Un ronzio di speranza: il progetto dell’Associazione Alveare “Dignità e operosità”

di Patrizia Taccani* e Luca Maiocchi**

cropped-prodottoAlveare-bluSolitamente di un ronzio si dice che è fastidioso, a volte interrompe i nostri pensieri, o disturba un dialogo insinuandosi tra le parole, in definitiva spesso riesce a far sì che l’attenzione si sposti su di esso sino a farci domandare: “Ma da dove proviene?”

Ecco, forse lo scopo dell’Associazione Alveare nata nell’autunno del 2012 nella parrocchia di Santa Maria Annunciata Chiesa Rossa a Milano è quello di far fermare un momento – con il suo metaforico ronzio – le persone che ne vengono a conoscenza. Per questa ragione ne scrivo qui, su Scambi di Prospettive. Perché il ronzio dell’Alveare arrivi all’orecchio di altri.

Venuta a conoscere l’esistenza dell’Alveare ho sentito il bisogno di saperne di più. Ma perché? In fondo sono innumerevoli le realtà no-profit nate nelle parrocchie o in ambito laico che ho incontrato in lunghi anni di professione nel sociale; con molte ho intrecciato rapporti di collaborazione, là dove mi è stato possibile “ho dato una mano.” In questo caso però sono stata colpita da quello che mi pare un salto di qualità di una realtà parrocchiale che fonda un’Associazione su due pilastri come “dignità e operosità”. Dal dépliant di presentazione:

“Siamo partiti da alcune considerazioni:

  • La carità non può essere solo assistenzialismo;
  • Il lavoro non si trova, ma bisogna inventarlo.”

E dallo Statuto “L’Associazione Alveare persegue fini solidaristici e sociali attraverso l’offerta di attività dignitose e complementari alle persone che abbiano perso un lavoro o faticano a trovare una occupazione lavorativa […] Scopo dell’associazione è altresì più generalmente l’attenzione e la preoccupazione per una migliore qualità della vita e dell’ambiente del quartiere nella quale essa nasce e insiste (Quartiere Stadera e Chiesa Rossa)”.

Mi ha colpito l’dea di fondo che alle persone che si presentano con la difficoltà a trovare e/o ritrovare lavoro, sia richiesta una operosità da concretizzarsi, nella maggior parte dei casi, in attività rivolte a ripristinare decoro e gradevolezza del contesto urbano, come le strade del quartiere nelle vicinanze della parrocchia, gli spazi comuni, la biblioteca… Infatti alle persone viene per lo più affidato un lavoro di pulizia delle strade, eliminazione dei graffiti sui muri esterni, mantenimento del decoro e dell’ordine interno alla parrocchia, sistemazione di locali e altri interventi di migliorie richiesti da enti del territorio.

Non si tratta quindi solo di alleviare la “fatica di vivere” di molti residenti in grande difficoltà economica, puntando sul significato che il lavoro riveste per l’autostima perduta; a questo scopo si sono inventati lavori finalizzati a risollevare la qualità dell’ambiente in cui essi vivono insieme a tutti i residenti del quartiere.

Alla base di tutto c’è un pensiero profondamente etico-sociale, ancor prima che un obiettivo solidale: quello di una dignità soggettiva che passa anche dalla presa di coscienza di una corresponsabilità nel rendere e mantenere vivibili e gradevoli i luoghi della vita quotidiana. E viceversa: la vita in un luogo accogliente e dignitoso rafforza sia la percezione del proprio valore di persona, sia il senso di appartenenza al contesto, alla comunità.

A questo punto desidero lasciare “la penna” vorrei dire, in realtà la tastiera del PC, a Luca Maiocchi, responsabile operativo dell’Alveare, per completare con i numeri, il metodo, i primi risultati, questa coraggiosa sperimentazione, e anche per dare visibilità alle persone che ne sono stati i promotori e alle persone che ne sono gli attori.

Grazie Luca!

Prendo la “tastiera” per presentare dati e numeri di questo primo anno di attività.

Le persone incontrate

Parto in primo luogo dal numero delle persone che ho incontrato e conosciuto ascoltando le loro storie nel corso di colloqui appositamente fissati per tale scopo: sono state complessivamente circa 400. Di queste, 158 hanno ricevuto dall’Associazione retribuzioni per una somma complessiva di circa € 80.000,00. Il denaro è stato erogato tramite “Voucher Inps” che rappresenta un sistema di pagamento grazie al quale è possibile fornire compensi anche di modesto importo, solo per prestazioni meramente occasionali, che vengono assoggettati sia a tassazione Irpef che a contribuzione Inps. In pochi casi l’erogazione ha toccato i mille euro complessivi per il lavoro svolto, la maggior parte si è attestata poco al di sopra o poco al di sotto dei quattrocento euro. Sottolineo che dei 158 lavoratori occasionali, 104 erano Italiani e solo 54 stranieri; il dato fa pensare che in pochi anni la proporzione “Italiani/stranieri”, per quanto concerne l’aiuto economico e assistenziale, si sia completamente rovesciata. Peraltro circa 20 delle persone che hanno collaborato con la nostra Associazione ha trovato un lavoro stabile. Mi piace quindi pensare che l’Alveare porti in qualche modo “fortuna” oltre che fiducia in sé stessi e negli altri.

Pur concentrandosi sugli adulti abitanti nel decanato della Parrocchia (corrispondente alla zona 5 di Milano), poco meno di un terzo delle persone aiutate erano provenienti da altre zone di Milano, arrivati alla nostra Associazione tramite “passaparola”. E’ evidente quindi come il desiderio di trovare un lavoro, per quanto umile e poco remunerativo possa essere, riesca ad attirare l’attenzione, proprio come i fiori per le api! Purtroppo per gli altri 230 circa non è stato possibile alcun tipo di aiuto economico a causa della scarsità delle “risorse”.

