Le domande della rete su “Costruiamo il welfare di domani”

ConvegnoDopo il convegno abbiamo lasciato trascorre qualche giorno, abbiamo cercato di leggere gli articoli degli “esperti”, raccolto riflessioni all’interno del gruppo di lavoro, letto i giornali. L’evento ha certamente attirato l’attenzione, ha consentito di parlare di politiche sociali e di welfare da un punto di vista tecnico legando, per una volta, le parole a fatti.

Ma si è prodotta una maggiore comprensione di cos’è il welfare e, in particolare, il welfare assistenziale? Come hanno reagito i commentatori del web a questa iniziativa?

La stampa di settore non ha mancato l’appuntamento: Vita, Redattore Sociale, Arcipelago hanno raccolto dichiarazioni da Emanuele Ranci e da altri componenti del gruppo di ricerca (rassegna stampa piuttosto ricca questa volta!)

Poi ci siamo allargati: Corriere, Sole24Ore, Repubblica…Il Giornale, Avvenire.  Ma quello che ci ha colpito qui non è stata l’accuratezza degli articoli, comunque ben scritti e interessati, ma i commenti dei lettori.

Innanzitutto non si parla di proposta di riforma, bensì di indagine o ricerca: è corretto, ma dai titoli sembra un discorso puramente teorico, cosa che nè Emanuele Ranci nè il gruppo di lavoro vuole che sia. Il Corriere.it titola: “Il paradosso dell’assistenza che va alle famiglie più ricche. Il 37 per cento della spesa assistenziale va alle famiglie più ricche”.

Due le questioni tecniche che mi sono segnata:

  1. Non risulta chiaro nè comprensibile a cosa ci si riferisce quando si parla di “5 decili più alti della popolazione”: qualcuno intende il 50% della popolazione, qualcuno intende il 5%, qualcuno il 10%.
  2. Connesso al punto sopra: chi c’è dentro quel 37% della popolazione?

Attorno a queste informazioni ruota quasi tutto il dibattito raccolto nelle molteplici conversazioni avviate in risposta all’articolo. La discussione più lunga è ruotata attorno a questo post

“Tutto giusto. Basta che tra l’8% delle famiglie in povertà non si annidino i soliti furbi, evasori fiscali, che oltre a non pagare le tasse magari godono anche di sussidi pubblici, pensioni sociali, assegni familiari, pensioni di invalidità fasulle e così via” (Lettore_9045397)

E ancora:

il 10% della popolazione possiede il 50% delle ricchezze. Oramai pare quasi uno slogan; in realtà è un dato impressionante, che attesta come la forbice sociale si sia allargata in questi anno a dismisura, ad un punto che in Europa esiste solo in Grecia. Sicuramente vi sono molti commercialisti ufficialmente nullatenenti, ma guardiamo in faccia la realtà, per favore: l’Italia sta per scoppiare” (fliegendehollander)

Ma sapete quello che leggete? “il 37% dei fondi va ai cinque decili della popolazione che può vantare i redditi più alti”, vuol dire che il 63% della spesa del welfare va al 50% meno ricco della popolazione (Lettore_5199253).

Una critica (soft): dove sta la notizia?

“E’ assurdo che la maggior parte dei lettori non si sia accorta di come nell’articolo venga spiegato che “il 37% dei fondi va ai cinque decili della popolazione che può vantare i redditi più alti”. Cosa vuol dire? visto che 5 decili significa 50% vuol dire che il 37% dei fondi va alla META’ della popolazione con il reddito più alto, mentre il 63% alla metà più povera! Mi sembra una ripartizione più che ragionevole, visto che in italia si passa nella metà a reddito alto già guadagnando 20.000 euro all’anno. E quindi dove sta la notizia? E’ assurdo quali mezzucci si utilizzino per spostare l’opinione pubblica in questo paese ridicolo” (Lettore_5225385).

Dura critica

“[…] Il “welfare” non e’ semplicemente assistenza, questa a sua volta non va confusa con gli incentivi agli investimenti, quali detrazioni fiscali per ristrutturazioni, restauri, migliorie per risparmio energetico e simili. Nella misura in cui queste promovono investimenti, creano lavoro ufficiale, cioe’ non nero, e con esso ricchezza legale e tassabile, potrebbero essere finanziariamente autosostentanti, in ogni caso non vanno assimilate ad elargizioni ai meno abbienti. Che esse non siano rivolte a chi vive sotto i limiti della poverta’ e’ piu’ che ovvio. Ci sono comunque strumenti per destreggiarsi nella giungla fiscale che sono piu’ accessibili piu’ uno e’ ricco; da qui nascono abusi, che talvolta rappresentano vere forme di sottrazione, direi furto, di assistenza ai danni dei ceti piu’ deboli; di questi apetti l’articolo invece non parla”. (Emigrato)

Sintesi?

“l’articolo e i dati forniti hanno più che senso: invece di fornire servizi pubblici gratuitamente a tutti (che vanno anche ai benestante e ricchi) sarebbe più sensato dare i soldi direttamente alle persone bisognose (ovvero sussidi al reddito). Con maggiori controlli su chi riceve questi contributi e la galera per chi “imbroglia” o evade (in Italia solo Berlusconi va in galera per evasione!). Mattia” (Lettore-1286151)

Contro sintesi

“Traduzione: abiti al nord e hai un lavoro normale? Devi essere punito. Vorrei proprio vedere cosa intendono per “ricco”, non certo un industriale. Tempo fa ho sentito un assessore della Regione Liguria proclamare alla radio: abbiamo scovato gli evasori: si, si abbiamo trovato chi aveva dimenticato di inserire nell’i.s.e.e. il nonno che vive in casa …. ecco, per questi signori chi ha in casa un anziano magari non autosufficiente, incontinente e chiaramente povero (altrimenti non vivrebbe nella stessa casa) è un ricco. Credete che qualcuno prenderà le distanze da queste teorie? No! dovremo ascoltare Epifani, la Camusso, Bonanni, Vendola, Formigoni, la Bindi, La Binetti i quali tutti insieme ci spiegheranno che la soluzione è una sola: i quozienti famigliari, ossia una specie di bomba atomica sociale per condannare alla povertà le nuove generazioni.” (gio16030)

Il dibattito sul welfare si è intensificato. Continuiamo a seguire le molteplici iniziative.

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