del sociologo Mauro Magatti, allo scorso Forum sulla non autosufficienza, quando diceva che questo periodo di crisi rappresenta una formidabile opportunità per ripensare le priorità, porsi degli obiettivi e fare un uso saggio delle risorse limitate di cui si dispone. Nel Paese più anziano d’Europa, sostenere i malati di Alzheimer o di altre demenze, e con loro le famiglie che li assistono, può essere una priorità di salute pubblica?
Il neurologo alla malata di Alzheimer “Se non vuoi guarire, ti lascio morire”, di M. Farina, Corriere della Sera, 20 febbraio 2014.

Precedenti articoli dell’inchiesta

* Ricercatrice, collabora con Irs dal 2005.

3 pensieri su ““Come un’armata brancaleone…”

  1. Luisa Foresti

    Non si può che essere in accordo con quanto scritto nell’articolo. Purtroppo anche nelle REGIONI “PIù SENSIBILI” (????) NON CI SI è ACCORTI DELL’IMMENSA DEVASTAZIONE MENTALE DEL PROBLEMA. E non c’è solo questo: quando la gravità della degenerazione cognitiva e comportamentale diventa ingestibile è proprio allora che TUTTI salutano: non può più essere prescritto il farmaco che “pare” rallentare la degenerazione; se lo vuoi,per non togliere la forse illusione del rallentamento, occorre che la famiglia, se può, lo paghi.I medici Geriatri (a parte quelli maggiormente “umani”) hanno finito il loro lavoro barricandosi dietro a Leggi che comunque a mio avviso vanno interpretate.I servizi ci sono, sì, per le gravità da inserire nelle residenzed per anziani. Ma oggi non si può più parlare solo di anziani. Nella realtà in cui vivo, il problema è già presente in misura eclatante, anche in persone che ancora non hanno compiuto i 60 anni. Sono un famigliare che assieme ad altri abbiamo costituito una associazione di volontariato dedicata al problema nella speranza di poter contribuire a rispondere alle reali esigenze delle famiglie e dei loro cari.

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