Ma la Cooperativa cosa ci mette?

di Alessandro Piovesanel *

Immagine mani_piedi cooperazioneIl mio contributo è sollecitato dall’editoriale del n. 1.2 di marzo di Prospettive Sociali e Sanitarie **. Uno spunto molto stimolante sul tema della coprogettazione e delle sue potenzialità e illusioni.

La critica principale, che condivido, è legata alla illusione che attraverso la co-progettazione possa essere compensata tout court la progressiva riduzione di risorse destinate al settore dei servizi sociali; che sia possibile insomma garantire lo stesso livello quantitativo e qualitativo dei servizi nonostante la contrazione delle disponibilità economiche dedicate.

Anche nella nostra Regione (Friuli Venezia Giulia) le esperienze di coprogettazione “virtuosa” non mancano, anzi, esistono testimonianze molto interessanti sia sul versante delle potenzialità che delle illusioni.
Il ruolo che oggi la Cooperazione Sociale può vantare ed esercitare nei contesti istituzionali e sociali di riferimento è certamente un punto di arrivo di un costante e proficuo lavoro di promozione e proposizione. Paradossalmente la lunga battaglia per vedere riconosciuto il proprio ruolo e la propria funzione nel contesto delle politiche sociali si sta declinando però in un inquietante equivoco culturale che riassumerei con una frase che sempre più spesso mi sento dire dagli amministratori pubblici: ma la Cooperativa cosa ci mette?

Questo concetto si sta velocemente diffondendo nella cultura del settore pubblico tanto più nel momento in cui viene sancito da atti formali:

  • procedure per la selezione di un soggetto del terzo settore per la coprogettazione e gestione di servizi in cui l’offerta economica (di appaltiana memoria) si sostanzia in un “tesoretto” da mettere a disposizione per l’erogazione dei servizi. Così la maggior parte delle Cooperative che non ha tesoretti da parte per ogni amministrazione che avvia tali procedure ingloba il tesoretto nei costi del servizio da erogare.
  • procedure di co-progettazione vaghe nella descrizione dei servizi ma puntuali nella definizione dei budget di costo. I servizi saranno oggetto di coprogettazione mentre i costi non si discutono e le risorse che mancano vanno trovate altrove, nella comunità e nelle reti locali.

Retorica della co-progettazione alla quale aggiungerei quella della rete e della comunità.
Tuttavia l’esperienza operativa di coprogettazione è stata in alcuni casi interessante perché ha effettivamente consentito la discussione tra pari e la condivisione di linguaggi, metodi e strumenti di lavoro.
In tali contesti di coprogettazione a volte si consuma la contraddizione culturale emergente: l’amministratore pubblico chiede al suo interlocutore di fare la propria parte in termini di risorse, viceversa la cooperazione desidera e direi, in questa fase economica, può, fare la propria parte in termini di idee e saperi.

Sentire da un amministratore pubblico ancora oggi dire “la cooperativa cosa ci mette” testimonia quanta strada ci sia ancora da fare rispetto alla conoscenza reciproca.

Sono il primo a riconoscere che la stessa Cooperazione non si è mai preoccupata di comprendere le istanze e il punto di vista dei propri interlocutori pubblici. Sento ogni giorno criticare quell’amministratore o quel responsabile tecnico o quella assistente sociale e alla lunga mi rendo conto che c’è qualcosa di eccessivo e non sensato in questo. Tuttavia l’enfasi rispetto alla mera logica di costo e la richiesta di contributo in termini di “denaro sonante”, in un contesto di coprogettazione, testimoniano il livello di distorsione della realtà: piaccia o meno la cooperazione sociale è oggi il principale erogatore di servizi socio-assistenziali ed educativi per l’ente pubblico, è una impresa, si confronta in un mercato competitivo, ha meccanismi di funzionamento basati, pur con alcune specificità, sull’equilibrio economico. Monetizzare il contributo del terzo settore, oltre che riduttivo e avvilente, è paradossalmente controproducente, perché sposta l’attenzione dal vero oggetto del lavoro: rispondere ai bisogni del territorio attraverso servizi di qualità.

Su questo vuole spendersi la Cooperazione Sociale e su questo è disposta ad investire. La Cooperazione insomma ci mette quello che può, ed è fuorviante caricarla di ulteriori responsabilità alle quali non può e non è tenuta a rispondere.

* Cooperatore sociale

** U. De Ambrogio, C. Guidetti, “La coprogettazione fra potenzialità e illusioni”, Prospettive Sociali e Sanitarie, n. 1.2, marzo 2014

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