“Un posto al sole”: il sociale dalla parte del sociale

TV: "Un posto al sole" festeggia le 4mila puntateUn paio di settimane fa Un posto al sole ha festeggiato 4000 puntate. Per chi non la conoscesse è la soap italiana più longeva di sempre, in onda tutti i giorni dopo Blob su Raitre.

Ho sviluppato una curiosità, non tanto per le storie, per le quali comunque riconosco un’arte, ben diversa da quella di Beautiful o delle soap sudamericane, piuttosto per gli sviluppi sociali delle storie. D’altra parte #UPAS è una soap sociale, lo dichiarano gli attori, gli autori e te ne accorgi guardando qualche puntata.

La soap vive della cronaca e dell’attualità, la trama si svolge in contemporanea non tralasciando mai la vita di tutti i giorni. La cosiddetta “normalità”.

In questi 18 anni molte cose sono successe, è come se #UPAS avesse seguito la cronaca e la politica, diventando osservatore e portando un punto di vista preciso. Dalla cronaca nera alla rosa. E’ ambientata a Napoli e tra i personaggi storici c’è Giulia, assistente sociale diventata, grazie ad una donazione, presidente di una Fondazione che ha sede ed opera in un quartiere difficile di Napoli. Ma c’è anche Ornella, medico che lavora all’ospedale di Napoli. Ultimamente si è aggiunto Eduardo, educatore che con il suo laboratorio teatrale lavora con i ragazzi sulla prevenzione, cercando tra le altre cose di tenerli lontani dalla malavita organizzata e lavorando sulla consapevolezza e la responsabilità. E Franco, con un passato da ragazzo difficile, che con la sua palestra raccoglie ragazzi dalla strada e attraverso la boxe fa un lavoro sulla rabbia notevole.

Ci sono i due vigili, emblemi della legalità, c’è il giornalista Michele Saviani (Roberto Saviano era poco più che un bambino quando iniziò UPAS 18 anni fa) che dopo aver perso il padre giornalista per mano della camorra, prosegue nel suo lavoro di testimonianza con le sue inchieste a volte scomode persino per la polizia. C’è il mondo dell’impresa quella buona e quella che a volte deve scendere a compromessi, e poi c’è la malavita organizzata (memorabili puntate sul traffico illecito legato ai rifiuti). Investigatori privati, ragazzi in cerca della propria strada, precari della scuola, padri e madri in difficoltà, vittime di abusi, femminicidio. Si susseguono le puntate e ogni volta una citazione o una puntata riprende il tema che in quel momento va per la maggiore. In questi giorni Angela, impegnata nella fondazione della madre, deve decidere se andare ad Otranto per seguire un progetto dedicato ai migranti, per esempio.

Poi ci sono puntate che potremmo definire “educative”: il cancro, i trapianti, la ludopatia, disturbi bipolari, schizofrenie, isteria, infarto. Sono puntate in cui il medico o i parenti spiegano con dovizia di dettagli le terapie, le modalità preventive, le diagnosi, le prognosi.

Dal punto di vista sociale ed educativo alcune questioni sono state molto trattate, dedicando puntate ai padri nelle loro relazioni con i figli (in questi casi l’intera puntata raccoglie le storie di tutti i padri, diversi, presenti nella soap) o alle madri. Oppure all’amicizia. Oppure ancora al tradimento. I personaggi sono stati negli anni vittima della delinquenza comune, qualcuno è finito in brutti giri, qualcuno è stato ucciso.

Poi c’è la parte leggera, quella tipica della commedia, fatta di sketch napoletani, citazioni di Totò, di Eduardo.

Ma quale sociale viene rappresentato?

Devo dire che la rappresentazione positiva dell’intervento sociale è molto evidente, il sociale spesso risolve, negli anni poi l’assistente sociale ha fatto i conti con il proprio delirio di onnipotenza: salvare tutti, anche chi non voleva essere salvato, qualunque fosse il prezzo da pagare. Soprattutto salvare tutti trascurando se stessa, le proprie relazioni familiari e i propri affetti. E in quest’ultimo periodo mi sembra interessante che proprio Giulia stia scrivendo un libro, un romanzo che riprende molto della sua esperienza  professionale e personale.

