Anziani non autosufficienti: difficile integrazione tra servizi

di Angela Genova*

AnzianiL’aumento dei bisogni di cura e assistenza da parte della popolazione anziana richiede una riorganizzazione nella risposta dei servizi territoriali sociali e sanitari con una particolare attenzione ai processi di coordinamento e gestione associata dei servizi tra Comuni più piccoli. Accordi di programma, convenzione o Unioni dei Comuni, Consorzi o Aziende di servizi alla persona: quali esperienze istituzionali hanno sviluppato risposte più adeguate a rispondere ai bisogni della popolazione anziana non autosufficiente?

L’ipotesi che guida la ricerca, presentata in maniera più approfondita nel numero di Febbraio di Prospettive Sociali e Sanitarie, è che a modalità più strutturate e avanzate nella gestione associata dei servizi sociali dei Comuni corrispondano risposte più adeguate ai bisogni della popolazione anziana non autosufficiente. In particolare sono state considerate le seguenti variabili: presenza di un punto unico di accesso (PUA) nell’Ambito Territoriale Sociale (ATS), modalità uniche nei criteri di accesso e compartecipazione alla spesa nelle strutture residenziali e semiresidenziali a livello di ATS, liste uniche di ATS per l’accesso alle strutture residenziali e semiresidenziali.

Nell’articolo pubblicato su PSS, presentiamo i principali risultati emersi dall’attività di ricerca realizzata nella regione Marche, considerando questa come un caso studio esemplare delle sfide e delle prospettive che i sistemi di welfare regionali stanno affrontando nell’ambito dei processi di riorganizzazioni amministrativa territoriale dei comuni alla luce della normativa nazionale e dei bisogni crescenti di integrazione nei servizi sociali e sanitari.

La scelta di formalizzare le relazioni fra i Comuni di uno stesso ATS tramite modalità differenti – convezioni, Comunità Montane, Aziende di servizi alla Persona, protocolli di intesa – è il prodotto di una serie di fattori organizzativi macro, meso e micro. A livello macro, nazionale, i processi di riforma nel campo della regolazione degli enti locali influenzano le scelte operate dai singoli ATS. A livello meso, sono le politiche sanitarie e sociali portate avanti dalla regione che, interpretando le indicazioni nazionali, giocano un ruolo fondamentale nella promozione di determinati assetti istituzionali. A livello micro è l’insieme delle esperienze maturate nei singoli territori, ma anche il ruolo di particolari imprenditori di policy e di finestre di policy che contribuiscono alla definizione dei profili istituzionali. I risultati che presentiamo considerano unicamente i fattori macro e meso che influenzano le modalità organizzative dei servizi per anziani non autosufficienti nei territori analizzati focalizzando l’attenzione sui servizi residenziali e semiresidenziali, tradizionalmente gestiti a livello di singolo comune.

Lo studio non evidenzia una relazione tra modalità istituzionali organizzative e servizi offerti, mentre rileva la presenza di  ampi margini di miglioramento nei processi di coordinamento e gestione associata, nella maggior parte dei casi analizzati. Le singole modalità istituzionali presentano, però, limiti e potenzialità strutturali che nei prossimi anni potranno avere delle ripercussioni significative sull’offerta dei servizi territoriali. Considerando in prospettiva comparata la situazione delle Marche, è l’azienda dei servizi alla persona che rappresenta il modello organizzativo istituzionale più maturo per la gestione associata dei servizi sociali.

La ricerca confuta, quindi, l’esistenza di una relazione tra modello istituzionale organizzativo di ATS e capacità di risposta ai bisogni della popolazione anziana non autosufficiente. La presenza di PUA, l’utilizzo di criteri unici di ATS per accesso e la compartecipazione alle spese per i servizi residenziali e semiresidenziali nell’ATS e le liste uniche per l’accesso agli stessi sono complessivamente poco presenti indipendentemente dal modello organizzativo istituzionale dei singoli ATS analizzati.

L’analisi del caso studio regionale delle Marche conferma la difficoltà strutturale delle politiche di welfare italiane di considerarsi parte di un solo insieme di politiche integrate per rispondere ai bisogni necessariamente integrati tra servizi sociali e sanitari delle fasce più deboli della popolazione.

* Assegnista di ricerca, Dip. di Economia Società Politica, Università di Urbino “Carlo Bo”

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