Portobello: un “people supermarket” contro la crisi

di Marcella Sala*

portobello 4Ha appena aperto a Modena il primo “people supermarket”, l’emporio a cui potranno accedere le famiglie in difficoltà segnalate dai Servizi sociali del Comune. Portobello, così si chiama, ha inaugurato la sua attività lo scorso 28 giugno.

Un progetto concreto per dare sostegno alle famiglie in difficoltà economiche. All’apparenza si tratta di un normale supermercato, tuttavia sugli scaffali non compaiono prezzi, bensì un punteggio corrispondente a ciascun prodotto. Pasta, condimenti, biscotti, alimenti per bambini, pannolini possono così essere “acquistati” dalle famiglie attraverso punti caricati sul codice fiscale, assegnati in base alla composizione del nucleo familiare.

Le persone possono scegliere e “acquistare” i prodotti, con tanto di carrello della spesa, andando così oltre il concetto classico del banco alimentare. I supermercati per persone e famiglie in difficoltà sono molto diffusi negli Stati Uniti e sono solitamente gestiti da associazioni di volontariato. Questa esperienza è arrivata da poco anche in Italia (a Parma un’iniziativa simile è sorta quattro anni fa), ma a Modena ha una variante innovativa: qui si offre la spesa in cambio di ore di volontariato.

Ogni persona che accede a Portobello, infatti, partecipa ad un colloquio di orientamento al volontariato con personale specializzato del Centro di Servizio per il Volontariato di Modena. Può così conoscere le associazioni del territorio, scoprendo quella più adatta alle sue disponibilità e può partecipare ad attività di volontariato che si svolgono nel territorio modenese (anche presso lo stesso market Portobello, se necessario).

Portobello non è dunque solo un supermercato “speciale”, ma anche un luogo in cui si produce solidarietà, chi donando tempo o denaro, chi “ricambiando” quanto ricevuto dall’Emporio con un’attività di volontariato da svolgere nella struttura o nelle associazioni del territorio. Non si tratta di un obbligo per le famiglie che hanno accesso al progetto, ma di un modo per responsabilizzare all’attenzione per l’altro. Non solo: molti di coloro che hanno accesso all’Emporio sono caduti in povertà a causa della perdita del lavoro, cosa che può portare con sé un senso di scoramento e perdita di fiducia nelle proprie potenzialità. La possibilità di contribuire attivamente al progetto o ad altre attività di volontariato è così anche un’opportunità per mantenersi attivi e continuare a investire su se stessi.

Presso Portobello, inoltre, sarà possibile trovare consulenti esperti nella gestione del bilancio familiare, nella rinegoziazione dei mutui, nell’analisi dell’indebitamento, nella scelta degli strumenti finanziari, nella difesa dei consumatori verso le aziende e i fornitori di servizi. Non solo spesa, dunque, ma anche aiuto per migliorare la propria situazione economica, supporto nella scelta dei fornitori, aiuto nelle difficili fasi che seguono ad una crisi.

Portobello è un progetto di comunità che coinvolge cittadini, imprese, associazioni ed istituzioni. Nasce due anni fa e si concretizza nel 2013 grazie a diverse associazioni del terzo settore, riunite sotto l’egida del centro Servizi per il Volontariato, che riescono ad ottenere la collaborazione del Comune, di alcuni soggetti privati e della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Il Comune di Modena decide di concedere i locali di via Divisione Acqui 81, nel comparto ex Amiu. Sono invece alcuni privati (tra cui Nordiconad, Coop Estense, Ccm) a donare arredi, macchinari e ovviamente beni di consumo per i clienti. Prende così vita il mini-market, completamente allestito da volontari, in particolar modo della Protezione Civile.

Ruolo importante nell’organizzazione è giocato dai Servizi sociali del Comune di Modena che assegnano alle famiglie la possibilità di accesso all’Emporio sulla base di dati verificabili quali il reddito Ise, le caratteristiche della disoccupazione, il numero di persone in famiglia. Ogni nucleo familiare può accedere a Portobello per un tempo limitato (alcuni mesi) e, nel caso le condizioni familiari migliorino, l’opportunità verrà offerta ad altre famiglie. In caso contrario il periodo può essere rinnovato.

