I PSS lab: sperimentare un approccio ai social network con gli operatori del welfare

di Ariela Casartelli e Diletta Cicoletti *

psslabSi è tenuta la primavera scorsa la prima edizione dei PSS Lab, i laboratori di scrittura professionale proposti da Prospettive Sociali e Sanitarie.

Si tratta di laboratori sperimentali, avviati in collaborazione con la Scuola Irs di Aggiornamento e Formazione per il sociale, sul tema della documentazione del lavoro sociale e dell’utilizzo dei social network.
Il primo si è tenuto in primavera e il successo di questa prima esperienza ci ha stimolati a proporre una nuova edizione prevista per l’autunno.

L’avvio del laboratorio ci ha visto coinvolti in una riflessione approfondita sul punto di vista e le esperienze fino ad ora incontrate.
La prima questione che ci siamo posti è stata quella di trattare un tema “professionale” come la scrittura e cercare di capire se e come la scrittura professionale può essere messa in relazione all’utilizzo e alla diffusione dei social network.
Siamo partiti dal presupposto che fare networking è diventata un’attività essenziale nell’attuale sistema di welfare. Il laboratorio quindi è stato dedicato al tema dello scrivere professionale e all’utilizzo dei social network, senza fare una connessione diretta, ma lasciando un campo aperto per possibili interazioni.
Abbiamo alternato un primo modulo tecnico, sulla scrittura professionale per assistenti sociali, ad un secondo modulo interamente dedicato ai social network e alla scrittura nel web, per chiudere con un modulo sulla documentazione interna ai servizi, come si scrive nei servizi e dei servizi, tenendo al centro le organizzazioni e il loro posizionamento complessivo sul tema delle comunicazioni.
La disponibilità, la curiosità, il contributo dei presenti ci hanno consentito di avanzare alcune ipotesi di sviluppo dei laboratori, anche rispetto al significato di attraversare il lavoro sociale nei servizi introducendo il web come chiave di lettura, più che come strumento per transitare verso un sistema innovativo.

La co-produzione
Il web 2.0 è il luogo della co-produzione di contenuti: chi abita facebook ha una produzione di post che rendono facebook un social network di enorme diffusione e successo (anche se nel tempo il web si è affollato). Allo stesso modo chi scrive post fornisce una quantità di dati e informazioni anche sensibili, che contribuiscono ad accrescere il mercato globale attraverso marketing, comunicazione, vendita.
L’opensource è tale perchè vige la regola dello scambio: il servizio di networking è offerto gratuitamente, ma il prezzo che si paga sono i nostri dati. Questa è la moneta.
In questo siamo tutti coinvolti ma poco consapevoli. Si evidenzia per i servizi un bisogno di esserci, (si dice e si sente dire dai guru della comunicazione oggi “se sei un’azienda e non sei su linkedin non esisti sul mercato”) e di esserci mettendo a disposizione e in comune i propri saperi, le pratiche, le competenze, ma non si vede lo scambio, la parte più nascosta della presenza.
Essere su facebook non è condizione esclusiva di esistenza, è utilizzare uno strumento che mette al centro del suo funzionamento la condivisione, la co-produzione, la collaborazione (anche tra non-conosciuti) sulla base di contenuti che costruiscono una base di conoscenza comune.
E nel dire questo ci vengono in mente continuamente esempi di servizi che in questa fase critica si sono trovati a doversi confrontare anche con il mondo del web, trovando qui una rivitalizzazione possibile di contenuti, pratiche, esperienze.
Allora il tema non è aprire un profilo facebook o la pagina aziendale su linkedin, ma provare ad abitare consapevolmente lo spazio relazionale nel web, per trarne tutti i vantaggi e consapevolmente gestire tutti gli svantaggi.

Interazioni fra mondi
La scrittura professionale è spesso intesa come strumento soggettivo, personale dove il professionista, da solo, mette ordine nelle sue idee e mette a disposizione le sue conoscenze e i suoi saperi ad altri professionisti perché ne facciano buon uso.
Scrivere viene considerato spesso un fatto più personale che professionale, non rientra tra le materie di studio e sembra chiamare in causa una propensione del singolo “sono portato per la scrittura…”  “non mi piace scrivere preferisco raccontare a voce”. Quando dobbiamo scrivere per lavoro è facile entrare in crisi oppure fare appello alla tecnica e ci ritroviamo ad usare tecnicismi o a trovarci a nostro agio producendo frasi nette, precise, chirurgiche. Dice Carofiglio  “Gli pseudo tecnicismi sono parole o locuzioni dall’apparenza specialistica, ma in realtà prive di un’autentica necessità concettuale. Esse vengono utilizzate per pigrizia, per conformismo e per conferire ai testi una parvenza di formalità se non, addirittura, di sacralità” . Le relazioni sociali sono spesso farcite di tecnicismi soprattutto quando l’interlocutore è l’autorità giudiziaria.
Ma pensiamo anche agli altri strumenti del lavoro sociale alla cartella sociale, ai PEI o ai PAI in base alla specifica professionalità per trarre spunto e per mettere meglio a fuoco quanto conta il linguaggio, quanto è possibile descrivere le situazioni problematiche con cura, con l’obiettivo di farsi comprendere da tutti.
La scrittura interpretata in questo senso è parte di un processo relazionale, mi aiuta a scrivere la possibilità di pensare a un possibile interlocutore e così uscire dalla solitudine della scrittura, tra sé e sé e incontrare la scrittura che crea legami, costruisce significati e dà valore al lavoro sociale.

Dare senso al “proprio” lavoro sociale
All’interno del laboratorio abbiamo fatto alcuni esperimenti di scrittura, tra i quali scrivere dei post a tema che in pochi minuti ci ha consegnato alcuni scritti molto significativi.
Abbiamo ritrovato in questo tipo di scrittura, più libera, aperta e forse più personale, la curiosità di tentare, il bisogno di coinvolgere, che ci ha fatto percepire come “personale” e “professionale” possono incontrarsi nella scrittura. A nostro parere, in questo incontro è possibile che la scrittura possa diventare lo strumento che contrasta la chiusura organizzativa e istituzionale e facilita l’incontro con il contesto sociale, che sollecita fortemente a trovare connessioni e a costruire relazioni anche tra servizi e operatori. Forse significa anche proporsi a nuovi incontri con gli utenti dei servizi, soprattutto i giovani e i naviganti del web.
Il laboratorio ci ha offerto l’opportunità di incontrare la fatica degli operatori che si confrontano con la complessità dei problemi di oggi, la crisi, le nuove e striscianti povertà che incombono, i bisogni di assistenza che si sommano diventando emergenza per i servizi e gli operatori e anche la curiosità di utilizzare il web 2.0 come uno strumento in più per fare rete, per sostenere gli strumenti classici della professioni sociali.
Pensare a questa nuova modalità di relazione con i cittadini in difficoltà per gli operatori è ancora insolito, difficile, alcuni lo fanno in timorosa esplorazione e i servizi sono distanti e difesi, il web continua ad apparire come una meta irraggiungibile per sperimentare nuovi modi di fare lavoro sociale, ma può diventare una porta da cui si accede al mondo delle esperienze e delle connessioni tra persone e tra professionisti.
Nell’edizione autunnale proveremo a riprendere alcune delle ipotesi emerse per ripensare il lavoro sociale in chiavi di lettura inedite.

*Istituto per la Ricerca Sociale, redattrici di Prospettive Sociali e Sanitarie

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