Le risorse

L’Associazione vive esclusivamente di offerte e non chiede alcun contributo per le attività svolte dagli operatori. In questo anno, con grande sorpresa, l’Associazione ha raccolto circa € 106.000,00, di cui poco meno della metà da Fondazioni ed il resto da offerte anonime di abitanti della zona e sostegni economici da parte delle Parrocchie del Decanato.

Mi piace sottolineare la grande generosità dimostrata da parte di tanti abitanti della zona che si sono rivelati molto sensibili alla proposta della nostra Associazione esprimendo solidarietà per chi è rimasto senza lavoro. Non si è trattato solo di una “vicinanza” economica ma anche di tipo “relazionale”; infatti l’isolamento sociale è una delle conseguenze della perdita del lavoro e questo tipo di “sostegno emotivo”, quindi, è stato importante al pari di quello economico.

Le uscite

Oltre all’investimento nelle retribuzioni erogate per le collaborazioni occasionali di cui accennavo all’inizio, il resto delle risorse è stato speso per acquisto di materiali e aiuti caritativi. Per quanto concerne l’acquisto di materiali, la spesa che più ha inciso è quella relativa ai diluenti utilizzati per la rimozione dei graffiti dalle facciate dei palazzi della zona.

Concludendo: tanto è stato fatto e tanto resta da fare; certamente l’aiuto degli abitanti della zona è stato fondamentale. Questo tipo di esperienza mi porta a pensare che, nonostante quel che potrebbe sembrare, resta comunque viva l’attenzione nei confronti “dell’altro” e “l’occasione Alveare” ha dimostrato come questa è una esperienza che riguarda e aiuta tutti, sia occupati che disoccupati.

Un’iniziativa: “1000×5”

Da ultimo vorrei “pubblicizzare” l’iniziativa che stiamo proponendo a tutti quelli che ci vorrebbero sostenere economicamente, denominata “1000×5”.

Cerchiamo 1000 famiglie che si impegnano a versare anche solo € 5,00 al mese per almeno 12 mesi: questo ci consentirebbe di promuovere e realizzare progetti a più “lungo termine” e, quindi, di aiutare ancor più persone di quante aiutate sino ad ora. Per maggiori informazioni vi invito a contattare l’Associazione Alveare all’indirizzo mail: associazione_alveare@libero.it

* Psicologa, formatrice, redattrice del mensile Prospettive Sociali e Sanitarie; **Responsabile operativo dell’Associazione Alveare

 

 

8 pensieri su “Un ronzio di speranza: il progetto dell’Associazione Alveare “Dignità e operosità”

  1. paola cristallo

    Con grande interesse ho letto di questa iniziativa che naturalmente condivido al 100%,in quanto ho sempre pensato che sia davvero troppo facile allungare qualche somma ogni tanto a chi ci sembra ne abbia bisogno.La prima cosa di cui,credo,necessiti chi è in difficoltà,sia di non sentirsi isolato nell’ambito della comunità in cui vive e,certamente,il potersi presentare con anche una seppur piccola occupazione fa crescere l’autostima e la sensazione di rendersi utili per gli altri.Credo che il vero motto che la nostra società dovrebbe avere sia”si lavori per vivere e non si viva per lavorare!”. Penso che se così fosse,probabilmente equilibrio,dignità,stima,affetti e giustizia sociale potrebbero trovare una più facile collocazione nelle nostre vite.

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  2. giuliana canti

    mi sembra una bellissima iniziativa, un aiuto intelligente, in piena sintonia con la dottrina sociale della chiesa (Laborem Excercens) che esalta la dignità e l’utilità del lavoro, gli apporti positivi che l’uomo può dare al creato, al ns mondo.

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  3. cristina sirio

    In mezzo a tanta desolazione e soldi spesi male, se non rubati, sentire di questa bella esperienza allarga il cuore. Mi colpisce soprattutto il fatto che persone comuni del quartiere sostengano il progetto: questo a mio parere significa un grande riconoscimento del lavoro e dell’impegno dell’associazione che è ‘sotto gli occhi’ di tutti e che quindi i cittadini ‘premiano’ con la loro fiducia e il loro denaro. Mi sembra poi significativa questa cura dello spazio come una dimensione importante della dignità dell’uomo e della sua vita: la pulizia e il decoro sono elementi imprescindibili del benessere delle persone e favoriscono le buone relazioni.

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  4. Maria Pia May -

    Mi sembra significativo che venga pubblicizzata questa iniziativa che è davvero una “buona prassi”. Due sono gli elementi che mi colpiscono: viene chiesto un “vero” lavoro, che dà risultati visibili, apprezzabili sia da chi lo esegue che da chi lo “finanzia”; e tutto questo puntando, anche se non esclusivamente, sul piccolo finanziamento diffuso, frutto del sommarsi di piccole donazioni, in un’ottica di scambio e di interdipendenza.
    Maria Pia May

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  5. Marcella Prono

    Ho sentito in Frontiere dello spirito della magnifica opera dell’Assoc, Alveare ecorrei mettermi in contatto per proporre a Torino la stessa cosa. Grazie e complimenti! Tel 011 322839
    Marcella Prono

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      1. Patrizia Taccani

        Sono davvero contenta che il ronzio dell’Associazione Alveare di Milano abbia oltrepassato i confini non solo metropolitani ma anche regionali!
        Grazie alla Redazione che ha agevolato il contatto che so essere già avvenuto.
        Insomma gli “scambi” continuano a dare frutti.
        Grazie.
        Patrizia Taccani

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