Iniziative come Portobello spingono a cercare soluzioni innovative ai problemi delle famiglie, nel campo della povertà alimentare così come in altri aspetti della vita che la crisi può aver complicato. Si pensi alle spese scolastiche per i figli, per alcuni un onere difficilmente sostenibile. Su questo fronte la Società della Salute del Valdarno Inferiore, ad esempio, ha recentemente avviato il progetto del “baratto”, che vede un gruppo di famiglie riunirsi periodicamente per scambiare i propri vestiti con libri scolastici donati dalle scuole del territorio.

Non da ultimo, Portobello è un progetto innovativo perché cerca di andare oltre l’assistenzialismo, che pare invece spesso connaturato nelle iniziative che contrastano la povertà alimentare. Fa propria, infatti, l’idea che le famiglie possano mettere in campo le proprie risorse per riprodurre meccanismi di solidarietà e “ricambiare” quanto ricevuto. Sarà interessante seguire i prossimi sviluppi, per valutare se la formula “spesa gratis + volontariato” possa estendersi ad altre iniziative che si occupano di distribuire cibo alle famiglie povere, per ora non prevedendo nulla in cambio. La Toscana, in particolare, si è dimostrata molto attiva su questo fronte negli ultimi anni, e potrebbe ben considerare questa possibilità (si veda il Secondo Rapporto sull’esclusione sociale in Toscana).

*Marcella Sala è ricercatrice presso IRS ed ECONPUBBLICA, Università Bocconi.

2 pensieri su “Portobello: un “people supermarket” contro la crisi

  1. Patrizia

    Questo progetto per alcuni aspetti mi convince e per altri meno. Sarò più chiara: è interessante come esperienza che riguarda lo scambio del tempo,mettere a disposizionie di altri quello che si sa fare e ricevere ciò che altri sanno fare o hanno materialmente fatto. Così il
    baratto. Un’idea di “altra economia” insomma. Mi convince meno il fatto che sia riservato ai più poveri, che si acceda con la valutazione Isee…. è’ un vincolo che trovo poco democratico…e un po’ ghettizzante

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  2. Marcella Sala

    In Italia vi sono diverse esperienze di “altra economia”, che sperimentano modalità di scambio fondate su criteri diversi dal denaro. Si pensi alle Banche del Tempo, che ammontano oggi a più di 300 (http://pluraliweb.cesvot.it/320-le-banche-del-tempo-in-italia). Iniziative come queste sono di solito aperte a tutti, senza vincoli di reddito o altro. All’emporio Portobello, invece, l’accesso è riservato alle sole famiglie povere, selezionate in base a una determinata soglia Isee. Questa scelta è legata alla volontà di raggiungere un obiettivo preciso: il contrasto della povertà alimentare. La soglia Isee, oltre alla valutazione del servizio sociale professionale sulla situazione familiare, sono funzionali a selezionare il target cui ci si vuole rivolgere. Non porre limiti all’accesso sarebbe invece funzionale a un obiettivo diverso: proporre modelli alternativi di economia a beneficio di tutta la popolazione. Naturalmente è possibile che anche i “people supermarket” servano a quest’ultimo scopo, rivolgendosi a tutti senza distinzione: come dice il termine stesso, si tratta di supermercati per la gente, non necessariamente per i poveri. A Londra, ad esempio, il primo “people supermarket” è nato nel 2010 come proposta alternativa rispetto ai cosiddetti “BIG 4”, i quattro giganti della grande distribuzione inglese. Qui tutti possono accedere, previo pagamento di 25 £ all’anno e garanzia di 4 ore di lavoro al mese nell’attività del negozio; in cambio, si può usufruire del 20% di sconto sui prodotti (http://www.independent.co.uk/news/uk/home-news/peoples-supermarket-revolution-spreads-2360512.html). Come si vede, si tratta di un’altra variante su tema, non strettamente riservata ai poveri, ma ai “soci”. Il vantaggio della formula è, a mio avviso, proprio la sua flessibilità che la rende applicabile a realtà ed esigenze diverse.
    Ciò detto, il rischio della “ghettizzazione” esiste: riservare l’accesso ai poveri potrebbe portare questi ultimi a sentirsi in qualche modo stigmatizzati rispetto al resto della società. Questo problema si incontra però ogniqualvolta si voglia intervenire a sostegno di queste fasce deboli della popolazione, e non rappresenta perciò una novità. Portobello rappresenta peraltro il tentativo di andare oltre la sensazione di essere “poveri e assistiti”, e dunque più facilmente “etichettabili”, poiché offre l’opportunità di ricambiare quanto ricevuto. Questo non garantisce di superare il problema, ma costituisce certamente un passo in questo senso.

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