Sono ormai molti anni che ad Un posto al sole (#UPAS) è rappresentato un sociale di cui il terzo settore ha la totale e piena titolarità. Mentre ci sono l’ospedale, la polizia, i tribunali, la Chiesa, la scuola manca quasi totalmente il Comune, le istituzioni pubbliche che gestiscono (o gestivano) i servizi. C’è l’associazionismo e l’impresa sociale, ci sono Fondazioni, volontari, cooperanti, ma sono tutti inseriti in progettazioni a titolarità del mondo non profit.

Non è certo un male, e forse questo corrisponde alla realtà … ma se questo sociale ha tendenzialmente successo potremmo non aver bisogno di altro? Quale relazione c’è con la realtà dei casi vissuti sul territorio? Può avere un effetto traino aiutando a non associare più in modo automatico ai servizi sociali comunali obiettivi assistenziali o prestazionali (contributi economici, pasti, alloggi temporanei, a volte anche case popolari), ma, in alternativa o in aggiunta, anche obiettivi progettuali dinamici e più vicini a ciò che accade alle persone, siano esse considerate come singoli, come gruppi familiari, o come gruppi sociali e, in senso più ampio, come comunità.

In questi giorni stanno circolando iniziative dedicate al welfare comunitario, un welfare che esce dai confini del singolo comune o almeno non considera più questi confini come limiti dell’azione sociale.

 

8 pensieri su ““Un posto al sole”: il sociale dalla parte del sociale

  1. PFerrario1948

    articolo molto bello. un posto al sole merita di essere valorizzato anche come racconto dei servizi sociali. autori e attori hanno raccontato la famiglia e le rotture familiari, la sessualità, i i figli, la droga, la criminalità, le persone buone e quelle cattive …
    mia moglie, che fa un impegnativo lavoro da psicologa, alla sera trova in un posto al sole una pausa fondante. è il suo fine giornata nel quale si abbandona. e non ne perde una battuta …

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  2. Chiara Lesmo

    Sono un appassionata da anni di Un posto al sole, essendo impegnata nel sociale, proprio per le caratteristiche descritte così bene sopra. So per certo che i temi “sociali” sono trattati con competenza e dopo aver “sentito” e “studiato”. Anni fa la redazione napoletana coinvolse l’associazione di lotta all’AIDS in cui lavoravo prima di trattare questo tema…complimenti a tutti

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    1. Maria Giorgetti

      questo articolo è proprio una bella sorpresa…. Sono un’assistente sociale e da anni seguo con interesse e piacere “Un posto al sole”, interesse e piacere poco condiviso perché l’etichetta di “soap” (per quello che è il mio/nostro immaginario) non aiuta molto. Sono certa però che la lettura di questo articolo farà uscire allo scoperto i tanti professionisti del sociale che seguono la programmazione.

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  3. Ariela

    Anche io sono un’appassionata di UPAS da anni e una fan di Giulia l’assistente sociale e il suo centro d’ascolto. Quando lo dichiaro vengo per lo piu derisa ma credo che la soap svolga un ruolo anche educativo e di stimolo su temi importanti con leggerezza e mi fa piacere ritrovarlo e condividerlo con il mondo di Prospettive

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    1. patrizia taccani

      E’ vero, si può essere presi (amabilmente) in giro in famiglia per l’attaccamento alla soap più longeva della TV italiana. La seguo da alcuni anni ogni volta che è possibile. Credo che parte del suo appeal consista sì, nella capacità di raccontare storie con forti agganci al sociale e con l’obiettivo di rendere visibili e comprensibili le dinamiche tra problemi delle persone e risposte sul territorio, attivando così una forma di educazione/informazione diffusa. Penso però, anche, che molti spettatori – io sono tra questi – siano conquistati e, tutto sommato incoraggiati, dal messaggio che costruire e poi battersi per i propri valori sia possibile: sono le storie, il loro intreccio, lo stile dei personaggi che ce lo rimandano. A volte in modo sommesso, a volte a voce alta.

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  4. Diletta Cicoletti

    Quando ho scritto questo post ho pensato che qualcuno sicuramente conosceva Un posto al sole, ma ora mi fate capire che potremmo periodicamente fare il punto e cogliere, come capita spesso, segnali dall’attualità di questa soap. Ho visto che su twitter “Viola” alias Ilenia Lazzarin ha condiviso il post. In fondo noi scriviamo il sociale, gli operatori (e voi che avete commentato) lo fanno, e un Posto al sole lo rappresenta. Teniamoci in contatto!

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