La fabbrica delle auto senza ruota di scorta

di Davide Pizzi, *

Il signor Renato, che ringrazio per avermi autorizzato a raccontare la sua storia, è amministratore di sostegno dell’anziana zia, nubile e affetta da alzheimer. La vicenda del signor Renato fa riflettere, e dovrebbe far riflettere anche il legislatore affinché apporti al più presto le opportune modifiche alla legge 6/2004.

Quis custodiet ipsos custodes?

Il signor Renato mi ha introdotto nella sua vicenda con un preambolo: “Conosce quella frase della VI Satira di Giovenale che recita così: chi custodirà il custode? Io per alcuni mesi mi sono trovato in questa situazione, e da allora ho iniziato a chiedermi: chi amministrerà l’amministratore di sostegno? Per la tutela è prevista, oltre al tutore, anche il vice tutore: perché non è stato istituito un vice amministratore[1] di sostegno? Se per fatalità l’amministratore di sostegno perisse improvvisamente, ovvero, a sua volta restasse vittima di un’infermità temporanea ma totale, ecc., chi lo sostituirebbe nell’immediato? Nessuno! Cosa si dovrebbe fare? Come bisogna procedere? Per la nuova nomina di un amministratore, quanto tempo trascorrerebbe? I tempi della burocrazia sarebbero celeri? Com’è possibile che il legislatore abbia potuto trascurare un’eventualità così importante e nient’affatto improbabile? Il mio timore è, come sovente accade in Italia, che si debba attendere ancora molto, prima che la figura del vice amministratore possa essere introdotta nella legge”.

L’infermità del signor Renato

Il signor Renato mi ha raccontato che in seguito ad un delicato intervento è rimasto circa due mesi in ospedale, e una complicazione postoperatoria sopraggiunta improvvisamente, lo aveva costretto a restare un mese in coma farmacologico. Uscito dal coma, è dovuto restare ancora un altro mese presso una struttura di riabilitazione. In quella situazione, seppur temporanea, nessuno poteva sostituirlo nel suo ruolo di a.d.s., nemmeno sua moglie. Intanto bisognava comunque provvedere alle spese necessarie alla sopravvivenza della zia, quali: pagamento delle utenze, della badante, all’acquisto dei farmaci, ecc., ma nessuno eccetto lui poteva accedere al libretto di risparmio postale. Per ovviare all’imprevisto, la moglie ha anticipato di tasca propria tutte le spese. Continua il signor Renato: “Ma se non avessimo avuto i nostri risparmi da cui attingere, come sarebbe finita? Certe cose non possono attendere i tempi del tribunale. Penso che noi a.d.s. siamo come delle auto fabbricate senza ruota di scorta, e se cammin facendo buchi il pneumatico, ti arrangi!”

La nuova ratio: affiancare non sostituire

Prima di ritornare alla vicenda del signor Renato, è bene comparare la ratio della L. 6/2004 con i precedenti istituti di tutela e inabilitazione, alla luce delle sentenze degli ultimi tredici anni che dimostrano il diffuso utilizzo dell’a.d.s. da parte dei giudici tutelari. L’amministrazione di sostegno è un provvedimento di potenziamento e non di limitazione della personalità. Può essere concessa solo a persone perfettamente in grado di intendere e di volere, mentre nei casi contrari, anche temporaneamente, è imposta l’interdizione e l’inabilitazione. La legge prevede che il beneficiario sia affiancato da qualcuno che lo aiuti nel prendere decisioni, o nello svolgimento della cura dei propri interessi, mentre l’interdizione e l’inabilitazione prevedono che il beneficiario sia sostituito in un numero più o meno ampio di attività da svolgere nell’ambito del diritto ad agire[2]. Dalla lettura dell’art. 404 c.c. infatti, non si può non rilevare come tale nuovo istituto presenta caratteristiche che possono sovrapporsi con i criteri e i presupposti previsti anche in materia di interdizione e di inabilitazione. C’è stata una carenza legislativa in merito al coordinamento dei tre istituti. La scelta dell’istituto più adeguato al caso concreto è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice. Una delle questioni affrontate dalla giurisprudenza in materia di amministrazione di sostegno è quella inerente alla ricerca di una linea di demarcazione tra il nuovo istituto, l’interdizione e l’inabilitazione. L’orientamento giurisprudenziale più recente ritiene che l’amministrazione di sostegno sia lo strumento da privilegiarsi rispetto all’interdizione e all’inabilitazione. La residualità degli altri due istituti disciplinati dal codice civile è dovuta al fatto che ora l’ordinamento si è incentrato sul concetto di “protezione” della persona. Il giudice tutelare, quindi, nell’assumere provvedimenti, non deve più fare riferimento esclusivo al grado di capacità, bensì, valutare solo l’esigenza di maggiore o minore protezione della persona[3].

