Progetto Lasciare il nido: il diritto all’adultità per le persone con disabilità

 

 

di Guido Bodda*

Per una persona con disabilità mentale in età giovanile non è semplice far quelle esperienze che le permettono di diventare adulta, di maturare le competenze e le autonomie necessarie per vivere la propria vita nel modo più indipendente possibile. I giovani con disabilità sono spesso vittime di un atteggiamento “iperprotettivo” da parte dei famigliari e della scuola, giustificato solo parzialmente dalle loro difficoltà cognitive, relazionali o motorie, con la conseguenza che si riducono le occasioni di sperimentazione delle autonomie e si viene ad innescare una sorta di “circolo vizioso” della sfiducia, che porta a sviluppare i loro potenziali in maniera limitata.

I “riti di passaggio” sono quei dispositivi che le diverse culture utilizzano per segnare i momenti fondamentali di “cambiamento di status”, come ci insegna l’antropologia.  I passaggi vengono ritualizzati per esplicitare il superamento del limine/frontiera da una condizione sociale all’altra, per governare la tensione tra protezione e cambiamento insita nel passaggio, per scandire la costruzione (passaggio di status) dell’identità adulta della persona.

Nel mondo occidentale i momenti ritualizzati sono molteplici, ad esempio:

  • le tappe del percorso scolastico/formativo/lavorativo;
  • il raggiungimento del 18° anno di età che consente l’avvio alla partecipazione della vita civile, come il diritto di voto e il servizio civile (ex servizio militare);
  • il conseguimento della patente di guida;
  • le tappe affettive: il primo amore, il fidanzamento, il matrimonio, la nascita dei figli;
  • l’andare a vivere in una casa propria, preceduto dalle tappe di graduale conquista di autonomia, quali ad esempio i primi viaggi con gli amici, in Italia ma anche all’estero;

A chi opera nel campo dei servizi alla persona, questa panoramica non può non confermare che per le persone con disabilità, in particolar modo dopo l’età dell’adolescenza, spesso vengono a mancare le occasioni per effettuare quelle esperienze che permettono di maturare l’indipendenza dal nucleo di riferimento, l’emancipazione dalla tutela/cure parentali.

E allora?

Il progetto

Il progetto di scambio internazionale “Lasciare il nido” (Leaving the Nest), cofinanziato dal programma Erasmus+ dell’Unione europea, nasce nel solco di queste riflessioni, con l’intento di realizzare un’esperienza significativa nel percorso verso l’adultità.

Ente ospitante e capofila del progetto: Cooperativa Sociale Il Sogno di una Cosa ONLUS, Collegno (TO), (www.ilsognodiunacosa.org), 9 giovani coinvolti (8 con disabilità lieve o medio lieve e 1 con minori opportunità) con 4 accompagnatori.

Enti ospitati: The Cedar Foundation O.N.G., Sofia, Bulgaria, 7 giovani coinvolti (tutti con disabilità lieve o media ) con 4 accompagnatori.

Association FenêtreS, Charbonnières les Bains, Lione, Francia, 6 giovani coinvolti (5 con disabilità lieve e 1 con minori opportunità) con 4 accompagnatori.

A Torino, dal 13 al 20 giugno 2017, questi tre gruppi di giovani hanno preso parte a un’esperienza formativa condivisa sul tema delle autonomie, attraverso un percorso basato sull’apprendimento “non formale e informale” finalizzato a migliorare la consapevolezza di sé e del mondo che li circonda, in un clima di amicizia e di scambio tra pari.

Le tematiche dello scambio sono state:

  • orientamento spaziale e autonomie pedonali, utilizzo delle tecnologie;
  • alimentazione e cucina, condivisione dei piatti tipici nazionali e regionali;
  • autonomie domestiche e gestione della casa;
  • consapevolezza dell’identità personale e del rapporto con gli altri.

