Diritti e rovesci. Qualche riflessione sul significato del Social Work Day 2016

ifsw_85303-6di Elena Giudice*

Cosa fanno gli assistenti sociali? A cosa servono?

Questa domanda me la sono posta io stessa tanti anni fa e poi ogni volta che qualcuno mi sprona involontariamente a riflettere sul senso della professione che ho scelto 20 anni fa e che tuttora mi appassiona. Una professione complessa come un caleidoscopio. Mi piace essere sollecitata a ripensare la professione, il suo significato profondo, la sua storia, i suoi principi.

E qui entra in gioco il Social Work Day. A cosa serve?

Permette di fermarci a riflettere su temi globali definiti nel 2010 a Hong Kong all’interno della ‘The Global Agenda for Social Workers and Social Development’, di uscire dal proprio “orticello”, di riprendere quel pensiero visionario che tanti antesignani del lavoro sociale avevano agli esordi della storia delle professioni del sociale – assistenti sociali, educatori, ecc.

Capire come ogni professionista può essere un agente di cambiamento, ecco questa è la sfida odierna secondo me per noi che del sociale ne abbiamo fatta una professione. Rivestire nuovamente i principi riformisti che le grandi donne del lavoro sociale ci hanno tramandato, Jane Addams in primis che per il suo impegno ha vinto un premio Nobel.

Il tema del Social Work Day del 2016 mi sta particolarmente a cuore, ovvero “Promuovere la dignità e il valore delle persone”, motivo che mi ha spinta da qualche tempo a dedicarmi a supportare gli utenti che non sentono riconosciuti proprio quei diritti che i servizi sociali dovrebbero invece proteggere, qualunque utente si abbia davanti.

Di recente mi sono trovata sempre più a confrontarmi, via social network e personalmente, con colleghi che analizzano le situazioni delle persone con cui lavorano partendo dai loro schemi culturali – sociali, individuali e famigliari – dalla loro idea personale di “giusto e sbagliato”. Avendo studiato per tanti anni temi come pregiudizi, stereotipi, comunicazione interculturale e, avendo ancor più riflettuto su come i nostri pregiudizi – che tutti abbiamo – possano, soprattutto se inconsapevoli, invadere lo spazio di autodeterminazione dell’altro, mi chiedo come sia possibile che professionisti che hanno la responsabilità del processo di accompagnamento delle persone a riconoscere i loro diritti, ad averne accesso, possano essere i primi a limitare questo stesso accesso.

La maggior parte delle idee che mettiamo in atto nella nostra vita derivano dalla cultura nella quale viviamo, dalle esperienze che abbiamo fatto, dall’educazione che abbiamo ricevuto, da quanto abbiamo deciso di aderire o allontanarci, da quanto ci è stato insegnato, insomma dalla nostra visione del mondo. Pensiamo al concetto di ordine, di famiglia, di come vestire i bambini d’inverno, e potrei andare avanti per giorni con questo elenco. Ognuno di noi avrà una propria idea. Non ci credete? Nessun problema non dovete fidarvi di me! Fermate qualche passante e chiedete “cosa significa per te essere genitore?”

Ecco, il Social Work Day che intende spronare i Governi a riflettere maggiormente su politiche sociali inclusive per me è l’occasione di fermarsi a pensare, insieme e individualmente. Scendere dalla “ruota del fare” che ci accomuna tutti e ragionare su come ogni giorno mettiamo in atto quei principi fondamentali su cui si dovrebbe basare l’agire professionale: autodeterminazione, riconoscimento e supporto delle risorse delle persone, qualsiasi esse siano. Il cambiamento parte da ognuno di noi. Sta ad ognuno di noi favorire lo sviluppo della consapevolezza dei diritti degli utenti, informare le persone dei loro diritti e metterle nelle condizioni di far sentire la propria voce all’interno delle istituzioni. E qui emerge un tema che in Italia non è affrontato né dalla formazione accademica né dalla comunità professionale: il tema del servizio sociale anti-oppressivo e dell’uso del potere istituzionale e professionale.

Faccio questo augurio alla vigilia del Social Work Day 2016 a tutta la comunità degli assistenti sociali, ovvero di iniziare a riflettere sull’uso del proprio potere e su come supportare gli utenti a usare il loro potere in maniera costruttiva. Promuovere la dignità e il valore delle persone passa, inevitabilmente, dalla possibilità delle persone di avere accesso alle informazioni, concretamente ai loro diritti, di avere voce nelle istituzioni.

Gli assistenti sociali e gli utenti dovrebbe lavorare insieme per sviluppare i diritti invece di legittimare “rovesci” contrari ai principi fondamentali delle professioni di aiuto.

*Assistente sociale libero professionista; www.assistentesocialeprivato.it; info@elenagiudice.it . Redattore di Prospettive Sociali e Sanitarie

Note: In occasione della Giornata Mondiale del Servizio Sociale vi indichiamo il link del sito CNOAS su cui trovate le informazioni relative alle iniziative dei singoli Consigli Regionali.

Segnaliamo inoltre l’iniziativa di S.O.S. Servizi Sociali On Line che manderà in onda il 15 marzo alle 21.00 un podcast sulla Web Radio S.O.S., presentanto anche da questo video.

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