Autonomia residua e capacità di agire

È tra autonomia residua e capacità d’agire che pende l’equilibrio. Più complessa è la faccenda quando si devono affrontare situazioni che trascendono la menomazione o un’infermità fisica. Alcuni tribunali[4] si sono pronunciati ritenendo che l’amministrazione di sostegno sia preferibile qualora le persone disabili, sebbene non autonome, rimangano in possesso di residue capacità di agire, tali da non comportare la necessità di una rappresentanza permanente e totale in tutti gli atti della loro vita; ovvero nei confronti di persone totalmente prive di autonomia ma con un patrimonio esiguo, per cui gli interventi di gestione si riducono a pochi atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che possono essere compiuti dall’amministratore di sostegno. Infine, nei confronti di soggetti affetti da un’infermità talmente grave da escludere qualunque contatto del disabile con l’esterno. Il punto è che nella legge il tutto si concentra, e al contempo si riduce, alla sola questione di protezione, intesa come patrimoniale, mentre non sono prese in considerazione altri elementi, per esempio: tra i compiti dell’amministratore di sostegno è compresa anche la cura della persona e la scelta di cure e terapie sanitarie a cui sottoporla?

I compiti dell’amministratore di sostegno

Tra i compiti dell’a.d.s. è compresa anche la cura della persona, e le problematiche connesse alle scelte abitative, assistenziali, sanitarie, che possono però limitare la libera determinazione del soggetto in ambiti quali la salute, la libertà del domicilio e della circolazione. Ci si chiede quindi quali siano i limiti di tale potere di cura. Può l’a.d.s. essere autorizzato dal G.T., se necessario anche in contrasto con la volontà espressa dal beneficiario del provvedimento, ad inserire questi in una struttura sanitaria o assistenziale, a dare il consenso informato a cure, terapie ed interventi chirurgici? Nella pratica diventano sempre più frequenti i ricorsi del PM, su istanza di medici curanti o di strutture sanitarie e assistenziali, per la nomina di un a.d.s. al fine di prestare il consenso informato a interventi terapeutici e chirurgici, o di fare ricoverare la persona. Tali poteri spettino solo in caso di incapacità totale della persona, nell’ipotesi di interdizione, al tutore. Sembra comunque prevalere, nella casistica nazionale dell’ultimo anno, l’orientamento che applica la normativa dell’amministrazione di sostegno anche alle persone totalmente incapaci di intendere e volere, differenziando a secondo dell’esigenza di protezione del beneficiario, e del suo grado di capacità di agire, i poteri di assistenza o di rappresentanza dell’a.d.s[5]. La questione del significativo ampliamento dei poteri dell’a.d.s. rischia di far scivolare il nuovo istituto verso un ritorno ai due precedenti, snaturando l’istituto stesso dalle sue caratteristiche peculiari di partenza che lo contraddistingueva. Se si arriverà a questo punto, ci sarà da chiedersi allora, che senso abbia avuto l’introduzione dell’a.d.s.?! Una terza figura che annulli le precedenti e diventi una sorta di factotum nel mare magnum della pletora delle possibili competenze? Una terza figura, dai compiti disparati, sarebbe in controtendenza nel contesto odierno che richiede alle professioni sempre più di specializzarsi.