Per ognuna di queste tematiche ci sono stati momenti di discussione e confronto in gruppo, all’interno di un’aula offertaci dall’agenzia formativa SFEP di Torino (partner del progetto anche per il monitoraggio e la valutazione), ma anche e soprattutto momenti di sperimentazione pratica in locali interni e sul territorio.

I giovani partecipanti

Durante un incontro di presentazione dei progetti Erasmus+ approvati a Roma, ci siamo resi conto di come il nostro progetto fosse essenzialmente l’unico a prevedere la partecipazione allo scambio esclusivamente di ragazzi disabili o con minori opportunità. Vivere una settimana insieme a ragazzi che provengono da culture diverse e che parlano un’altra lingua, discutere e fare esperienze di autonomia insieme, inizialmente ci siamo chiesti se questo progetto poteva essere eccessivamente ambizioso, troppo difficile per dei giovani con disabilità mentale, seppur nella maggior parte dei casi lieve. Inoltre non è stato semplice per noi, abituati al consueto lavoro di operatori sociali che si occupano di disabilità, entrare nell’ottica di un progetto Erasmus+, dove il ruolo degli accompagnatori è quello di “facilitatori dello scambio” e i veri protagonisti del momento formativo sono i ragazzi stessi, attraverso la peer education. Ciononostante abbiamo iniziato questa esperienza con curiosità ed entusiasmo, scoprendo presto che i nostri timori erano in buona parte infondati.

Dopo una prima prevedibile fase di spaesamento e di necessario “accomodamento” reciproco, dove sono emerse le differenze culturali, gradualmente si è creato un clima caldo e amicale di sostegno reciproco, sia tra gli accompagnatori (molti dei quali giovanissimi) sia tra i ragazzi. Ognuno dei giovani coinvolti ha potuto così sentirsi protagonista, sia nei momenti di discussione che nelle diverse attività pratiche, quali le uscite per scoprire i luoghi tipici di Torino imparando ad orientarsi e ad utilizzare i mezzi pubblici, il cucinare insieme piatti tipici dei tre paesi, i momenti ludici e le attività espressive.

Conclusioni

Il progetto, sulla base dei rimandi dei partecipanti a voce e dei questionari di valutazione, può dirsi pienamente riuscito, andando anche oltre le nostre più rosee aspettative.

I giovani coinvolti hanno potuto mettersi in gioco in un contesto “tra pari”, sperimentando al contempo la dimensione dell’essere “cittadini europei”, elementi che hanno contribuito notevolmente alla crescita della loro autostima e sicurezza personale.

Inoltre il confronto con approcci e politiche diverse rispetto all’autonomia delle persone con disabilità è stato davvero molto arricchente per tutte e tre le organizzazioni coinvolte, confronto grazie al quale sono nate nuove idee e progetti che auspichiamo si possano sviluppare in futuro.

Questa piccola positiva esperienza ci incoraggia a proseguire nella ricerca, avviata ormai da alcuni anni in collaborazione con diverse altre realtà ed enti (vedi link), finalizzata a portare un contributo per l’innovazione dei servizi rivolti alla disabilità, nell’ottica del superamento di una visione esclusivamente assistenziale, di una maggiore e più reale inclusione e della promozione dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle persone con disabilità.

*Progettista, formatore, socio della cooperativa sociale Il Sogno di una Cosa Onlus

 

Bibliografia

  • Andrea Canevaro, Fuori dai Margini, Superare la condizione di vittimismo e cambiare in modo consapevole, Erikson, 2017
  • Carlo Francescutti, Marco Faini, Serafino Corti, Mauro Leoni, Disabilità: Servizi per l’abitare e sostegni per l’inclusione,  Maggioli Editore, 2016
  • Carlo Lepri, La persona al centro, Autodeterminazione, autonomia adultità per le persone disabili, Franco Angeli, 2016
  • Maurizio Colleoni, Immaginabili Risorse. Il valore sociale della disabilità, Franco Angeli, 2016
  • Arnold Van Gennep, I Riti di passaggio, Bollati Boringhieri, 2012

 

Link

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