“Cambia il mondo ma noi no…”

di Pierluigi Emesti*

DSC_0390_Iván_Melenchón_Serrano_MorgueFilePrendo a prestito la strofa di una canzone per sottolineare come sia difficile affrontare un cambiamento nella nostra vita; essere sempre uguali a sé stessi a volte è un pregio, ma nella maggior parte delle occasioni ci prende la mano e da esempio di coerenza e fedeltà diventa una sorta di gabbia mentale.

Un salto nel buio oppure un passo verso una vita migliore?

Cerco di spiegarmi meglio: se lavoro in un posto dove nel corso degli anni mi ritrovo delle relazioni con i colleghi di lavoro che mi danno sofferenza e fatica nello svolgimento del mio lavoro quotidiano, saprò trovare il coraggio di chiedere un trasferimento e cambiare ambiente con tutte le conseguenze che seguiranno? La paura di dovermi rimettere in gioco (almeno parzialmente), cercare nuovi equilibri, nuove abitudini in cui inserirmi, stabilire altre relazioni, conoscere e studiare nuovi casi con cui lavorare. Una fatica bestiale.

Piuttosto che dedicare le mie energie a questi aspetti “nuovi”, spesso preferisco consumare la mia “benzina” nel sopportare una situazione a me non grata, trovare strategie di evitamento di problemi. Farmi passare sopra i commenti salaci, le critiche velate, riconoscere le piccole trappole che troppo spesso fra colleghi infelici ci si prepara. Quante risorse si consumano male in questo gioco! E le persone per le quali lavoriamo, con le quali giorno dopo giorno ci confrontiamo nella loro (e nostra) fragilità non possono non avvertire la nostra consunzione. Altre volte non ci rendiamo conto che il contesto intorno a noi si evolve, ma noi facciamo fatica ad adattarci ad esso, eppure sarebbe così più efficace il nostro lavoro.

Anche a scuola si cambia poco

Quanti insegnanti per esempio, dopo aver messo a punto (con un certo impegno, indubbiamente) un certo programma di lezioni, lo ripetono sempre uguale anno dopo anno, in classi diverse, con bambini diversi, magari senza rendersi conto che le provenienze culturali sono sostanzialmente cambiate, e invece di fare lo sforzo di cambiare il programma o il metodo di lavoro si lamentano dei risultati che gli alunni ottengono.

Ok! Ma non kamikaze inconsapevoli

Però questo processo di cambiamento che gli operatori sociali ed educativi possono intraprendere, per svolgere in maniera più efficace il loro lavoro, deve essere accompagnato e supportato; non si può pretendere che il singolo faccia questo sforzo senza svolgere una azione di sistema. Il cambiamento deve essere vissuto non come una forzatura calata dall’alto, ma un modo di rispondere ad un bisogno che deve essere riconosciuto.

Se non riesco ad esprimere e riconoscere un mio bisogno che può essere soddisfatto da un cambiamento che inevitabilmente richiederà fatica, io non vedrò il lato positivo finale ma solo l’aspetto negativo iniziale.

Purtroppo vedo proprio in questi giorni una situazione che va in questa direzione.

Pare sia in corso un carosello di educatori nei servizi semiresidenziali per disabili a Milano, dove in ossequio al principio de “la persona al centro” una trentina di persone sono state spostate di sede di lavoro al rientro dalle ferie, con tre giorni di preavviso. Salvo poi rivedere alcuni  provvedimenti, anzi no… dopo due settimane arriva un altro ordine di servizio: tutto come prima… però forse no… (??) e l’incertezza aumenta; un cambiamento, nelle dichiarazioni, volto a tutelare il benessere e la salute degli operatori dando opportunità di sperimentarsi in nuove situazioni, con modalità però non condivise con i lavoratori e le famiglie (intorno al quale ruota il nostro lavoro) i cui risultati sono tutti da verificare: forse da rivedere.

Immagino che in molti vivano una esperienza simile. Allora mi domando: come fare? Perché, al contrario di come qualcuno ha scritto, le energie e le risorse non sono molte, e difficilmente rinnovabili. Vedo nello sguardo di molti miei colleghi il lampeggiare della spia della riserva. Una supervisione qua e là non risolve certo la situazione, a volte le complica.

La qualità e il concetto di supervisione nei servizi socio sanitari e socio-educativi potrebbe essere oggetto di altra riflessione.

*Educatore Professionale

La redazione segnala che sul tema del cambiamento Prospettive Sociali e Sanitarie ha pubblicato alcuni fascicoli monografici curati da Sergio Pasquinelli (n. 8 del 2011: “Sostenere il cambiamento possibile”; n. 17 del 2009: “Il cambiamento nelle relazioni d’aiuto”) oltre all’articolo, sempre di S. Pasquinelli: “Patti e progetti generano cambiamento” (n. 3 del 2009).  Vi ricordiamo che è possibile richiedere i numeri arretrati che dovessero interessare contattando l’Ufficio abbonati: pss.abbo@irsonline.it, tel. 02.46764276

Un pensiero su ““Cambia il mondo ma noi no…”

  1. maxmarena

    Filosoficamente parlando il cambiamento è vita, è tutto, è movimento, è rinascita. Poi, invece, nella pratica, nella fatica quotidiana del lavoro, non ci resta che ammettere che cambiare è difficile, spesso impossibile. Una volta, una docente di Filosofia morale disse a una sua studentessa mia amica che era in crisi: “changez tout!”, ma appunto, era una filosofa…

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