Riflessioni finali del signor Renato

Ritornando al signor Renato, ho accolto il suo sfogo a tratti carico di sarcasmo, ma comprensibile per la sua kafkiana esperienza. Per sua zia, a suo parere, l’istituto migliore sarebbe stato l’interdizione, viste le inesistenti capacità residue della parente. Non è infatti possibile poter affiancare nelle decisioni della vita quotidiana, chi non possiede più quel minimo di capacità d’agire, condizione necessaria e sufficiente prevista dalla L. 6/2004. La tendenza dei giudici tutelari all’ampliamento dei poteri dell’a.d.s. può essere considerata una forzatura allo spirito della legge e del legislatore che invece, prevedevano una collaborazione tra beneficiario e a.d.s., nonché una contraddizione in termini se l’a.d.s. si sostituisce al beneficiario nel momento in cui i suoi poteri si ampliano fino a poter decidere persino su questioni sanitarie, perché ci si troverebbe di fatto, di fronte a un’interdizione vera e propria. Dice infatti il signor Renato: “Non capisco perché il giudice non abbia optato per l’interdizione visto che mia zia è affetta da alzheimer. Come si può affiancare una persona “nello svolgimento dei suoi compiti” chiedendo all’amministratore di sostegno di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, come recita l’articolo 410, se mia zia non mi riconosce più e nemmeno si muove! Di quali residue capacità stiamo parlando? Non ne dispone più ormai da lungo tempo! Se invece di amministratore di sostegno fossi stato nominato tutore, mia moglie sarebbe potuta diventare vice tutore. L’unica spiegazione che posso darmi è che oggi va più di moda l’amministratore invece del tutore. Come tutte le cose agli inizi appaiono sempre belle e perfette, la voglia del nuovo, e il desiderio di soppiantare il vecchio suscitano sovente molti entusiasmi, ma è sempre il tempo a ricondurre la visione delle cose verso altre prospettive; il vecchio è sempre così poi tanto vecchio e sbagliato, salvo che rimpiangerlo in futuro, come a volte accade? Leggi su leggi, il solito il vizio italiano!” [6] È evidente a questo punto – se la figura dell’a.d.s sarà l’unica prevista in futuro, come pare ormai già essere – l’urgente necessità di una modifica alla legge che istituisca la figura ausiliaria del vice a.d.s.  Nel suo sfogo finale, il signor Renato mi, e si poneva, un ultimo ironico quesito, che mi ha ricordato l’umorismo del comico G. Marx: affiancare e non sostituire… in caso di morte del beneficiario, quando termina il compito dell’a.d.s., prima o dopo la sepoltura?!

 *Ordine degli Assistenti Sociali della Regione Puglia

Note

[1] Anche la Fondazione Promozione Sociale ha evidenziato la questione

[2] http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_15676.asp

[3] M. Pini, “Criteri applicativi dell’amministrazione di sostegno: contrasti e incertezze”, in 24ore avvocato, inserto del Sole 24ore, N. 10 ottobre 2005, pag. 8.

[4] Ibidem, Tribunale di Milano, 21 marzo 2005, n. 3289 -Sezione Nona Civile; conf. Tribunale di Milano – Ufficio tutele, decr. 13 luglio 2004, Tribunale di Modena, ord. 15 novembre 2005, e Giudice tutelare Roma (decr.), 12 febbraio 2005.

[5] Ivi, pag. 10.

[6] Questa frase mi ha ricordato un articolo di T. Testa, Il sistema italiano? Troppe leggi, pochi controlli e la democrazia interna non è tutelata”, La Repubblica. Per un articolo sul Corriere della Sera si veda qui.

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