Microcosmo parco giochi

di Diletta Cicoletti*

10414410_10205203434429547_7362836089883172395_nHo sempre pensato che il parco giochi davanti a scuola fosse un piccolo mondo concentrato e ho sempre pensato che chi programma le politiche per l’infanzia e per le famiglie potrebbe frequentarli, anche se non obbligati, per aggiornare la propria mappa dei dati di contesto.

Quello che frequento di solito è in piazzale Bacone a Milano ed è un posto di una vitalità imbarazzante. Alle 16, primo orario di uscita della materna, trovi al parchetto i nonni, pochi. Alle 16.30 si uniscono i bimbi della seconda uscita della materna e della primaria.

Se fino a quel punto, nelle giornate autunnali e primaverili di sole, riuscivano ad esistere spazi gestibili dai bambini senza essere schiacciati o senza schiacciarsi reciprocamente, dalle 16.35 in avanti si scatena tutto: urla, corse, gruppi, mercatini, partite di pallone tra le altalene (argh!), litigi, qualche spintone. Mamme che parlano, passeggini in autoscontro, papà che rincorrono figli, mamme che lavorano sulle panchine (pc e tablet ovunque perché è anche un’area wifi). Qualcosa che è difficile da descrivere a parole, bisogna fisicamente provare ad attraversare il luogo per capire. Ai bambini sembrerà di giocare in un campo di 1000 mq, in realtà sono davvero pochi metri, un quadrato al limite della sua capienza massima.

L’orario di punta sono senz’altro le 17. Per parlare le mamme urlano, non si sentono da vicino. Immaginatevi i bambini…

Prime generazioni, seconde generazioni, badanti con anziani nell’altra parte del parchetto, che è disposta come un’agorà, con le panchine in circolo in mezzo agli alberi.  

Osservo poi i ragazzini delle medie, in teoria non più frequentanti del parchetto giochi, eppure ancora affezionati a quel luogo di socialità e vitalità (sarà per questo?). Occupano le due panchine rimaste e cominciano con i loro smartphone ad ascoltare musica, chiacchierare, prendersi in giro, truccarsi.

Penso a quanto mia figlia avrà quell’età, chissà come sarà? Chissà cosa farà? Speriamo in bene…

Intanto arrivano altre mamme, altri bambini, altre tate e altre nonne. In settimana pochi papà, che riempiono invece il parchetto nel week end. E’ l’uscita delle 17.30, l’ultima della materna. I bambini sono stanchi, ma se c’è il sole è un peccato andare a casa. A Milano ogni raggio di sole è un’occasione da cogliere.

Merende collettive, singole, gelati, signore dei gelati che passa con il suo carretto (prezzi assurdi, gelati mollicci, bambini entusiasti, ovviamente).

Dalle 18 tutto cambia.

I bambini sono davvero al limite se ne vanno, il parchetto lentamente si svuota (l’ora dei saluti tra pianti e strilla di tutte le età, secondo me anche qualche mamma vorrebbe piangere….).

Arrivano le mamme con il velo, musulmane, è come se fosse il loro turno. Restano al parchetto fino a tardi, aumentano di minuto in minuto e con loro le famigliole cinesi composte in altri modi: queste ultime sorelle o fratelli (chissà) grandi insieme a bambini, cugini… gruppetti di 4 o 5. Le mamme musulmane si danno invece appuntamento su alcune panchine e chiacchierano tra di loro con i loro figli di tutte le età.

E’ l’ora migliore. Loro lo sanno, e giustamente stanno lì, si godono ogni raggio di sole, un po’ di tranquillità, un po’ di socialità.  Chissà.

Agli occhi dei bambini non è cambiato nulla, bambini prima e bambini adesso. Mia figlia gioca serena con tutti. E tutti giocano con tutti. Si invitano a casa a merenda per future feste e pigiama-party. A tutti piacciono le stesse cose, tendenzialmente a tutti piace giocare. 

All’imbrunire se ne vanno i bambini, arrivano altre persone, clochard, senza fissa dimora, rifugiati africani che cercano una panchina. Un folto gruppo staziona su un marciapiede, accende una radio, è il loro aperitivo milanese. Scorrono fiumi di alcol davvero di bassa qualità e mi dispiace un po’, perché trasudano tristezza più che allegria. Ma non accettano altri aiuti, forse li avevano e non li hanno più.

La social street attiva in zona ha già fatto diverse raccolte fondi e segnalazioni in Comune. Situazione difficile da governare. Associazione Apriti Cielo molto attiva.

Intanto anche gli anziani e le loro badanti tornano a casa. Ritorna il silenzio, il parchetto diventa un rifugio per chi deve dormire.

E si ricomincia.

E’ un mondo ricco di vitalità, difficile da frequentare. Se entri nello specifico ti accorgi che i bambini spesso urlano guardati da lontano, gli adulti tendono ad usare il parchetto come area sfogo, i bambini della primaria sembrano usciti da gabbie tanta è la foga che ci mettono nelle corse e nelle urla. Saranno 100 mq, sembrano ettari, ma sono davvero pochi spazi. La tanta vitalità rende i parchetti soggetti a degrado: i giochi si rovinano in fretta, le panchine si sporcano facilmente, i cestini si riempiono. Le aiuole non sono certamente il luogo più sicuro dove raccogliere una palla.

Mi viene da pensare che i parchetti così vivi possono diventare bei luoghi di gioco se accompagnati da adulti un po’ meno distaccati (più per fatica che per menefreghismo si intende). I bambini acquistano energia, chi sta lì dentro ne viene privato. E’ un gioco strano dato forse dal poco spazio disponibile.

Molte volte mi è venuto in mente di segnalare che non c’è molta cura, vicino c’è un incrocio pericolosissimo, il verde è totalmente abbandonato, i giochi, anche quelli nuovi, sono già bisognosi di cure. Di spazio ce ne sarebbe, ma a volte mi sembra si cerchi di creare dei luoghi di contenimento piuttosto che non di liberare energie positive.

Metafora della vita e della nostra attualità. Speriamo passi, proviamo a farla passare.

*Ricercatrice, consulente, formatrice e blogger. Redazione di PSS e di Scambi di Prospettive.

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