Un battesimo professionale ai tempi del Coronavirus
Scrivere significa riflettere, vuol dire svolgere un esercizio di retroazione (feedback) verso ciò che è stato, una sorta di scambio comunicativo interiore (Simeone 2002).
Ed oggi, nell’odierno caos che esaspera il nostro vivere nella postmoderna società dell’incertezza (Bauman 1999), riflettere diventa fondamentale perché ci consente di fermarci, ossigenare il nostro cervello e ricaricare le batterie psicologiche che ci permettono ancora di stare e muoverci nel mondo come animali sociali imprigionati però nella gabbia di una “quotidianità confinata” all’ambito domestico che ci è richiesta dal “distanziamento sociale forzato” (D’Ambrosio 2020, 1) imposto dagli attuali vincoli normativi emergenziali. Riflettere è sì fondamentale per tutti ma ancor più lo è per chi fa della pratica riflessiva un connotato essenziale e discriminante della propria esperienza professionale: insomma, per gli Assistenti sociali. Per questi ultimi infatti praticare la riflessività significa evitare “risposte standardizzate e routinarie alle situazioni” che ci si trova ad affrontare, significa “fare i conti con la complessità, la mutevolezza e l’incertezza proprie del lavoro con le persone” (Thompson 2006, 301). Continua a leggere