Povertà: un fenomeno in rapida ed estesa evoluzione

113514354-3e269016-1326-4ab2-a040-4d51628fecbdLa povertà cresce velocemente e l’impatto del fenomeno preoccupa tutti. Soprattutto espone i servizi territoriali al forte rischio di non riuscire a gestire la domanda. Non è implicato solo il welfare sociale o assistenziale, è coinvolto su più fronti il sistema pubblico: casa, lavoro, formazione, assistenza.

Daniela Mesini e Antonio Tosi hanno descritto questa situazione in modo molto chiaro.

La domanda e i problemi propongono questioni strettamente connesse tra loro: se una persona perde il lavoro e quindi non dispone più di un reddito certo, è fortemente esposto al rischio di perdere la casa. In alcuni casi i momenti di crisi incidono negativamente sulle relazioni interne alle famiglie, vengono meno certezze che fino a poco tempo prima erano
intoccabili. Le famiglie crollano e le relazioni finiscono. Questa situazione può poi portare al disagio estremo, può far emergere e rendere patologici comportamenti come quelli che sfociano nelle ludopatie, alimentare dipendenze (soprattutto da alcol), problemi di depressione. Frana il sistema intero di vita delle persone e le situazioni diventano particolarmente complesse e multiproblematiche.

A fronte di questa complessità, anche difficile da descrivere per la sua instabilità temporale, i servizi si trovano con pochi strumenti di fronteggiamento, in particolare con ridotte risorse economiche a disposizione e con una frammentazione nelle risposte specialistiche, che in emergenza difficilmente riescono a ricomporsi e convergere per sostenere collaborazioni stabili. Per lo meno è più difficile. In emergenza ogni situazione è a sé, si interviene sul singolo caso, soprattutto in assenza di strategie più complessive.

In Italia manca una politica articolata e una strategia di contrasto della povertà, questo mi è parso chiaro. Le esperienze europee ci insegnano che è necessario sviluppare una politica integrata di contrasto, che si sviluppa su più fronti, monitorata e valutata nel corso del tempo. Soprattutto alcune esperienze europee ci insegnano che le politiche fatte in un certo modo funzionano, non occorre inventarsi cose particolarmente complesse, occorre costruire misure adeguate ai contesti, che incidano su tutta la parte di popolazione che i dati ci dicono essere oggi povera (compresi i senza dimora) e anche su quella parte di popolazione a rischio di povertà. Uno degli obiettivi è non lasciare che le situazioni di povertà si cronicizzino, che le persone si rassegnino.

Sappiamo quanto questa fase sia faticosa per gli operatori e che le carenze di una politica nazionale articolata e adeguata lasciano un vuoto che ricade sulle spalle di chi sul territorio cerca di lavorare per risolvere i problemi, o prova ad affrontarli.

Su questo Ugo De Ambrogio, neo presidente di IRS, ha posto una questione importante: non si possono fare passi indietro sulla prospettiva progettuale, non è utile in questa fase che gli operatori perdano il filo del proprio lavoro, anzi questo è il momento per perseguire obiettivi di medio periodo a livello locale. Questo è il momento per valorizzare il proprio ruolo sul territorio.

I prossimi mesi saranno cruciali, anche per chi sta lavorando alacremente alla predisposizione della proposta di riforma del welfare, una seconda tappa che passa da “Disegniamo il welfare di domani” a “Costruiamo il welfare di domani”. Un percorso complesso che documenteremo nei prossimi mesi anche attraverso il blog, grazie al contributo di Emanuele Ranci, che ne sta coordinando l’evoluzione.

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